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Dai “Diavoli della Bassa” alla felpa di Elena Cecchettin: breve storia del “panico satanico” in Italia

L’Italia è tornata ad aver paura del satanismo, dopo il panico morale partito dagli Stati Uniti negli anni Ottanta e che ha interessato anche l’Italia

23 novembre 2023
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Negli ultimi giorni Elena Cecchettin – la sorella di Giulia, uccisa da Filippo Turetta – è finita al centro di una serie di polemiche e accuse che le vengono mosse da giornalisti, utenti sui social network ed esponenti politici di destra.

Alla ragazza, ad esempio, si imputa di essere alla ricerca di «visibilità» e di sfruttare cinicamente il femminicidio della sorella per diventare «una nuova Ilaria Cucchi». Il riferimento è alla sorella di Stefano Cucchi, morto nel 2009 a causa di un pestaggio da parte di alcuni carabinieri, e attuale senatrice dell’Alleanza Verdi e Sinistra.

Anche le dichiarazioni contro la «cultura dello stupro» e il patriarcato, espresse da Elena Cecchettin sia in televisione che in una lettera al Corriere della Sera, hanno sollevato critiche piuttosto intense.

In un articolo pubblicato sul quotidiano online Affari Italiani, ad esempio, si parla di una «reazione sopra le righe» che «rischia di farla passare dalla parte del torto» nonché di trasformarla in una «profeta ideologizzata che spara giudizi» sugli uomini «invitandoli a fare un assurdo ‘mea culpa’ preventivo». Commenti dello stesso tenore sono stati espressi anche da alcune personalità mediatiche, come la giornalista Cesara Buonamici e il conduttore radiofonico Giuseppe Cruciani.

Cecchettin è stata poi accusata in maniera infondata di essere una «satanista» per alcune foto sul suo profilo Instagram e per aver indossato una felpa della rivista di skate Thrasher durante la trasmissione Dritto e Rovescio del 19 novembre, come abbiamo già scritto in questo articolo. Oltre a vari utenti di X e YouTube, a denunciare il presunto satanismo della ragazza sono stati persino due consiglieri regionali.

Il primo è Stefano Valdegamberi, consigliere regionale del Veneto eletto con la lista di Luca Zaia. In un post su Facebook, pubblicato il 20 novembre, il politico l’ha descritta come «una che recita una parte di un qualcosa [di] predeterminato e precostituito» nonché una «frequentatrice di centri sociali e delle bestie di satana», cioè di un gruppo responsabile di vari omicidi tra il 1998 e il 2004.

In un’intervista all’Adnkronos dello stesso giorno, Valdegamberi ha rincarato la dose affermando che «sui social lei mostra immagini raccapriccianti, allusioni sataniche, persone ritratte sanguinanti e seghe elettriche». Per questo, ha aggiunto, non può «salire su un piedistallo e fare la lezioncina al maschio».

Il secondo consigliere è invece Matteo Montevecchi, eletto con la Lega alle elezioni regionali in Emilia-Romagna del 2020. In un post pubblicato il 21 novembre sul proprio profilo Instagram, il leghista ha scritto che «le parole di Elena Cecchettin [pronunciate a Dritto e Rovescio, ndr] sono inaccettabili» e funzionali alla diffusione dell’«ideologia woke all’ennesima potenza che predica una incessante divisione tra uomo e donna». Negli Stati Uniti woke è un aggettivo usato per indicare una persona «all’erta» e «consapevole», e indica l’atteggiamento di chi si batte contro le ingiustizie sociali e razziali da una prospettiva progressista. Per la destra, woke equivale a un dogmatismo intollerante che metterebbe a rischio le libertà civili.

Sempre nello stesso post, Montevecchi ha fatto notare che sul profilo Instagram della ragazza ci sono «foto con croci rovesciate sul volto, collane sataniche, statue di Lucifero e quant’altro», ossia «simboli che sono la rappresentazione del male, quello vero».

