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Non è vero che le mascherine della Regione Piemonte trattate con «zinco piritione» sono «avvelenate»

Non è vero che le mascherine della Regione Piemonte trattate con «zinco piritione» sono «avvelenate»

5 giugno 2020
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Il 5 giugno la redazione di Facta ha ricevuto alcune richieste di chiarimento via WhatsApp che avevano come oggetto un video, presente sia su Facebook che sull’app di messaggistica istantanea, dove si sostiene che la Regione Piemonte e la Protezione Civile avrebbero distribuito alla popolazione delle mascherine avvelenate.

Il filmato è girato in modalità verticale con uno smartphone, ha una durata complessiva di 5 minuti e 14 secondi e ha come protagonista un uomo dai capelli bianchi con indosso una polo azzurra che si inquadra in primo piano e che si presenta con il nome di Roberto Sciutto in conclusione delle riprese (al minuto 04:20). Il contenuto è una denuncia da parte dell’autore nei confronti della Regione Piemonte e dalla Protezione Civile per aver distribuito mascherine per l’emergenza Covid-19 che sarebbero, secondo la sua indagine, «avvelenate» (minuto 01:25). Sulla confezione delle mascherine «c’è scritto tessuto trattato con antibatterico Sanitized TH 22-27» spiega Sciutto che, a supporto della propria tesi, si rifà alla scheda tecnica del composto. Il composto, va avanti il protagonista, conterrebbe zinco piritione e quest’ultimo sarebbe (minuto 01:30) «un veleno», come dimostrerebbero ulteriori schede tecniche che vengono lette nel video. Pertanto Sciutto invita a non utilizzare le mascherine trattate con queste sostanze.

Questa notizia è falsa. Andiamo con ordine.

Il trattamento Sanitized TH 22-27 esiste e viene distribuito dalla company Sanitized, un’azienda svizzera specializzata in prodotti per l’igiene e la sanificazione. È impiegato da molti anni come antimicrobico nel trattamento industriale per prodotti tessili, sia sintetici che naturali come la lana, anche previsti per il contatto diretto con la pelle. Stiamo ad esempio parlando di abbigliamento come biancheria intima, capispalla, abbigliamento da lavoro, abbigliamento sportivo e da esterno, scarpe, ma anche tessili per la casa, come lenzuola e asciugamani. E, sì, anche per igienizzare le mascherine.

Non è un segreto che contenga zinco piritione, un composto impiegato già dagli anni ‘30 e, come documenta l’American Chemical Society (la maggiore società scientifica del mondo in ambito chimico nonché una delle principali fonti di informazioni peer-reviewed), che viene usato anche per l’igiene del corpo: «era originariamente usato come agente antibatterico e antifungino. È ancora usato come antifungino, principalmente come trattamento per la forfora e la dermatite seborroica», si legge sul portale, ed è confermato dalla letteratura scientifica.

Tra i suoi usi odierni consentiti, verifichiamo anche nella banca dati delle sostanze chimiche della National Library of Medicine (gestita dai National Institutes of Health, la prima agenzia del governo degli Stati Uniti in tema di ricerca biomedica), lo ritroviamo – appunto – come additivo contro la proliferazione batterica e antifungina sui tessuti, oltre che (anche qui) come agente antiforfora negli shampoo, nel ruolo di conservante in altri prodotti cosmetici. Insomma: molti degli usi comuni dello zinco piritione prevedono, e non se ne fa mistero, il contatto diretto con l’organismo e anche l’uso topico, consentito per basse concentrazioni di principio attivo.

È probabile che nelle sue considerazioni il protagonista del video abbia preso però a riferimento schede tecniche (come per esempio questa) che tengono in considerazione il prodotto ad alte concentrazioni e destinate dunque a chi manipola il composto a livello farmaceutico e industriale e non all’utente finale dei tessuti o delle mascherine trattate con igienizzanti che lo contengono.

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