Negli scorsi giorni si è parlato molto sui media nazionali e internazionali (ad esempio qui, qui o qui) di uno studio pubblicato dalla rivista scientifica peer reviewed Virology Journal. La ricerca dimostrerebbe come, a una temperatura di 20 gradi centigradi e su superfici di uso comune come banconote, vetro e plastica, il coronavirus Sars-CoV-2, responsabile dell’attuale pandemia di Covid-19, possa resistere ed essere infettivo dopo una permanenza di oltre 28 giorni. La notizia ha destato comprensibili preoccupazioni e qualche ipotesi di complotto.
Lo studio è reale, ma deve spaventarci?
Che cosa dice lo studio
Lo studio in questione è firmato da Shane Riddell – virologo specializzato nella validazione di metodi di inattivazione e decontaminazione virale – e alcuni colleghi dell’ente governativo di ricerca australiana Csiro (Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization).
Aveva l’obiettivo principale di capire l’effetto della temperatura sulla sopravvivenza del virus Sars-CoV-2 su diverse superfici di materiali comuni – come, ad esempio, l’acciaio, le banconote (di carta e di polimeri plastici), il vetro, il cotone e il vinile – a tre diverse temperature (20, 30 e 40 gradi).
I ricercatori hanno messo il virus in una soluzione ricca di proteine che vuole simulare i fluidi corporei naturali come la saliva e l’hanno deposto in condizioni di umidità e temperatura controllate su campioni di questi materiali. A vari intervalli di tempo hanno poi recuperato il materiale biologico dalle superfici e osservato se c’era ancora virus vitale capace di infettare cellule in vitro. Si tratta solo di uno dei vari studi (ad esempio qui, qui, qui e qui) condotti da diversi gruppi di ricerca per capire qual è la capacità di Sars-CoV-2 di sopravvivere sulle superfici che tocchiamo quotidianamente, di diffondersi passando dalle nostre mani agli occhi o al volto, e quindi come minimizzare questo rischio.
Secondo lo studio, nei campioni tenuti alla temperatura di 20 gradi si trova ancora virus infettivo anche dopo 28 giorni su tutte le superfici analizzate, con l’eccezione del cotone. La sopravvivenza del virus sulle superfici crolla rapidamente però con l’aumentare della temperatura, e non supera le 48 ore nei campioni incubati a 40 gradi.
Lo studio riporta, quindi, un esperimento condotto in laboratorio, in condizioni artificiali, che restituisce informazioni utili ai ricercatori. Ma cosa ci dice su quanto accade nella vita di tutti i giorni?
Dobbiamo preoccuparci?
Come anticipato, l’esperimento fornisce dati interessanti su come il virus sopravviva meglio o peggio in varie condizioni ambientali simulate all’interno dei laboratori. Non vuol dire però che, nelle usuali circostanze quotidiane, abbiamo un alto rischio di infettarci da Sars-CoV-2 depositato per oltre 28 giorni sul vetro o sulla plastica.
Nell’esperimento, i ricercatori hanno fornito al virus condizioni di sopravvivenza ottimali. I campioni di materiale erano stati puliti e sterilizzati (quindi privati degli enzimi e microrganismi che si trovano normalmente sulle superfici e che possono distruggere le particelle virali). Il virus è stato diluito in una soluzione di proteine che vuole mimare le secrezioni corporee naturali, ma priva dei componenti antivirali che si trovano, per esempio, nella saliva. I campioni sono stati poi incubati al buio, in assenza quindi di luce solare che, almeno in condizioni di laboratorio, sembra capace di inattivare rapidamente il virus. È quindi plausibile che, nella maggior parte delle condizioni reali, esposto alla luce, a variazioni di temperatura e in generale a un ambiente più ostile, il virus sopravviva molto meno.
Come hanno discusso Riddell e colleghi nell’articolo che descrive lo studio, la concentrazione virale di partenza inoltre era alta, vicina al limite superiore rilevato in pazienti Covid-19 con carica virale particolarmente elevata: la quantità di virus presente nei pazienti, e quindi depositato su una superficie dalle goccioline di saliva e dagli aerosol, è normalmente più bassa anche di vari ordini di grandezza. Dunque, in condizioni esterne a quelle di laboratorio, la quantità di virus attivo che rimane dopo qualche tempo è inferiore.
Infine, come sempre, bisogna ricordare che di norma “uno studio non fa primavera”. La permanenza e infettività di Sars-CoV-2 sulle superfici è un tema complesso, su cui ci sono risultati contrastanti e diversi. Studi analoghi nei mesi scorsi hanno dato tempi di sopravvivenza del virus molto più brevi, dell’ordine di ore o pochi giorni.
Come dobbiamo comportarci con le superfici
La trasmissione da superfici o oggetti contaminati (chiamati in gergo tecnico fomiti) è un fattore rilevante nella trasmissione di molti virus respiratori: questo è il motivo per cui l’Oms ha raccomandato fin da subito di lavare bene le mani e non toccarsi il viso. Quanto sia importante questa via di contagio è però molto variabile da virus a virus.
Per quanto riguarda il virus Sars-CoV-2 responsabile di Covid-19, sembra che le superfici non siano una sorgente importante di trasmissione. Anche se alcuni studi hanno trovato materiale genetico virale sulle superfici degli ambienti ospedalieri (ma senza confermarne l’infettività), altri hanno avuto risultati diversi, e non hanno trovato virus infettivo.
In generale, anche se non è impossibile siano accaduti, non sembrano esserci casi dimostrati di infezione tramite superfici. Negli studi sperimentali su animali il contagio tramite substrati infetti è possibile, ma sembra poco efficiente rispetto alla via aerea.
In conclusione
La scoperta australiana secondo cui Sars-Cov-2 è in grado di sopravvivere fino a 28 giorni su dati materiali fa parte di una linea di ricerca che vuole capire se e quanto il virus può trasmettersi tramite le superfici contaminate. Si tratta di uno studio di laboratorio in condizioni controllate che quindi imita solo in parte la contaminazione reale delle superfici di uso comune.
In alcune circostanze, come su superfici lisce non esposte al sole e a basse temperature, i risultati suggeriscono che il virus possa sopravvivere a lungo.
Non esiste ancora un consenso definitivo su quanto effettivamente resista Sars-CoV-2 sugli oggetti di uso quotidiano, ma lo studio è un buon promemoria del fatto che il virus responsabile di Covid-19 non è ancora pienamente compreso e che è bene mantenere la cautela.
Vale sempre la pena di osservare una ottima igiene delle mani, lavandole spesso e a lungo, ed evitare di toccarsi il viso e gli occhi. Al momento, però, i dati indicano questa via di infezione come minoritaria: la prima via di contagio resta quella respiratoria, e quindi le nostre principali difese restano mascherine, distanziamento e limitare i contatti.