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Italygate: come un complotto che riguarda l’Italia è arrivato alla Casa Bianca

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13 luglio 2022
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Un’assurda e fantasiosa teoria del complotto con al centro l’Italia è finita nelle audizioni pubbliche della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’assalto al Congresso degli Stati Uniti, avvenuto il 6 gennaio 2021.

La Commissione è stata istituita nel luglio 2021 ed è composta da sette parlamentari democratici e due repubblicani (entrambi fortemente criticati dal partito, che sin dall’inizio ha boicottato i lavori). Finora ci sono state sette udienze, di cui una speciale. Nel corso della quinta, svoltasi il 23 giugno, si è parlato del cosiddetto “Italygate”. Secondo questa teoria, il governo italiano e la società Leonardo (ex Finmeccanica) sarebbero stati coinvolti negli (inesistenti) brogli elettorali contro Donald Trump e il Partito Repubblicano.

Per quanto improbabile e screditata, la vicenda dell’“Italygate” ha tenuto banco per diverso tempo ed è riuscita ad arrivare fino ai vertici della Casa Bianca. Ma com’è nata questa teoria? Chi l’ha diffusa? E come ha fatto ad avere una simile rilevanza, coinvolgendo diversi ministeri chiave? Scopriamolo insieme.

Le origini dell’”Italygate”
Le autorità federali, statali e giudiziarie degli Stati Uniti l’hanno sempre ribadito con forza: le presidenziali del 2020 non solo si sono svolte regolarmente, ma sono state «le più sicure della storia», come ha dichiarato Chris Krebs, l’allora direttore dell’Agenzia per la sicurezza informatica e la sicurezza delle infrastrutture (Cisa, un’agenzia federale che dipende dal Dipartimento per la sicurezza interna)

Nonostante ciò, Donald Trump e i suoi sostenitori hanno ossessivamente martellato su presunti brogli e creato una realtà parallela alimentata da diverse teorie del complotto. Una di queste è diventata virale nel gennaio del 2021 sui social network con l’hashtag #ItalyDidIt (in italiano, “è stata l’Italia”), e vede per l’appunto il coinvolgimento del nostro Paese: da qui il nome “Italygate”.

#ItalyDidIt in tendenza su Twitter a gennaio 2021

Tutto è partito all’inizio di dicembre del 2020 da un ex generale ultraottantenne dell’aviazione statunitense, Thomas McInerney, già commentatore di Fox News. In un’intervista alla radio ultraconservatrice Worldview Radio il militare in pensione ha raccontato di un clamoroso retroscena, in realtà mai avvenuto: a novembre del 2020, a Francoforte (in Germania), ci sarebbero stati scontri armati tra forze speciali dell’esercito statunitense (fedeli a Trump) e agenti corrotti della Cia per fermare l’attacco informatico a un server della Dominion Voting System, l’azienda canadese che produce i software utilizzati per il conteggio delle schede in 28 Stati.

La Dominion è il bersaglio principale di una vasta campagna di disinformazione, promossa soprattutto dai seguaci del movimento complottista QAnon. Secondo loro, la notte delle elezioni la società avrebbe interrotto il conteggio negli Stati chiave, togliendo così voti a Trump, che in quel momento era in vantaggio. Il motivo è presto detto: Dominion ha legami con la Fondazione Clinton, Barack Obama e George Soros.

È a questo punto che entra in gioco l’Italia. In un video su YouTube apparso nel dicembre del 2020 (poi rimosso e ricaricato sulla piattaforma) Bradley Johnson – un ex agente della Cia licenziato per “condotta non professionale”, nonché fondatore dell’associazione pro-Trump Americans for Intelligence Reform – spiegava che i dati hackerati da Francoforte sarebbero stati trasmessi all’ambasciata americana a Roma, che avrebbe completato l’opera “regalando” i voti necessari a Biden.

Johnson ha inoltre sostenuto che l’hackeraggio sia stato portato a termine dall’azienda Leonardo, che avrebbe messo a disposizione i suoi satelliti per dirottare i dati. Essendo poi Leonardo controllata al 30 percento dal governo italiano, anch’esso sarebbe logicamente coinvolto nel “golpe elettorale”.

Secondo una dettagliata inchiesta del Washington Post pubblicata nel giugno del 2021, Johnson si è basato in parte su un articolo de La Verità scritto da Daniele Capezzone e intitolato “Gli avvocati di Trump non hanno dubbi: ‘una manina italiana nei brogli pro Biden’.”  In più, l’uomo ha indebitamente collegato ai “brogli” l’arresto di due ex dipendenti di Leonardo (Arturo D’Elia e Antonio Rossi) avvenuto in il 5 dicembre del 2020: entrambi sono accusati di aver trafugato 10 gigabyte di dati e informazioni di rilevante valore aziendale tra il 2015 e il 2017.

