Simili contenuti, tuttavia, molte volte non rientrano in quel concetto comune di satira legato indissolubilmente alla comicità. Non è detto infatti che davanti a queste notizie “satiriche”, inserite nel loro contesto originario, il lettore reagisca con una risata. Molte volte questi siti praticano infatti delle vere e proprie azioni di trollaggio che puntano a ingannare una certa comunità di persone e deridere ad esempio il loro credo politico.
Per descrivere il suo lavoro il fondatore del network America’s Last Line of Defense, Christopher Blair, ha definito la “satira” come non notizia, non opinione e non propaganda. Il suo scopo dichiarato è infatti quello di indurre gli americani conservatori a condividere notizie false, nella speranza di dimostrare quella che lui definisce la loro «stupidità».
Blair, che si definisce un “troll liberale” e un attivista politico, ha detto che le persone credono e condividono gli articoli che lui inventa per i propri “bias di conferma”, cioè la tendenza a selezionare solo le informazioni o le prove che confermano le proprie convinzioni: «A queste persone viene detto che stanno condividendo satira, ma la verità non è più importante per loro. Tutto ciò che gli importa è aggrapparsi al loro odio e alla loro paura». Lo scorso giugno, il New York Times ha riportato che, dall’inizio del 2024, i post della pagina Facebook di America’s Last Line of Defense hanno ricevuto oltre 7 milioni di interazioni.
Altre pagine e siti, invece, non sempre specificano in maniera chiara di pubblicare contenuti inventati con intenti “satirici”. Solo dopo che le loro notizie vengono riconosciute come false, allora ribattono che si trattava di uno “scherzo”. Per questi motivi il termine “satira” è finito per diventare anche uno strumento di difesa di chi diffonde vera e propria disinformazione.
L’ubiquità della disinformazione
In questo contesto non aiutano le dinamiche createsi con l’arrivo e l’esplosione dei social media, afferma Laura Graham, docente di comunicazioni aziendali presso la North Carolina Central University, intervistata da Forbes.
«Prima dei social media, il mercato delle idee spesso assomigliava di più a un grande magazzino o a un centro commerciale», ha detto l’esperto. Oggi, invece, continua Graham, il mercato assomiglia sempre di più a un mercatino delle pulci, dove si possono trovare uno accanto all’altro storie o post del New York Times e quelli di siti “satirici” delle notizie inventate, come quello citati in precedenza. Per di più, secondo uno studio del 2020 – citato sempre dalla rivista statunitense – gli utenti sui social media tendono a prestare meno attenzione alla fonte dei contenuti che consumano, con la conseguenza che è molto più facile scambiare satira o finzione per notizie vere.
Inoltre, un ruolo importante lo gioca anche la sfiducia sempre più alta verso i media tradizionali che, unita al già citato bias di conferma, permette alle notizie “satiriche” che confermano convinzioni personali o letture “alternative” di essere credute vere. «Spesso, il desiderio delle persone di credere che qualcosa sia vero le scoraggia dall’indagare sulle fonti di informazione. Il bias di conferma è un pregiudizio cognitivo, ovvero il modo in cui sono cablati i nostri cervelli, che ci porta a cercare e a credere più facilmente a fonti e informazioni che confermano ciò in cui crediamo già», ha detto sempre Graham a Forbes.
Questa estate si è verificata una dinamica simile con una storia inventata con protagonista il candidato vicepresidente per il partito repubblicano J.D. Vance. Poco ore dopo che Donald Trump aveva annunciato Vance come suo vice in caso di vittoria alle elezioni presidenziali, un utente su X ha scritto che il politico repubblicano nel suo libro “Hillbilly Elegy: A Memoir of a Family and Culture in Crisis” avrebbe ammesso di essersi dato del piacere sessuale tra due cuscini di un divano. Per dare maggiore autenticità al tutto, nel post venivano anche indicate le pagine del libro – «pp. 179-181» – in cui sarebbe stata raccontata questa scena.