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Un network internazionale di estrema destra vuole convincerci che “l’uomo bianco” è vittima di un complotto giudiziario nel Regno Unito

Dopo le proteste anti-immagrazioni di agosto nel Regno Unito, una rete ramificata di estrema destra sta puntando a condizionare il dibattito in Rete a proprio favore

16 settembre 2024
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Di Andrea Zitelli

Libertà di parola negata, azioni innocue di protesta politica represse duramente, un doppio standard di giudizio da parte della magistratura. Non è la descrizione della vita quotidiana in qualche regime autoritario, ma la denuncia di quello che starebbe accadendo all’”uomo bianco” nel Regno Unito, secondo svariati post in italiano condivisi e rilanciati sui social media.

La realtà però è differente e niente di tutto questo sta accadendo oltremanica. Si tratta infatti della diffusione di notizie false e fuorvianti da parte di una rete ramificata di estrema destra che punta a condizionare il dibattito in Rete a proprio favore. Vediamo insieme di cosa si tratta.

Storie ingannevoli 
L’ultimo esempio è di pochi giorni fa. In Italia su X è stata pubblicata la notizia che un uomo nel Regno Unito sarebbe stato condannato a due anni di carcere per aver attaccato «un adesivo» contro l’arrivo di persone migranti nel Paese. 

Come abbiamo ricostruito su Facta, l’informazione tuttavia è presentata senza il contesto necessario alla sua comprensione e diffonde una notizia non corrispondente ai fatti. L’uomo in foto si chiama Samuel Melia ed è un attivista di estrema destra. A marzo di quest’anno è stato riconosciuto colpevole dalla Corte della corona di Leeds di due reati: incitamento all’odio razziale tramite la pubblicazione di materiale scritto e incoraggiamento o assistenza intenzionale alla commissione di reati aggravati da motivi razziali. 

Durante il processo è stato dimostrato che tra il 2019 e il 2021 l’uomo aveva affisso in luoghi pubblici adesivi con messaggi razzisti da lui prodotti. Nella sua abitazione sono stati trovati dalla polizia inoltre anche una foto del dittatore nazista Adolf Hitler e manifesti del Terzo Reich. Le indagini hanno anche appurato che Melia gestiva un gruppo Telegram con oltre 3mila iscritti dove postava insulti razzisti nei confronti di persone nere, asiatiche ed ebree. Il giudice che ha emesso la sentenza ha detto che l’uomo nutriva un «interesse ossessivo» per Oswald Mosley, fondatore della British Union of Fascists negli anni ’30, e che stava tentando di «spacciare lo stesso antisemitismo». 

In un altro contenuto social diffuso su TikTok a fine agosto, viene presentata brevemente questa storia: un ragazzo di 18 anni, sempre nel Regno Unito, è stato arrestato «perché sventolava la bandiera inglese vicino ad un centro islamico» e condannato a due anni di reclusione. Anche in questo caso, però, la vicenda è raccontata in modo del tutto fuorviante

Come si può leggere in un articolo della BBC, il giovane in questione, di nome James Martin, l’8 agosto 2024 è stato fermato dalle polizia per disturbo della quiete pubblica dopo aver imprecato e urlato nei pressi di un centro islamico, nel North Yorkshire, mentre le persone all’interno stavano pregando. Il ragazzo stava sventolando la bandiera inglese come parte delle proteste e violenze anti-immigrati, animate dall’estrema destra e alimentate dalla disinformazione xenofoba, scoppiate in diverse parti del Regno Unito in seguito all’accoltellamento mortale di tre bambine avvenuto a Southport a fine luglio per mano di un 17enne nato a Cardiff (nel Galles) da genitori ruandesi,. 

Gli agenti avevano trovato addosso a Martin anche un sacchetto di plastica con dentro dell’accendifuoco. Il giudice Sean Morris, cancelliere di York, che il 22 agosto lo ha condannato a 26 mesi di carcere, ha affermato che quando Martin era stato fermato i social media erano «pieni di appelli estremisti a dare fuoco a luoghi legati all’Islam», e che se Martin avesse appiccato un incendio al centro islamico, «le conseguenze sarebbero potuto essere fatali». Il giovane si è dichiarato colpevole delle accuse di molestie aggravate da motivi razziali o religiosi, di possesso di un oggetto con l’intento di distruggere o danneggiare proprietà e di ostacolo o resistenza a un agente nell’esecuzione del suo dovere.

Secondo poi un altro post rilanciato su X, Ciaran Lockett e Deana Evans, una giovane coppia britannica che aveva partecipato alle stesse proteste anti-immigrazione, sono stati condannati rispettivamente a 32 mesi e a 20 mesi di carcere solamente per aver cantato «vogliamo indietro il nostro Paese». In realtà, spiega un comunicato della polizia, i due sono stati condannati per il loro ruolo attivo nei violenti disordini e scontri con le forze dell’ordine verificatisi nel centro della città di Stoke-on-Trent il 3 agosto scorso. Davanti al giudice Lockett e Evans si sono dichiarati colpevoli e, attraverso il loro avvocato, si sono detti «profondamente pentiti» delle loro azioni.

Una variante di queste storie presentate in maniera ingannevole prevede il confronto tra casi giudiziari con protagonisti persone di pelle bianca e nera. 