L’“Italygate” prende quota
La teoria decolla definitivamente il 6 gennaio del 2021, il giorno dell’assalto al Capitol Hill. In mattinata un’associazione di orientamento conservatore chiamata Nations in Action pubblica un comunicato stampa in cui ricicla le affermazioni di Johnson e aggiunge una rivelazione inventata di sana pianta: D’Elia avrebbe vuotato il sacco in un «tribunale federale italiano».

Nel comunicato c’è anche una dichiarazione della presidente di Nations in Action, Maria Strollo Zack (una lobbista repubblica che nel 2016 ha sostenuto economicamente il senatore Ted Cruz), secondo la quale «siamo di fronte a un colpo di Stato che va fermato in nome della giustizia e della correttezza del processo elettorale».

In una puntata del talk show trumpiano America, Can We Talk? andata in onda su YouTube il 7 gennaio del 2021 (poi rimossa), la stessa Zack citava a sostegno della teoria una fantomatica “dichiarazione giurata” di D’Elia affidata all’avvocato italiano Alfio D’Urso, che viene alternativamente presentato sui siti complottisti statunitensi come il legale dell’arrestato o un giudice italiano (nella realtà non è né l’uno né l’altro).

Il comunicato di Nations in Action, nonché i video di Johnson e la puntata di America, Can We Talk?, rimbalzano su siti e social usati dall’estrema destra americana (su tutti 4chan, un forum creato nel 2003 e diventato negli anni un massiccio aggregatore di troll, meme e sottoculture digitali) e i canali Telegram degli influencer di QAnon, tra cui quello di Ron Watkins, il gestore di 8chan (un forum ancora più estremo di 4chan) che dal 2018 al 2020 ha materialmente scritto i post di Q (l’utente anonimo da cui è partita la teoria di QAnon).

Una volta entrato nell’orbita complottista più radicale, l’“Italygate” si arricchisce di dettagli ancora più assurdi e inverosimili. Negli ambienti QAnonisti, ad esempio, si arriva a sostenere che Papa Francesco sia stato arrestato in Vaticano all’inizio del gennaio 2021 per violenze sessuali su minori, detenzione di materiale pedopornografico e un’altra settantina di reati, tra cui la partecipazione ai brogli elettorali negli Stati Uniti.

L’“Italygate” arriva nella Casa Bianca
La teoria complottista è immediatamente smontata da vari articoli di fact-checking, come quelli pubblicati da Reuters e USA Today. Ma invece di spegnersi, l’“Italygate” cattura l’attenzione dell’entourage di Trump, alla disperata ricerca di “prove” sui brogli dei democratici.

Ancora una volta è Maria Strollo Zack a ricoprire un ruolo cruciale. In una serie di interviste a testate e programmi di destra la donna ha raccontato di aver passato la Vigilia di Natale a Mar-a-Lago, la villa privata di Trump a Palm Beach (Florida), grazie ai suoi contatti con la seconda moglie Marla Maples. In quell’occasione Zack sarebbe riuscita a parlare brevemente con Trump della teoria, consegnandogli un documento scritto e dicendo che «conosciamo il tizio che l’ha fatto e come l’ha fatto».

Un’altra figura chiave di questa storia, scoperta dalla già citata inchiesta del Washington Post, è Michele Roosevelt Edwards (in precedenza nota come Michele Ballarin). La donna – una faccendiera repubblicana con interessi in Somalia, già candidata al Congresso negli anni Ottanta – è a capo di due società in Virginia: la UsAerospace Partners e l’Institute for Good Governance.

Nel dicembre del 2020, Edwards ha scritto due lettere (con l’intestazione delle società in questione) in cui riprendeva la teoria dell’“Italygate” e le ha inviate a Mark Meadows, l’ultimo capo di gabinetto dell’amministrazione Trump. Quest’ultimo, secondo l’indagine del Washington Post e la Commissione giustizia del Senato, le ha inoltrate all’allora procuratore generale Jeffrey Rosen. Non pago, avrebbe anche inviato un link al video in cui Johnson spiega il complotto. Alcuni funzionari della Casa Bianca sarebbero rimasti “scioccati” dal comportamento di Meadows, come rivelato da una fonte al Washington Post, mentre il vice procuratore Richard Donoghue dopo aver guardato il video ha scritto al suo capo che si tratta di una «follia totale».

