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Che cosa si rischia con i vaccini (e perché sono comunque sicuri)

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11 dicembre 2020
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Aggiornamento dell’11 giugno 2021: Abbiamo aggiunto un riferimento al vaccino AstraZeneca contro la Covid-19 nella discussione sugli effetti collaterali, e abbiamo precisato che l’immunità di gruppo viene raggiunta solo se il vaccino blocca la trasmissione del patogeno.

Nella mattina di martedì 8 dicembre 2020 Margaret Keenan, una donna di 90 anni di Coventry (Regno Unito), ha ricevuto una dose del vaccino Pfizer contro la Covid-19: questa data ha segnato l’inizio della campagna di immunizzazione anti Covid-19 in Occidente. Il vaccino Pfizer-BioNTech è stato infatti il primo ad essere approvato in un Paese europeo e fa parte di una serie di vaccini che sono stati sviluppati con una rapidità del tutto inedita (e che ha sollevato alcune perplessità). 

Vista l’emergenza sanitaria in corso e la necessaria produzione di un vaccino, si è tornati a parlare dell’effettiva sicurezza dei vaccini e delle possibili controindicazioni legate alla somministrazione. Se da un lato le preoccupazioni possono sembrare una reazione fuori luogo, dal momento che la pandemia è oggi una delle prime cause di mortalità in diversi Paesi tra cui l’Italia, dall’altro si tratta di dubbi che meritano, una volta per tutte, una risposta. 

I vaccini sono oggi la prima possibilità per uscire dall’emergenza sanitaria in corso ma è giusto sapere che in passato ci sono stati degli isolati episodi che ne hanno messo in dubbio la sicurezza. Ecco che cosa sappiamo sul tema.

Dalla vaiolizzazione al vaccino: una questione di sicurezza

Un vaccino è una sorta di manuale di istruzioni per il sistema immunitario. Semplificando molto, ogni vaccino contiene uno o più componenti (tecnicamente detti antigeni) del patogeno da cui vogliamo proteggerci. Il sistema immunitario reagisce a questi esattamente come reagirebbe al virus o batterio vero e proprio, “imparando” a riconoscerli più o meno a lungo termine. 

In questo modo, all’incontro col patogeno vero, il sistema immunitario è in grado di rispondere rapidamente e contenere l’infezione, impedendo lo sviluppo della malattia. Come tale, un vaccino non è un intervento passivo: funziona in quanto scatena una risposta biologica complessa.

Andando indietro nel tempo, il primo intervento simile alla vaccinazione inventato nella storia è stata probabilmente la cosiddetta vaiolizzazione, ovvero l’esposizione al virus del vaiolo umano per ottenerne l’immunità. Inoculando sottopelle o soffiando nel naso croste o siero dalle pustole di malati di vaiolo si poteva indurre un’infezione leggera che portava a un’immunità duratura contro la malattia del vaiolo vera e propria.

Si tratta di una pratica che era in uso in Asia almeno fin dal XVI secolo (la prima descrizione per iscritto risale al 1549, in Cina) ed è stata introdotta in Europa nel 1721 grazie a Mary Wortley Montagu, scrittrice e moglie di un diplomatico britannico a Costantinopoli (oggi Istanbul) che la vide applicare in Turchia. 

La vaiolizzazione proteggeva dal vaiolo, ma era a sua volta pericolosa. A volte l’infezione era comunque violenta e l’1-2 per cento dei vaiolizzati moriva (tra le vittime ci fu, a soli quattro anni di età, il principe Ottavio, figlio di re Giorgio III d’Inghilterra). Questa cifra, seppur non trascurabile, era comunque molto inferiore al 30 per cento di probabilità di morire per chi contraeva il vaiolo vero e proprio. 

Fin dall’inizio quindi l’immunizzazione non si è presentata senza rischi: è sempre stata concepita all’interno di un bilancio tra rischi e benefici e fu proprio la pericolosità della vaiolizzazione a portare allo sviluppo del primo vaccino vero e proprio. Stiamo parlando dell’immunizzazione dal vaiolo umano tramite il vaiolo bovino, una soluzione studiata e promossa (anche se non inventata: il contadino inglese Benjamin Jesty lo precedette) dal medico Edward Jenner tra il 1796 e 1798. Il virus del vaiolo delle mucche, o vaiolo vaccino (da cui nasce il termine), non causa una malattia significativa negli esseri umani ma è abbastanza simile a quello umano da permettere al sistema immunitario di imparare a riconoscerlo e combatterlo. 

