Esistono molti falsi miti sulle origini dell’8 marzo - Facta
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Esistono molti falsi miti sulle origini dell’8 marzo

Di Francesca Capoccia

L’8 marzo si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale delle donne. Sull’origine di questa di questa ricorrenza si tramandano ancora oggi credenze che, ad esempio, collegano l’8 marzo a un incendio di una fabbrica tessile di New York dove persero la vita decine di operaie. Oppure a un presunto sciopero indetto da alcune lavoratrici, sempre del settore tessile di New York, nel lontano 1857. 

Tutte le storie che sono arrivate a noi oggi sono un intreccio di eventi reali e falsi miti. Tuttavia ripercorrendo le vicende storiche è possibile dirimere la questione e ricostruire le radici dell’8 marzo e il suo reale significato. 

I falsi miti più comuni
Una delle tesi più comuni vuole che la Giornata internazionale delle donne sia stata istituita per ricordare le vittime del tragico incendio della fabbrica di camicie Triangle di New York. L’incendio, avvenuto il 25 marzo del 1911, fu probabilmente innescato da una sigaretta e causò la morte di 17 operai e 129 operaie, molte delle quali erano giovani immigrate europee. Questo disastro portò poi il legislatore dello Stato di New York a creare la Commissione investigativa sulle fabbriche, che negli anni approvò oltre 20 leggi in materia di sicurezza sul lavoro. A differenza di quanto si crede, però, non è a questo episodio (tra l’altro avvenuto il 25 marzo, e non l’8) che si deve la Giornata internazionale delle donne.

Secondo un’altra teoria, diffusa soprattutto negli Stati Uniti, sia questa giornata che il Women’s History Month, il mese della storia delle donne, si celebrano a marzo per ricordare lo sciopero indetto l’8 marzo 1857 dalle lavoratrici del settore tessile di New York. Esistono diverse versioni, ma in sostanza la storia narra che un gruppo di donne provenienti da diverse fabbriche si sia unito per chiedere migliori condizioni di lavoro e il diritto di voto. In realtà, come fa notare a partire dagli anni ‘70 Françoise Picq, storica e militante femminista francese, non ci sono riferimenti storici che attestino l’avvenimento di questo presunto sciopero. Questo falso mito, spiega Picq, si è diffuso a partire dal 1955, quando giornali francesi come l’Humanité e France Nouvelle menzionarono per la prima volta la protesta dell’8 marzo 1857, che però non risulta essere avvenuta. Tra l’altro, quel giorno cadeva di domenica, una giornata inusuale per indire uno sciopero, sottolinea ancora Picq insieme alla sociologa francese Liliane Kandel

Questo errore di attribuzione viene quindi ricondotto dalle due studiose a una precisa «volontà di separare la Giornata internazionale delle donne dalla sua storia sovietica per darle un’origine più internazionale, più spontanea di una decisione di un Congresso o dell’iniziativa di donne affiliate al Partito». 

Ma per capirne di più di questa storia, è necessario fare un passo indietro. 

Tra la Danimarca, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica
Nel 1910 a Copenaghen si tenne la seconda conferenza internazionale delle donne socialiste, una delle varie riunioni indette da alcune leader socialiste durante il periodo della Seconda Internazionale, un’organizzazione composta da movimenti e partiti operai, socialisti e comunisti operante tra il 1889 e il 1916. Alla riunione parteciparono 100 delegate provenienti da 17 Paesi. Clara Zetkin, socialista e femminista tedesca, invitò «le donne socialiste di tutti i Paesi» a organizzare ogni anno «una Giornata della donna, che serva soprattutto alla lotta per il diritto di voto delle donne». Zetkin e le compagne volevano mobilitare le donne lavoratrici in un contesto diverso dal movimento femminista tradizionale, che a loro avviso trascurava le donne lavoratrici a favore delle borghesi. La socialista tedesca comunque a Copenaghen non parlò né di una data precisa, né del fatto che questa giornata dovesse essere una commemorazione di un qualche evento o sciopero passato. L’unico esempio citato, racconta ancora Françoise Picq, fu quello delle donne socialiste americane, che nel 1909 istituirono un “Woman’s Day” da celebrare l’ultima domenica di febbraio (in quell’anno fu il 23 febbraio) per chiedere la parità di diritti civili.

Tornando alla socialista tedesca Clara Zetkin, la sua proposta fu accettata e messa in pratica. Il 19 marzo del 1911 si celebrò così la Giornata internazionale delle donne in Austria, Germania, Danimarca e Svizzera: a Berlino si tennero contemporaneamente 42 riunioni, e oltre 30mila donne marciarono per le strade di Vienna. In Russia, invece, venne celebrata nel 1913 e di nuovo l’anno successivo.