Non è finita qui: la teoria entra nella Casa Bianca anche per altre vie. Il giornalista di ABC News Jonathan Karl, autore del saggio Betrayal, ha spiegato a la Repubblica che il capo dello staff del segretario della difesa Kash Patel «tenta di utilizzare le risorse del Dipartimento della difesa» per indagare sull’“Italygate”.

Patel prende per buona la lettera dell’avvocato italiano citata da Zack ed Edwards, e alla fine di dicembre chiede al sottosegretario della difesa Ezra Cohen di «inviare l’addetto militare dell’ambasciata Usa in Italia a parlare» con Arturo D’Elia e Antonio Rossi. Cohen però risponde che è una «pazzia» e «si rifiuta di farlo».

Anche Meadows, sempre secondo Karl, fa pressioni analoghe per approfondire la teoria. Prima chiama il segretario della difesa Chris Miller per discuterne; poi chiede al generale Scott Berrier, direttore della Defense Intelligence Agency, di sentire i due italiani arrestati. Berrier, sostiene Karl, «accetta di indagare e pochi giorni dopo riferisce a Miller che quella strana storia era del tutto falsa».

La strana visita in carcere
In un’intervista su la Repubblica, D’Elia sostiene di aver ricevuto una visita nel carcere di Fuorni (Salerno) il 19 gennaio del 2021. Quel giorno, insieme alla deputata complottista e antivaccinista Sara Cunial ci sarebbero stati anche «due soggetti con accento americano» che gli hanno fatto domande sulle elezioni statunitensi. D’Elia ha raccontato di averli fermati e di aver chiamato la polizia penitenziaria perché «quello che accadeva sotto i miei occhi non era assolutamente normale».

Dopo la visita, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha avviato un accertamento interno da cui è emerso che la deputata Cunial era accompagnata da una sola persona (un «avvocato bresciano») e che «nessun americano sarebbe entrato» in carcere. La visita dei due americani è stata però confermata dall’avvocato di D’Elia, Nicola Naponiello.

Dal canto suo la procura di Roma, ha riportato il Washington Post, ha aperto un’inchiesta in cui Leonardo figura come parte offesa. Secondo il “quotidiano sovranista” L’Unico le persone indagate sarebbero sei, tra cui Michele Roosevelt Edwards.

Il ritorno al presente
Torniamo dunque ai giorni nostri. Nel corso della quinta audizione pubblica della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’assalto al Congresso, l’ex segretario alla difesa Christopher Miller ha validato tutti i retroscena e ammesso di aver chiamato un «funzionario di alto rango» a Roma per indagare sulla teoria dell’“Italygate”.

L’audio di Christopher Miller trasmesso durante la quinta audizione della Commissione d’inchiesta sull’assalto al Capitol Hill

Anche l’ex procuratore generale Jeffrey Rosen ha subito forti pressioni dallo staff di Trump: nella sua deposizione ha affermato che l’ex presidente era frustrato dall’inazione del dipartimento della giustizia di fronte ai presunti brogli, e ha cercato di sbarazzarsi dello stesso Rosen per mettere al suo posto una persona compiacente.

In sostanza, come ha detto il deputato repubblicano Adam Kinzinger nel corso dell’audizione, «questa teoria del complotto assurda e infondata è passata dai meandri più oscuri di Internet fino ad arrivare ai vertici del nostro governo». E questo, ha chiosato, «è davvero esemplificativo di cosa Trump sia disposto a fare pur di rimanere al potere».

In conclusione
L’“Italygate” è una teoria nata dopo le elezioni presidenziali del 2020 in ambienti complottisti, estremisti e trumpiani. Sostiene che il governo italiano e la società controllata Leonardo siano stati implicati in presunti brogli ai danni di Donald Trump.

Sebbene sia completamente infondata, la teoria ha preso quota nel sottobosco repubblicano ed è arrivata fino alla Casa Bianca. Secondo diverse inchieste giornalistiche condotte nel 2021, alcuni alti funzionari dell’amministrazione Trump hanno fatto pressioni sui dipartimenti di giustizia e difesa per indagare sulla vicenda.

La Commissione parlamentare d’inchiesta sull’assalto al Congresso del 6 gennaio – attraverso varie deposizioni – ha confermato ufficialmente le inchieste giornalistiche, evidenziando come Donald Trump fosse disposto a tutto pur di restare al potere.

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