Precisiamo poi che anche i vaccini antivaiolo moderni non sono privi di effetti collaterali, tra cui casi di infiammazione cardiaca, ma con incidenze estremamente basse che non superano i 241 casi su un milione di vaccinazioni. Un rischio accettabile per una malattia che ha ucciso 300 milioni di vittime solo nel ventesimo secolo. La campagna di vaccinazione internazionale promossa dall’Oms ha infine eliminato il vaiolo l’8 maggio 1980, una delle più grandi vittorie sanitarie dell’umanità. 

Oggi, non esistendo più un rischio di infezione da vaiolo, il vaccino non ha motivo di essere somministrato (in Italia la vaccinazione antivaiolosa è stata abrogata nel 1981).

Ricorrenza dell’eliminazione del vaiolo – Organizzazione mondiale della sanità

L’incidente Cutter e la poliomielite da vaccino

Dai tempi di Jenner i vaccini sono stati uno dei presidi di salute pubblica più usati e sicuri, ma non esenti da rischi. Uno dei casi più drammatici fu il cosiddetto “incidente Cutter” dell’aprile 1955, dovuto a uno dei vaccini più importanti della storia, il vaccino antipolio di tipo Salk. I vaccini contro la poliomielite avevano avuto una storia travagliata: i primi vaccini antipolio testati da Maurice Brodie nel 1935 si rivelarono disastrosi, con numerosi bambini deceduti o paralizzati a causa del vaccino, e solo con il vaccino Jonas E. Salk, testato per la prima volta nel 1953, partì una campagna di immunizzazione.

Il vaccino Salk contro la poliomielite contiene il virus della poliomielite inattivato in una soluzione diluita di formaldeide, una molecola che modifica chimicamente il virus impedendogli di infettare. Negli Stati Uniti occidentali oltre 200.000 bambini ricevettero un vaccino antipolio prodotto dall’azienda Cutter Laboratories in cui il virus della poliomielite non era però stato inattivato correttamente. Appena ci si accorse che qualcosa non andava, il vaccino difettoso venne ritirato. Ma nel frattempo almeno 50 bambini rimasero paralizzati (altre fonti parlano di 192 casi di paralisi) e 5 morirono. 

Un altro tipo di vaccino antipolio è il Sabin che utilizza un virus vivo ma “attenuato”, ovvero che dà luogo a una malattia molto lieve o subclinica, un po’ come il virus vaccino di Jenner. Il vantaggio di questa strategia è che il virus indebolito può essere trasmesso e quindi dare immunità anche alle persone a contatto con il soggetto vaccinato

Esiste però il rischio che il virus indebolito del vaccino Sabin possa mutare e tornare capace di portare alla malattia: è il paradosso della poliomielite da vaccino, che a oggi è l’unica forma di poliomielite presente in Africa, e che quest’anno, al 2 dicembre 2020, contava 770 casi in tutto il mondo, da confrontare con un totale di 40 milioni di vaccinazioni solo nella nuova campagna antipolio del 2020 in Africa. È un fenomeno che accade perché il virus indebolito riesce a diffondersi e mutare in una popolazione prevalentemente non vaccinata: la soluzione quindi è prevenire tale diffusione con una vaccinazione più capillare.

Danni da vaccino veri e presunti

L’incidente Cutter mise la sicurezza dei vaccini in primo piano, ma i casi conclamati di vaccini di ampio uso e con effetti collaterali eccessivamente gravi e frequenti sono davvero pochi. Uno dei rari esempi recenti è il vaccino RotaShield® contro il rotavirus, un virus comune tra i bambini che causa gastroenteriti. Messo in commercio nell’agosto 1998, venne associato a casi di un tipo particolare e grave di ostruzione intestinale nei bambini tra il settembre 1998 e l’ottobre 1999, con un decesso: venne dunque ritirato dal mercato nell’ottobre 1999. 