Secondo una teoria del complotto promossa su X, infine, Cecchettin sarebbe dedita alla «magia nera» e avrebbe addirittura «posseduto mediante un rituale» Filippo Turetta, utilizzandolo «come burattino per compiere il male».

Chiaramente si tratta di teorie infondate, che al tempo stesso evidenziano come intorno alla figura della ragazza sia scoppiato un vero e proprio “panico satanico” – un’espressione che designa una particolare forma di panico morale e mediatico che si è sviluppata negli Stati Uniti all’inizio degli anni Ottanta e che ha interessato anche l’Italia.

Le origini statunitensi del “panico satanico”
Secondo la giornalista statunitense Debbie Nathan, autrice del saggio intitolato “Satan’s Silence” (in italiano, “Il silenzio di Satana), le radici del fenomeno affondano tra la fine degli anni Sessanta e i Settanta.

Da un lato gli omicidi della setta “The Family” legata a Charles Manson avevano scosso in profondità l’opinione pubblica; dall’altro, il rinnovato interesse per l’occulto aveva reso popolari romanzi come “L’esorcista” di William Peter Blatty e autobiografie come “The Satan Seller” (in italiano, “Il venditore di Satana”), in cui l’autore Mike Warnke raccontava la sua esperienza in un culto satanista – esperienza che, stando a un’indagine della rivista Cornerstone, si rivelerà essere del tutto inventata.

Charles Manson. Photo Credits: Mitch Hell via Flickr

A questi elementi, argomenta la sociologa statunitense Mary deYoung in un’intervista al New York Times, andavano poi aggiunti i cambiamenti profondi che stavano interessando la società e la politica statunitense.

Stando a un articolo di Vox sul tema, l’ascesa di Ronald Reagan (divenuto poi presidente degli Stati Uniti), accompagnava la vorticosa crescita della destra religiosa e dei movimenti evangelici che non vedevano di buon occhio l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, poiché – a loro dire – rischiava di disgregare la famiglia tradizionale e scardinare i ruoli di genere: ossia gli uomini fuori casa a lavorare, e le donne in casa a curare la prole.

È in questo contesto di transizione, dice sempre deYoung, che uscì un libro destinato ad avere un ruolo decisivo nel “panico satanico”: “Michelle Remembers” (in italiano, “Michelle ricorda”), firmato dalla canadese Michelle Smith insieme al suo psichiatra – e futuro marito – Lawrence Pazder.

Nel testo Smith afferma che la madre apparteneva a una setta dedita ad abusi rituali satanici, che lei stessa ha subìto, insieme a scene raccapriccianti di stupri, sevizie, infanticidi e atti di cannibalismo. In un caso sarebbe stata addirittura costretta a pugnalare a morte un neonato con un crocifisso.

Il problema è che se li era dimenticati tutti: li ha ricordati soltanto grazie a Pazder e all’ipnosi. In realtà – come dimostrarono subito giornalisti, esperti e gli stessi familiari di Smith – la storia di “Michelle Remembers” era completamente inventata. I suoi ricordi erano falsi, e sono stati impiantati dallo psichiatra nella testa della paziente.

Il libro vendette comunque moltissime copie in poco tempo, diventando un fenomeno culturale e addirittura una specie di manuale forense per investigatori e forze dell’ordine. All’improvviso, migliaia e migliaia di persone iniziarono a vedere satanisti ovunque, e scorsero l’influenza maligna di Satana nei giochi di ruolo come Dungeon & Dragons, nella musica heavy metal, e soprattutto, negli asili nido e nelle scuole materne in cui i genitori lasciano i propri figli durante il giorno.

Il “panico satanico” dilagò in maniera incontrollabile, innescando così quella che la giornalista Debbie Nathan definì una «moderna caccia alle streghe» fondata su accuse false, raccolte da zelanti inquirenti e rilanciate in maniera morbosa dai media.

