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Che cosa sappiamo sulle perdite dei gasdotti Nord Stream

Nel mar Baltico è in corso un disastro naturale, ma le responsabilità sono ancora tutte da chiarire

30 settembre 2022
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Tra il 26 e il 27 settembre 2022 gli operatori dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, le infrastrutture realizzate per trasportare in Europa il gas naturale proveniente dalla Russia, hanno segnalato quattro improvvisi cali di pressione sulle linee offshore, risultato di altrettante perdite di gas localizzate a nord-est dell’isola danese di Bornholm e nelle acque territoriali svedesi.

Al momento dei guasti nessuno dei due gasdotti era in funzione: alla fine dello scorso mese di agosto, infatti, Nord Stream 1 era stato chiuso a tempo indeterminato dall’azienda energetica statale russa Gazprom, dopo mesi di funzionamento a capacità ridotta. Lo stop era stato ufficialmente motivato dalla necessità di attuare dei lavori di manutenzione, ma alcune cancellerie internazionali avevano accusato la Russia di utilizzare lo strumento energetico come arma di ritorsione politica contro le sanzioni imposte dall’Unione europea.

Nord Stream 2 invece non era mai entrato in funzione, dopo che a febbraio la Germania aveva bloccato il processo di certificazione necessario al completamento del progetto. Entrambe le pipeline erano comunque state riempite con gas naturale compresso, che mentre scriviamo continua a essere sversato nel mar Baltico. Secondo gli esperti ciò potrebbe provocare un danno ambientale di proporzioni mai sperimentate in precedenza.

Come vedremo, la dinamica e le responsabilità dell’accaduto non sono tuttora molto chiare e sugli avvenimenti si è scatenato l’ennesimo scambio di accuse tra Russia e Paesi occidentali. Sul tema non sono però mancati i contenuti di disinformazione, diffusi strumentalmente dai media vicini al Cremlino.

Che cosa ha causato le perdite

A distanza di quattro giorni dalla prima fuga di gas, le cause del guasto non sono ancora state chiarite, ma quasi tutte le parti in causa sembrano aver escluso l’ipotesi di un malfunzionamento accidentale. A partire dagli operatori delle infrastrutture, che hanno definito «senza precedenti» i danni subiti dalle linee offshore nell’arco di poche ore.

La pista al momento più battuta è dunque quella del sabotaggio, sulle cui dinamiche sta avvenendo l’ennesimo scambio di accuse. L’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Josep Borrell ha parlato esplicitamente delle perdite come del «risultato di un atto deliberato», posizione assunta anche dal primo ministro polacco Mateusz Morawiecki e non esclusa da quella danese Mette Frederiksen. Più cauta invece la Commissione europea, con Ursula von der Leyen che ha parlato di «sabotaggio», ma ha sottolineato la necessità di condurre ulteriori «indagini sull’incidente».

Gli Stati Uniti sono intervenuti nella questione per bocca del consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan, che ha fatto riferimento a «un apparente sabotaggio», mentre si è spinta oltre la parlamentare tedesca Marie-Agnes Strack-Zimmermann, a capo della commissione Difesa del Bundestag, che ha accusato la Russia di condurre una guerra ibrida. Della stessa opinione è anche Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che su Twitter ha definito la perdita di gas come «un attacco terroristico pianificato dalla Russia e un atto di aggressione nei confronti dell’Ue».

Dopo un’iniziale cautela, la Russia ha invece accusato gli Stati Uniti dell’accaduto, prima con la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, che ha sottolineato come l’incidente sia avvenuto in un’area «completamente controllata dalle agenzie di intelligence americane», e poi con il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che ha parlato di «un atto di terrorismo, forse a livello statale». L’ex ministro degli Esteri polacco e oggi europarlamentare Radoslaw Sikorski ha pubblicato un tweet per ringraziare sarcasticamente gli americani dell’attacco al gasdotto, ma ha poi cancellato il contenuto nel giro di poche ore.

La questione ha diviso anche gli analisti internazionali, che in queste ore si interrogano circa le possibili motivazioni del supposto sabotaggio a opera del Cremlino. Secondo alcuni esperti ascoltati dal New York Times, l’azione potrebbe rientrare nella più ampia strategia della Russia di esercitare il proprio potere facendo leva sulle forniture di gas, ma non è chiara la convenienza sul lungo termine di un attacco portato alle proprie infrastrutture. L’analista di Reuters Oliver Alexander ha invece tirato in ballo una necessità di politica interna: la parziale distruzione dei gasdotti potrebbe garantire a Putin che nessun avversario politico possa usarli come «strumento di contrattazione con l’Occidente» in vista di un eventuale colpo di Stato.

Il discorso di Joe Biden

In questo contesto si inserisce un contenuto molto circolato sui social network, che riprende un discorso del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Qui Biden parla della necessità di bloccare il gasdotto Nord Stream 2 nel caso di un’ulteriore invasione russa dei confini ucraini. Interrogato da una giornalista, che gli chiede in che modo ciò possa accadere – dal momento che il progetto è sotto il controllo della Germania – Biden rispondeva: «Vi prometto che saremo in grado di farlo».

Questo breve video ha dato adito a diverse speculazioni, amplificate dai media di Stato russi, secondo le quali Biden faceva riferimento al sabotaggio poi effettivamente verificatosi tra il 26 e il 27 settembre. Affermazioni molto simili sono circolate anche in relazione a un filmato contenente le parole del sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland, in cui questa assicura: «Se la Russia invaderà l’Ucraina, in un modo o nell’altro Nord Stream 2 non andrà avanti». Anche in questo caso, il filmato è stato utilizzato strumentalmente dall’agenzia stampa governativa del Cremlino.

I due filmati sono reali, sebbene a volte pubblicati con una traduzione errata (come in questo caso, che attribuisce a Nuland un presunto riferimento al «sabotaggio») e risalgono rispettivamente al 7 febbraio e al 26 gennaio 2022. Come ha chiarito il 28 settembre 2022 la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre, «Biden a febbraio si riferiva al fatto che Nord Stream 2 non sarebbe diventato operativo e che per questo avremmo lavorato con la Germania». Si tratta dunque di affermazioni precedenti alla decisione della Germania di bloccare l’accordo sul gasdotto Nord Stream 2, arrivata il 22 febbraio 2022.

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