La maggior parte degli altri sospetti di vaccini con effetti collaterali eccessivi per gravità e quantità sono stati smentiti, anche se gli allarmi si ripresentano regolarmente. La controversia più celebre è stata l’ipotesi della relazione tra il vaccino Mpr (il vaccino trivalente morbillo, parotite e rosolia) e l’autismo, scatenata da uno studio fraudolento del medico inglese Andrew Wakefield e poi smentita. Non solo aveva alterato e male rappresentato i dati per giungere alla sua conclusione, tanto che più di uno studio ha in seguito dimostrato che non esiste correlazione tra vaccini e autismo, ma Wakefield aveva un palese conflitto di interesse in quanto era finanziato segretamente (oltre 453.000 sterline, più le spese) da legali che stavano conducendo cause contro i produttori di vaccini.  Ma non si tratta di un caso unico e neppure del primo. 

Una delle prime psicosi da vaccino coinvolse, tra il 1974 e il 1986, il vaccino contro la pertosse. Alcuni rapporti medici pubblicati tra il 1948 e il 1960 avevano fatto sorgere sospetti di complicazioni neurologiche e anche decessi associati al vaccino, nonostante gli studi clinici condotti su oltre 36.000 bambini non avessero trovato nessun effetto del genere. Fino agli anni Settanta i medici comunque valutarono il rischio da vaccino come molto inferiore a quello da pertosse.

Nel gennaio 1974 però, con la pertosse ormai rara a causa della ampia copertura vaccinale, venne pubblicato un rapporto che descriveva 36 casi di bambini colpiti da patologie neurologiche gravi poco dopo la vaccinazione. La notizia esplose sui media e i tassi di vaccinazione crollarono dal 79 al 31 per cento; di conseguenza riesplose la pertosse, portando a 5.000 ricoveri, 200 casi di polmonite e almeno 28 decessi. In risposta venne condotto uno studio, il National Childhood Encephalopathy Study, per verificare se e quanto fosse pericoloso il vaccino.

La conclusione è che al momento non è dimostrata nessuna correlazione significativa tra vaccinazione ed encefalopatie per il vaccino antipertosse o altri vaccini, il che significa che se ci sono eventi causati dal vaccino sono talmente rari da essere estremamente difficili da identificare. Uno studio del 2006 su Lancet Neurology ha suggerito che i supposti casi di encefalopatia da vaccino siano in realtà dovuti a mutazioni genetiche indipendenti dalla vaccinazione.

Nel 2010 infine aveva fatto scalpore l’allerta sulla possibile associazione tra il vaccino Pandemrix per l’influenza H1N1 (la causa della pandemia influenzale del 2009-2010) e un balzo dei casi casi di narcolessia in Svezia e Finlandia. Vi furono una serie di ricerche scientifiche che ipotizzarono un meccanismo autoimmune indotto dal vaccino, ma alcuni studi chiave vennero smentiti e ritirati. Le analisi più recenti, nel 2018, non hanno ritrovato questa correlazione. 

Ma da cosa derivano i rari effetti collaterali dei vaccini?

Perché a volte i vaccini provocano effetti collaterali

Alcuni effetti più banali, come febbre o infiammazione, sono dovuti alla stimolazione del sistema immunitario. Per quanto riguarda i pochissimi effetti di seria entità, proprio a causa della loro rarità l’origine non è ancora del tutto chiara. Variazioni genetiche, spesso – ma non sempre – correlate alla risposta immunitaria, sono state associate a effetti avversi gravi causati dal vaccino per la febbre gialla e per il vaiolo

Una spiegazione per la presunta associazione tra narcolessia e il vaccino Pandemrix contro l’influenza H1N1 aveva chiamato in causa il cosiddetto mimetismo molecolare: gli anticorpi indotti al vaccino potrebbero in rarissimi casi riconoscere accidentalmente anche proteine del nostro organismo che hanno una qualche somiglianza con quelle del patogeno, portando quindi a una reazione autoimmune. Alcuni vaccini, come quello dell’epatite B, sono stati accusati di causare malattie neurologiche autoimmuni come la sclerosi multipla. La correlazione col vaccino al momento non sembra esserci, ma c’è comunque chi ha ipotizzato che il mimetismo molecolare possa causare questa eventuale conseguenza.

Un’altra possibilità da tenere in conto è infine il cosiddetto potenziamento dipendente da anticorpi, un effetto paradossale per cui la presenza di anticorpi contro il virus, anche indotti dal vaccino, può in realtà peggiorare la malattia. L’anticorpo in questo caso infatti non inattiva il virus, ma anzi gli permette di entrare nei monociti (un tipo di cellula immunitaria) e di replicarsi. Si tratta di un rischio che sembra poter accadere per la febbre dengue (una malattia tropicale che in alcuni casi può essere fatale), e che era stato paventato anche per la Sars-CoV-2, il virus agente della Covid-19. 