Il caso più clamoroso è quello che travolse la famiglia McMartin, che gestiva una scuola per l’infanzia a Manhattan Beach, in California. Nel 1983, diversi componenti della famiglia vennero accusati di aver compiuto abusi sui bambini a loro affidati. A dirlo sarebbero stati gli stessi bambini: o meglio, i genitori che suggerivano cosa dire ai bambini, e riportavano alla polizia la versione dei figli. Dal canto loro gli psichiatri, che aderivano al metodo del già citato Lawrence Pazder, cercavano di far ricordare presunti abusi rimossi ai minori.

Il risultato fu che le testimonianze erano del tutto inattendibili. Un bambino, ad esempio, affermò che un membro della famiglia McMartin sarebbe addirittura stato in grado di volare. Altri, invece, che le donne delle famiglie fossero letteralmente delle streghe. E altri ancora che sotto la scuola ci fosse una prigione sotterranea (che in realtà non esisteva), dove venivano commessi gli abusi. Gli inquirenti decisero comunque di imbastire un processo penale, che diventerà il più lungo e costoso di sempre nella storia della California e si concluderà nel 1989 con la piena assoluzione dei McMartin.

Il caso però non è isolato. Tra gli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, ricostruisce un rapporto dell’agenzia governativa contro l’abuso e l’abbandono dei minori (Nccan), vennero spiccate più di 12mila accuse di abusi rituali satanici. Nessuna di queste, sottolinea un articolo pubblicato nel 1994 dal New York Times, è stata confermata da un tribunale.

Intorno alla metà degli anni Novanta, insomma, l’ondata di “panico satanico” sembrava essersi placata negli Stati Uniti. In Italia invece fu l’esatto opposto, perché proprio in quegli anni stava per scoppiare per la prima volta.

Il “panico satanico” in Italia
Il 24 gennaio del 1996 vennero arrestati a Bologna tre esponenti dei cosiddetti “Bambini di Satana”, tra cui il fondatore Marco Dimitri (deceduto nel 2021), con le accuse di stupro e pedofilia.

“Bambini di Satana” era il nome di un’associazione culturale regolarmente registrata a partire dal 1982, che aderiva a un satanismo di tipo pagano. Come ha spiegato la giornalista Antonella Beccaria, autrice del saggio “Bambini di Satana. Processo al diavolo: i reati mai commessi di Marco Dimitri”, il fondatore è una ex guardia giurata «diventato noto tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta dopo aver partecipato a qualche trasmissione televisiva e aver rilasciato interviste a giornali nazionali». Dimitri, sempre a detta di Beccaria, giocava un po’ con «gli stereotipi del satanismo made in Hollywood» principalmente per farsi pubblicità.

Ad ogni modo, i testimoni chiave dell’inchiesta erano una ragazza minorenne e un bambino di tre anni. Quest’ultimo raccontò anche di sacrifici umani commessi nel corso di fantomatiche «messe nere», ma gli inquirenti non trovarono i corpi delle presunte vittime.

Dimitri e gli altri due membri restarono in regime di carcerazione preventiva per un anno e mezzo, e subirono un vero e proprio linciaggio mediatico. Dimitri venne posto in isolamento e cercò di suicidarsi in carcere. Furono in pochissimi a difenderlo; tra questi spiccava il collettivo Luther Blissett, che sulla vicenda produsse lunghi approfondimenti e il saggio “Lasciate che i bimbi”.

Marco Dimitri durante un voltantinaggio congiunto con il collettivo Luther Blissett Project. Photo Credits: wumingfoundation

Il processo in primo grado si è concluso nel 2000 con l’assoluzione degli imputati, confermata l’anno successivo dalla Corte d’Appello di Bologna. La procura, il cui impianto accusatorio venne sostanzialmente demolito, rinunciò a fare ricorso in Cassazione. Nel 2004 Dimitri viene risarcito per ingiusta detenzione.

