Le "rivelazioni" del Dipartimento di Stato americano sull’istituto di virologia di Wuhan non sono supportate da prove - Facta
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Le “rivelazioni” del Dipartimento di Stato americano sull’istituto di virologia di Wuhan non sono supportate da prove

Il 27 gennaio 2020 la redazione di Facta ha ricevuto la richiesta di verificare un articolo pubblicato sul sito Affaritaliani.it e risalente al 16 gennaio 2021, intitolato “Trump: via segreto doc riservati Usa. Ricercatori Wuhan malati prima di epidemia” e sottotitolato “Diversi ricercatori del laboratorio di Wuhan si sarebbero ammalati prima dell’epidemia. Anomalie gravi sui loro lavori online. Collaborano a ricerche militari”.

L’articolo riporta il contenuto di un testo effettivamente pubblicato il 15 gennaio 2021 dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, intitolato “Fact Sheet: Attività all’Istituto di Virologia di Wuhan” e presentato da Affaritaliani.it come un «documento desecretato».

Questo documento del Dipartimento di Stato in realtà non è né una lista di “fatti” né un documento riservato, quanto un breve comunicato, contenente in gran parte informazioni già conosciute o denunce di mancata trasparenza al governo cinese. Anche se non si sbilancia esplicitamente, il documento è teso a indurre il sospetto che la pandemia da Covid-19 possa aver avuto origine da un laboratorio cinese, come è evidente dall’introduzione, dove si legge che «un incidente di laboratorio potrebbe assomigliare allo scoppio naturale di un’epidemia […]. Gli scienziati in Cina hanno fatto ricerca sui coronavirus derivati dagli animali in condizioni che aumentano il rischio di esposizione accidentale e potenzialmente non voluta. […] La letale ossessione del Partito Comunista Cinese con la segretezza e il controllo è a scapito della salute pubblica in Cina e nel mondo. Le informazioni finora segrete contenute in questo fact sheet […] illustrano tre elementi sull’origine della Covid-19 che meritano ulteriori indagini».

Le affermazioni nuove contenute in questo documento però non sono, al momento, suffragate da ulteriori prove o documenti pubblicamente disponibili. Negli altri casi, si tratta di informazioni già conosciute e che non rivelano nulla di nuovo. Vediamo di cosa si tratta. 

Le due principali affermazioni inedite contenute nel documento sono che «Il governo Usa ha ragione di credere che diversi ricercatori nel Wiv [Istituto di virologia di Wuhan, ndr] si sono ammalati nell’autunno del 2019», prima dei primi casi ufficiali della pandemia, e che gli Stati Uniti avrebbero scoperto che il Wiv «ha collaborato a pubblicazioni e progetti segreti con l’esercito cinese».

Entrambe le affermazioni però non sono, al momento, suffragate da prove o documenti pubblicamente disponibili. Il 15 gennaio 2021 la testata americana Bloomberg ha riportato inoltre che, di fronte a richiesta diretta, il Dipartimento di Stato americano non ha voluto commentare ulteriormente il comunicato. È certamente possibile che il governo statunitense possieda documenti riservati a sostegno di queste affermazioni (il direttore del dipartimento di Stato americano, il 15 gennaio 2021, era Mike Pompeo, che era stato anche direttore della Cia fino al 2018), ma al momento non c’è modo di verificarlo. 

Secondo lo stesso “fact sheet” i ricercatori di Wuhan erano ammalati «con sintomi coerenti sia con la Covid-19 sia con le comuni malattie stagionali» Se così fosse, è difficile ritenere che si tratti di un dato significativo sull’origine della Covid-19. 

Per quanto riguarda le altre presunte rivelazioni del “fact sheet”: è vero, ma non è mai stato un segreto, che il Wiv avesse lavorato in passato con coronavirus di pipistrello e avesse sequenziato RaTG13, a oggi uno dei virus più simili a Sars-CoV-2 scoperti in natura. Il coinvogimento del Wiv in queste ricerche è pubblicamente evidente dalle affiliazioni accademiche dei ricercatori autori dello studio scientifico che descrive le relazioni evolutive di RaTG13 con Sars-CoV-2. Di come siano stati condotti questi studi ha parlato il 31 luglio 2020 anche Shi Zhengli, direttrice del Centro per le Malattie Infettive Emergenti del Wiv, a Science

Così come non è un mai stato un segreto che, come avevamo raccontato su Facta in passato, ci siano effettivamente state reticenze e ambiguità da parte dei ricercatori cinesi nel descrivere la scoperta del virus RaTG13, o che il Wiv abbia preso parte a esperimenti di ingegneria genetica sui coronavirus (ad esempio questo studio del 2015, a cui hanno partecipato anche laboratori statunitensi dell’Università del North Carolina e della Harvard Medical School). Come avevamo spiegato su Facta, nessuno di questi aspetti dimostra però che l’origine del virus Sars-CoV-2 sia artificiale o comunque da ricercare in un laboratorio di Wuhan. 

In conclusione, quanto contenuto nel “fact sheet” – che non sembra essere un «documento desecretato» come affermato da Affaritaliani.it – o è già noto, o non è suffragato da alcuna prova. Nessuno di questi dati comunque cambierebbe significativamente quanto sappiamo finora sull’origine della pandemia di Covid-19: il “fact sheet” stesso ammette che «il virus potrebbe essere emerso naturalmente dal contatto umano con animali infetti». 

Ricordiamo poi che è bene considerare questi documenti nel loro contesto. Quando abbiamo analizzato la teoria cospiratoria secondo cui il virus Sars-CoV-2 sarebbe stato frutto di esperimenti militari, avevamo anche raccontato come questo genere di accuse sull’origine delle epidemie o pandemie sia storicamente da sempre una tattica di propaganda geopolitica. È plausibile che questo documento, fino a quando non emergeranno prove a sostegno delle sue affermazioni, debba essere considerato parte di questo tipo di scontri. Può essere utile ricordare che lo stesso ex segretario di Stato Mike Pompeo non ha fatto mistero, quando era a capo della Cia, del fatto che la sincerità non era in cima alle loro preoccupazioni qualora vi siano interessi in gioco. 

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