Le “proteste di massa” degli italiani che starebbero sostituendo la bandiera europea con quelle di Russia e Cina - Facta
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Le “proteste di massa” degli italiani che starebbero sostituendo la bandiera europea con quelle di Russia e Cina

A partire dal 23 marzo scorso, diverse testate internazionali (tra le quali Klix in Bosnia,   Telegraf in Serbia e Al Anbat in Giordania)  hanno riportato la notizia di una presunta protesta di massa in Italia, che consisterebbe nell’ammainare la bandiera dell’Unione Europea e sostituirla con quelle di Russia e Cina, in segno di apprezzamento per gli aiuti inviati nel corso della pandemia di Covid-19.

La segnalazione arriva da Emir Zulejhić, fact-checker per il sito web bosniaco Raskrinkavanje.ba e partner dell’International fact-checking network, e si concentra in particolare su un articolo pubblicato il 24 marzo da Sputnik News, agenzia di stampa russa.

Nella realtà, però, quelle “proteste di massa” non sono mai avvenute: si tratta di alcuni casi isolati risalenti ai giorni scorsi, a cui alcune testate hanno dato una rilevanza sproporzionata. 

Le proteste contro l’immobilismo europeo

Il primo articolo sull’argomento rintracciabile in rete risale al 23 marzo scorso ed è ospitato da Al Anbat, un sito di informazione indipendente con sede in Giordania, che titola «Gli italiani arrabbiati depongono la bandiera dell’Unione europea e la sostituiscono con quella della Cina». 

Lo spunto è offerto dall’immagine, circolata su Twitter particolarmente tra gli utenti di lingua araba, di un uomo italiano che issa il vessillo cinese dopo aver rimosso quello ufficiale dell’Ue. Il 24 marzo la notizia viene poi rilanciata dal portale serbo Telegraf e rapidamente fa il giro delle redazioni europee, comparendo anche su Vajdaság Ma, sito web della comunità ungherese in Serbia che parla di «cittadini italiani frustrati dall’Ue che ovunque sostituiscono la bandiera dell’Unione Europea con quella cinese».

L’immagine che accompagna gli articoli è reale e si riferisce alla sostituzione della bandiera europea con quella cinese avvenuta nello stabilimento della Svecom, un’azienda produttrice di “alberi espansibili, cilindri, supporti e sistemi per la movimentazione” in provincia di Vicenza (qui il post originale pubblicato il 19 marzo dal titolare Flavio Marin). 

Più o meno nelle stesse ore, il 24 marzo, il sito web in inglese dell’agenzia Sputnik ha pubblicato un articolo che riprende una vicenda molto simile. A deporre la bandiera comunitaria, stavolta in favore di quella russa, è l’imprenditore Federico Cane, che ha immortalato il gesto con un video sul suo profilo Facebook aggiungendo la didascalia “Noi la pensiamo così gli amici si vedono nel bisogna grazie presidente Putin grazie Russia”. Si tratta anche in questo caso di un video reale, diventato in breve tempo molto popolare in Russia e mandato in onda dall’emittente russa Russia Today, canale finanziato direttamente dal Cremlino.

I due eventi rappresentano tuttavia casi isolati, dal momento che non c’è alcuna prova dell’esistenza di un trend in corso, né tantomeno di una protesta di massa. Gli unici altri casi riportati dalla stampa italiana si riferiscono infatti al gruppo Colle, una tintoria industriale in provincia di Prato e a Fabio Romito, vicepresidente leghista del Consiglio comunale di Bari. In entrambi i casi la bandiera dell’Unione Europea è stata rimossa, ma non rimpiazzata.

Cina e Russia hanno fatto più dell’Unione Europea?

Come segnala ancora il collega Emir Zulejhić, l’assunto da cui partono gli articoli dedicati allo scambio di bandiere è che l’Unione Europea abbia fatto poco per aiutare l’Italia nei giorni caldi dell’emergenza Covid-19, o comunque meno rispetto al contributo fornito volontariamente da Cina e Russia.

Il 13 marzo la Croce Rossa cinese ha inviato all’Italia 500 mila mascherine, 1.800 tute protettive, 1.500 paia di guanti e 4 tonnellate di materiale medico, insieme a 9 medici specializzati nella gestione dell’emergenza. Parallelamente, entro il 19 aprile il ministero della Difesa russo recapiterà in Italia circa 600 ventilatori polmonari, 300 mila mascherine, 1.000 tute protettive, 100 mila tamponi e due macchinari per analizzarli. Aiuti che, considerata l’origine, hanno contribuito a riaccendere i mai sopiti sentimenti anti-europei.

Ma cos’ha fatto nel frattempo l’Europa? 

Lo scorso 15 marzo la Commissione Europea ha invitato gli stati membri a “condividere materiale protettivo”, richiesta prontamente accolta da Germania, Francia, Austria e Repubblica Ceca, che da sole hanno portato nel nostro Paese 3,6 milioni di mascherine, 7 tonnellate di attrezzatura per la respirazione assistita e oltre 200mila tute protettive. 

La commissione Von der Leyen ha inoltre attivato un bando per assicurarsi “la fornitura di dispositivi di protezione individuale”: le offerte dei produttori sono al momento in grado di soddisfare (e superare) la richiesta dai singoli stati membri.

In conclusione

L’opinione pubblica italiana sta oggi sperimentando, tra le altre cose, anche una fase di malcontento nei confronti dell’operato dell’Unione europea, come testimonia il recente rilevamento effettuato da Noto Sondaggi e come testimoniano alcuni episodi isolati che coinvolgono singoli individui. 

Non ci sono però al momento in Italia ondate di protesta diffusa, né indizi che possano suggerirne nel prossimo futuro. Quello di deporre la bandiera comunitaria resta un gesto estremamente isolato e non rilanciato da alcun mezzo di informazione autorevole.

Inoltre, nonostante un’iniziale fase di disorientamento, l’Unione europea non è rimasta impassibile di fronte all’emergenza Covid-19 in Italia e nella seconda metà di marzo ha agito sia come istituzione politica sia come struttura di raccordo tra singoli Stati membri. Di contro, gli aiuti inviati da Russia e Cina, seppur preziosi per la gestione dell’attuale emergenza sanitaria, non sono nel complesso paragonabili allo sforzo messo in campo dai partner europei.

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