La situazione oggi: i vaccini sicuri

Oggi i dati di sorveglianza post-approvazione ci dicono che i vaccini sono, in media, davvero molto, molto sicuri. Secondo il rapporto Aifa sulla sorveglianza dei vaccini, nel 2018 ci sono state 31 segnalazioni (in gran parte a opera di medici e operatori sanitari, ma con una significativa minoranza di farmacisti e cittadini comuni) ogni 100.000 dosi di vaccino somministrate, di cui la gran parte sono effetti leggeri come febbre e reazioni cutanee. Solo 3 segnalazioni gravi su 100.000 sono state effettivamente correlate alla vaccinazione. Come riporta Aifa, «eventi clinicamente gravi e potenzialmente correlabili si sono verificati raramente, non sono associati all’esito fatale e […] con una frequenza molto più bassa dei rischi associati alle malattie che il vaccino previene». 

Questi numeri dicono quindi che il rapporto costi-benefici è enormemente a favore della vaccinazione. Il vaccino tetravalente contro morbillo, rosolia, parotite e varicella in Italia nel 2018 ha causato 25 reazioni avverse (pressoché tutte leggere) ogni 100.000 dosi; per confronto il solo morbillo, nello stesso anno, causava 1,6 decessi ogni 1.000 casi. 

Una revisione sistematica dei dati di sicurezza dei vaccini usati nella popolazione degli Stati Uniti, pubblicata da Lancet Infectious Diseases nell’aprile 2020, ha dimostrato che molte delle conseguenze negative attribuite alla vaccinazione o accadono estremamente di rado (4 casi di convulsioni febbrili ogni 100.000 bambini vaccinati, e 1-3 casi di sindrome neurologica di Guillain-Barré ogni milione di vaccinati per l’influenza) o non sono in realtà legate ai vaccini. In generale, appena ci sono motivi seri per dubitare della sicurezza del vaccino, come sospetti di effetti negativi gravi o di contaminazione, il vaccino viene ritirato e il rapporto rischi e benefici nuovamente valutato, come abbiamo visto per il caso di AstraZeneca. 

Per confronto, secondo l’Oms i vaccini hanno prevenuto 10 milioni di decessi solo tra 2010 e 2015. Un’analisi del National Center for Immunization and Respiratory Diseases di Atlanta (Usa) ha verificato i benefici sanitari ed economici di nove vaccini nei bambini nati negli Stati Uniti nel 2009. L’analisi stima la prevenzione di 42.000 decessi, 20 milioni di casi di malattia, il risparmio di 13,5 miliardi di dollari di costi diretti e 68,8 miliardi di costi indiretti per la società. 

Ricordiamo poi che molti vaccini proteggono tutta la società, non solo i vaccinati, in quanto, se sono capaci di impedire non solo la malattia ma anche la trasmissione del virus, possono portare la popolazione all’immunità di gruppo senza conseguenze sulla salute pubblica.

European Vaccine Action Plan 2015-2020 – Organizzazione mondiale della sanità

In conclusione

I vaccini sono un intervento medico e come tali non sono privi di possibili rischi. Nel rapporto tra i benefici e i rischi dei vaccini i dati mostrano che i primi sono di gran lunga superiori ai secondi ed è solo grazie ai vaccini che abbiamo completamente debellato una malattia infettiva come il vaiolo e altre, come la poliomielite, stanno scomparendo.

Il passato dei vaccini è stato in alcuni casi accidentato. Ma proprio tenendo in mente queste dolorose lezioni, la comunità medica e scientifica oggi si assicura che i vaccini arrivano al pubblico solo dopo solidi controlli. Gli esaustivi studi clinici che precedono l’approvazione di ogni vaccino, inclusi quelli per la Covid-19, sono la prima garanzia di sicurezza. Ancora più rassicuranti sono poi i dati su quanto accade dopo che il vaccino viene messo in commercio. 

Resta la domanda sul perché, se i vaccini sono così utili e sicuri, vi sia così tanta paura, e perché continuino a essere bersaglio di tanta disinformazione. In entrambi i casi, si tratta di un fenomeno con profonde radici storiche.

Immagine di copertina da Flickr, UNICEF Ethiopia/2010/Gudejko
scattata il 25 febbraio 2010

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