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Non è vero che i vaccinati rischiano di contrarre la Covid-19 in modo più grave dei non vaccinati

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26 gennaio 2021
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Il 25 gennaio 2021 la redazione di Facta ha ricevuto via Whatsapp la segnalazione di un articolo scientifico pubblicato sulla rivista medica International Journal of Clinical Practice il 28 ottobre 2020. Lo studio è stato condiviso a gennaio 2021 su numerose pagine e profili Facebook italiani e stranieri (es. qui, qui, qui, qui, qui) lasciando spesso intendere che dimostri come il vaccino contro la Covid-19 possa causare malattie «che nemmeno sapete di avere» o peggiorare i sintomi della Covid-19 rispetto ai non vaccinati.

L’articolo scientifico esiste, ma il modo in cui viene riportato è del tutto fuorviante. L’interpretazione secondo cui i vaccinati rischiano di contrarre la Covid-19 più gravemente rispetto ai non vaccinati, o che il vaccino possa risvegliare malattie, è falsa.

Innanzitutto, vediamo brevemente cosa dice l’articolo completo. Anche se si autodefinisce «studio», l’articolo non porta nuovi dati: è in realtà un conciso riassunto della letteratura scientifica su passati studi sui vaccini sperimentali contro altri coronavirus, come Sars-CoV-1 e Mers-CoV, in relazione alla possibilità di un fenomeno noto come «potenziamento dipendente da anticorpi» (Ade), al quale avevamo accennato brevemente all’interno di questo articolo. Si tratta di un raro effetto paradossale per cui la presenza di anticorpi contro il virus può portare alla stessa malattia in una forma più grave. Gli anticorpi in questo caso non debellano il virus, ma gli consentono di infettare i monociti (un tipo di cellula immunitaria) e di replicarsi. È un fenomeno che è documentato in parte nella febbre dengue (una malattia tropicale a volte fatale). Questo tipo di effetto non è comunque in grado di risvegliare generiche «malattie che non sapete di avere», ma solo di aggravare un’infezione in corso.

Gli autori (Timothy Cardozo, professore associato di biochimica della New York University e Ronald Veazey, professore di patologia comparata della Tulane University School of Medicine) riportando studi precedenti sui vaccini sperimentali per altre malattie da coronavirus, come Sars e Mers, sostengono che i partecipanti agli studi clinici per i vaccini contro la Covid-19 avrebbero dovuto essere informati dell’eventualità di questa reazione.

All’epoca si trattava di una preoccupazione ragionevole, specie per i risvolti etici nell’informare in modo completo i volontari che partecipano a studi clinici sperimentali. Oggi l’articolo è però datato: essendo stato pubblicato il 28 ottobre 2020, gli autori non potevano conoscere i dati completi dei test clinici sui vaccini contro la Covid-19. Peraltro anche i dati disponibili all’epoca non indicavano nessun rischio di potenziamento dipendente da anticorpi, come ammettono esplicitamente gli autori. Nell’articolo infatti si legge che «i dati attuali sul vaccino Covid-19 sono limitati, ma non rivelano prove di potenziamento dipendente da anticorpi della malattia».

Se i vaccini contro la Covid-19 avessero mostrato questo effetto, con una maggiore percentuale di casi gravi in seguito all’infezione, sarebbe stato immediatamente evidente durante gli studi clinici. Gli studi clinici hanno invece mostrato esattamente l’opposto: i vaccini approvati contro la Covid-19, in particolare i vaccini a mRna Pfizer/BioNTech e Moderna, non solo non peggiorano la malattia ma sono in generale molto efficaci nell’evitare i sintomi della Covid-19, come abbiamo ampiamente discusso, anche se mancano alcuni dati sulle fasce d’età più anziane.

In conclusione, l’articolo scientifico esiste, ma non è uno «studio» (anche se si presenta come tale), né dimostra alcunché sui vaccini attualmente approvati. Si tratta di un articolo datato che all’epoca chiedeva più trasparenza con i volontari degli studi clinici su un possibile effetto negativo legato all’assunzione dei vaccini. Effetto che però non è stato riscontrato in nessuno studio clinico, e di cui quindi al momento non c’è motivo di preoccuparsi.

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