Nonostante l’epilogo giudiziario, la vicenda dei “Bambini di Satana” scavò a fondo nell’immaginario – non solo popolare, ma anche in quello di psichiatri, magistrati e forze dell’ordine. Alcuni suoi elementi narrativi – gli abusi rituali satanici, le “messe nere” e altre ricostruzioni fantasiose – si ritrovano infatti in un caso coevo: quello dei cosiddetti “Diavoli della bassa modenese”.

Alla fine degli anni Novanta, più di venti persone tra Mirandola e Finale Emilia, due comuni in Emilia-Romagna, furono indagate per presunti abusi commessi sui propri figli. Lo scenario descritto dalla magistratura e dai giornali era spaventoso: processioni notturne, violenze sessuali, bambini costretti a uccidere altri bambini, macabri rituali in cimiteri, e così via. A capo di questa setta satanica ci sarebbe stato addirittura un sacerdote, don Giorgio Govoni.

Le testimonianze venivano proprio dai minori, interrogati da psicologhe e magistrati. Come nel caso della scuola McMartin, si trattava di racconti altamente inattendibili: nessuno in paese aveva mai visto nulla di strano, né tanto meno erano stati ritrovati i cadaveri delle presunte vittime.

Nel frattempo i bambini furono allontanati dalle famiglie di origine e gli indagati furono colpiti dallo stigma di pedofili e satanisti, con esiti drammatici: una di loro si suicidò gettandosi dal balcone di casa. Don Govoni, invece, morì d’infarto nel maggio del 2000 mentre si trovava nello studio del suo avvocato.

Dalle varie inchieste si svilupparono ben sei processi penali diversi, che avranno risultati piuttosto contrastanti tra loro. In nessun giudizio, tuttavia, è stata riconosciuta l’esistenza di abusi rituali satanici, e in generale la pista satanica non è mai stata ritenuta attendibile.

Nel 2013, la Corte d’Appello di Bologna criticò duramente le indagini e gli interrogatori dei bambini. Le psicologhe furono definite «oggettivamente inesperte» e la loro metodologia «assolutamente censurabile» perché «del tutto impropriamente veicola nella mente dei bambini dati e informazioni che ne possono contaminare ogni successivo racconto». L’inchiesta sarà duramente criticata diversi anni dopo dal podcast Veleno, realizzato da Pablo Trincia e Alessia Rafanelli. I due riuscirono anche a dimostrare che alcuni bambini si erano inventati le accuse per compiacere magistrati e psicologhe, con conseguenze devastanti per le famiglie e loro stessi.

Metodologie simili sono state impiegate anche in altri casi, su tutti quello della scuola materna Olga Rovere di Rignano Flaminio, in provincia di Roma. Nel 2007 alcune insegnanti vennero accusate di aver abusato dei bambini, con il solito corredo di rituali satanici e omicidi rituali raccontati da minori. Si tratta di una perfetta fotocopia italiana del caso McMartin, anch’essa conclusasi con l’assoluzione di tutte le persone imputate.

La lista, per l’appunto, potrebbe continuare a lungo. La cosiddetta “pista satanica”, infatti, ha fatto capolino in tantissimi vicende giudiziarie – dal mostro di Firenze fino a quello dei presunti affidi illeciti a Bibbiano, passando per l’omicidio di Meredith Kercher – senza mai concretizzarsi in alcun modo.

Non potrebbe farlo, del resto, perché – ha scritto la giornalista Selena Pascarella, autrice del saggio sulla cronaca nera “Tabloid Inferno” – è come «un’ombra» che segue un delitto dall’inizio alla fine, «passando con agilità dallo status di bufala a quello di ‘ipotesi controversa’ o ‘verità che fa discutere’». Insomma: «se i satanisti vanno e vengono», ha chiosato, «la pista satanica è per sempre».

E lo è pure il “panico satanico”: anche se ciclicamente si affievolisce, è sempre pronto a riattivarsi quando le circostanze lo richiedono, facendo così partire nuove cacce alle streghe. A volte, basta davvero poco – tipo una felpa della Thrasher.

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