Ed è proprio ai movimenti socialisti e delle donne russi che la storica Françoise Picq collega la ricorrenza dell’8 marzo. Siamo nel 1917, e in questa giornata (il 23 febbraio nel calendario russo), a San Pietroburgo si svolse uno sciopero delle lavoratrici e una manifestazione di donne contro l’alto costo della vita e per il ritorno degli uomini dal fronte impegnati nei combattimenti della Prima guerra mondiale. «Nel 1917, la Giornata della donna lavoratrice è passata alla storia. Quel giorno le donne russe alzarono la fiaccola della Rivoluzione proletaria e incendiarono il mondo; la Rivoluzione di febbraio fissò il suo inizio in quel giorno», scrisse all’epoca Alexandra Kollontaj, socialista e militante femminista russa. L’8 marzo (ovvero il 23 febbraio) segnò a tutti gli effettu l’avvio della rivoluzione russa, la protesta di operai e soldati che portò all’abdicazione dello zar. E dal 1922 diventò anche la data ufficiale della Giornata internazionale delle donne in Unione Sovietica, nonché la data di riferimento fino ai giorni nostri. Sempre Françoise Picq sottolinea infatti che fino al 1955 «si parlava di Unione Sovietica e di Giornata comunista internazionale delle donne». Da quel momento in poi, come abbiamo già spiegato, i giornali francesi iniziarono a menzionare la presunta protesta dell’8 marzo 1857 a New York, dando vita a un falso mito diffuso ancora oggi.

Una giornata in tutto il mondo
A partire dagli anni ‘70 questa Giornata assume un respiro internazionale e ufficiale. Dopo aver proclamato il 1975 come «l’Anno internazionale della donna», le Nazioni unite  approvarono nel 1977 la Dichiarazione 32/142 per «invitare tutti gli Stati a proclamare, secondo le proprie tradizioni e usanze nazionali e storiche, un giorno dell’anno come Giornata delle Nazioni Unite per i diritti della donna e la pace internazionale». 

Ma, come abbiamo visto, alcuni Paesi, seppur in giornate diverse, celebravano già questa ricorrenza. In Italia, ad esempio, si celebrò per la prima volta il 12 marzo 1922 su iniziativa del Partito Comunista, ma fu bandita nel ventennio successivo dal regime fascista. La giornata poi venne ripristinata l’8 marzo 1945 dal Comitato nazionale dei Gruppi di difesa della donna (GDD), a sostegno della Resistenza, e dall’UDI, l’Unione donne in Italia, che ancora oggi continua a promuovere questa giornata. 

Sempre all’UDI, o meglio a una sua fondatrice, si deve il simbolo della mimosa, fiore che viene regalato alle donne l’8 marzo, una peculiarità tutta italiana. Marisa Rodano, partigiana, comunista e politica italiana, spiega infatti che questa decisione è stata presa nel 1946 durante una riunione del Comitato direttivo dell’UDI dove si discuteva della necessità di scegliere un fiore-simbolo per l’8 marzo. «Rammento che passammo in rassegna diverse possibilità: scartato il garofano, già legato al Primo maggio, esclusi gli anemoni perché troppo costosi, la mimosa sembrava convincente, perché, almeno nei dintorni di Roma, fioriva abbondante e poteva esser raccolta senza costi sulle piante che crescevano selvatiche», racconta Rodano nel libro “Mimosa in fuga”.

Altre narrazioni attribuiscono invece l’idea originale a Teresa Mattei (che in alcuni casi detiene l’esclusiva), Rita Montagnana e Teresa Noce, tutte e tre partigiane comuniste elette nell’Assemblea costituente e che provenivano dall’esperienza nell’UDI. Secondo queste storie, le tre politiche proposero di festeggiare l’8 marzo con la mimosa, ritenuto un fiore economico, che sbocciava alla fine dell’inverno e che era facile da trovare nei campi. Teresa Mattei avrebbe raccontato che «la mimosa era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette. Mi ricordava la lotta sulle montagne e poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente».

Su chi ha avuto l’idea originale si può dunque dibattere. Ma sicuramente questo fiore, diventato simbolo dell’8 marzo in Italia, non ha niente a che vedere con la leggenda metropolitana dell’albero di mimose rimasto intatto dopo l’incendio della fabbrica Triangle di New York. 

Ripercorrendo gli avvenimenti storici è dunque possibile risalire non solo agli episodi reali che hanno ispirato e dato vita alla Giornata internazionale delle donne, ma capire anche il suo significato. Non si tratta di un giorno per onorare le donne e il loro contributo alla società, ma di un giorno di lotta e rivendicazione dei diritti civili e politici. 

Lo hanno ben ribadito le donne italiane negli anni ‘70, quando scesero in piazza (si ricorda l’8 marzo 1972 Campo de’ Fiori a Roma), per chiedere la libertà di gestire il proprio corpo e la propria maternità, la legalizzazione dell’aborto e la liberazione omosessuale. E lo ricordano oggi vari movimenti transfemministi italiani, tra tutti “Non una di meno”, che organizzano mobilitazioni e scioperi nazionali contro un sistema patriarcale della società che non riconosce la piena parità di diritti tra i generi.

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