In un post su X viene detto che il Regno Unito è ormai «senza speranze» perché a un ragazzo inglese (bianco) sono stati dati 20 mesi di carcere «per un post pubblicato sui social media», mentre un altro ragazzo (nero) ha avuto una condanna di 6 mesi «per aver ucciso un adolescente con un machete». Il post si riferisce ai casi di Jordan Parlour, 28 anni, e a Lawson Natty, all’epoca dei fatti diciottenne. Ed entrambi sono raccontati in maniera imprecisa e fuorviante. 

Parlour in realtà è stato condannato lo scorso 9 agosto a 20 mesi di carcere per l’uso di parole o comportamenti minacciosi, ingiuriosi o offensivi volti a fomentare l’odio razziale. L’uomo, nel contesto delle rivolte anti-immigrazione nel Paese dopo i fatti di Southport, aveva pubblicato commenti online che incoraggiavano le persone a partecipare ad attacchi contro il Britannia Hotel a Leeds, dove erano ospitati richiedenti asilo e rifugiati. Negli stessi giorni, l’hotel in questione era stato effettivamente attaccato più volte da estremisti di destra. L’uomo si è dichiarato colpevole davanti al tribunale di Leeds per aver utilizzato parole minacciose, ingiuriose o insultanti nei suoi post. 

Natty è invece stato incarcerato a marzo 2024 per una condanna a due anni e otto mesi, insieme a Carlos Neto (nove anni e due mesi), per omicidio colposo dopo l’uccisione di Gordon Gault (14 anni), accoltellato a morte con un machete nel novembre 2022 nel contesto di una faida tra bande rivali. Natty aveva fornito l’arma con cui poi Neto aveva colpito più volte Gault. A settembre Natty (quindi dopo aver trascorso 6 mesi in prigione) verrà rilasciato in libertà vigilata come parte del programma di rilascio anticipato a determinate condizioni deciso dal governo in risposta al sovraffollamento delle carceri nel Regno Unito. Come si può vedere, quindi, le storie dei casi giudiziari non corrispondono a quelle citate nel post su X. Sui social sono svariati i post e i meme virali con simili confronti fuorvianti tra casi di cronaca giudiziaria nel Regno Unito con protagonisti cittadini di pelle bianca e nera o immigrati.

La strategia disinformativa 
Non si tratta tuttavia di singoli casi di disinformazione slegati tra loro. Tutti questi contenuti sono costruiti allo stesso modo, con modalità semplici e dirette: poche righe concise, prive di riferimenti politici espliciti e lo screenshot di un articolo (in inglese) della storia in questione, con in primo piano i volti delle persone coinvolte. 

L’obiettivo è quello di viralizzare un messaggio chiaro, utile ad alimentare una precisa strategia propagandistica: quella dell’estrema destra. Gli account in italiano che hanno diffuso queste storie ingannevoli sono infatti costantemente attivi online nel diffondere, oltre a messaggi novax, a propaganda russa e sostegno all’ultra destra tedesca di Alternative für Deutschland (AFD) e a Donald Trump, precise tesi e parole d’ordine che puntano a rappresentare gli immigrati nel loro complesso come cattivi e violenti, invasori non compatibili con i cosiddetti “valori occidentali”. 

Il sottotesto è far credere all’opinione pubblica che “l’uomo bianco” sia ormai sotto attacco e che i suoi diritti e la sua libertà sono in pericolo. Anche piccoli gesti innocui di protesta – come attaccare un singolo adesivo contro l’immigrazione, sventolare una bandiera nazionale fuori da un centro di preghiera islamico e intonare una slogan “patriottico” nel corso di una manifestazione – non sarebbero più tollerati dal “potere” gestito da élite globaliste e progressiste. Quindi, anche se non formalmente, i cittadini (bianchi) di un Paese in Occidente stanno vivendo in una dittatura di fatto. 

Ad esempio i post in cui vengono confrontati in maniera fuorviante casi giudiziari rientra in un precisa narrativa, diffusa dall’estrema destra britannica, che porta avanti la tesi infondata secondo cui, dopo le rivolte anti-immigrazione di agosto, i manifestanti bianchi sarebbero vittime di un sistema di “polizia a due livelli” (two-tier policing) che li tratta più duramente rispetto alle minoranze etniche a causa del colore della loro pelle e delle loro opinioni politiche. Neil Basu, ex capo dell’antiterrorismo britannico, ha definito questo falso mito una «retorica molto pericolosa». 

Il richiamo di tutti questi contenuti social ingannevoli non a caso è alla cosiddetta “grande sostituzione etnica”, una vecchia teoria del complotto razzista che trae le sue origini dagli ambienti dell’estrema destra suprematista, arrivata fino ai giorni nostri in modo non innocuo. 

Come ha scritto infatti su Facta Simone Fontana, giornalista esperto di queste tematiche, «tra il 2018 e il 2022, sono state ben quattro le stragi avvenute nel mondo e apertamente giustificate con la paura della sostituzione etnica, che hanno prodotto in totale 95 vittime. La più grave tra queste è quella avvenuta nel 2019 a Christchurch, in Nuova Zelanda, dove un uomo ha colpito a morte 51 persone pochi minuti dopo aver pubblicato sul web un manifesto di 240 pagine intitolato “The Great Replacement”, che conteneva invettive contro il calo dei tassi di natalità in Occidente, il “genocidio dei bianchi” e le politiche migratorie considerate dannose per le persone di origine europea».  

Una ramificazione internazionale di disinformazione e propaganda 
Questo tipo di disinformazione, utilizzata per veicolare simili narrazioni propagandistiche, non è un’esclusiva italiana. I profili nostrani che hanno rilanciato questi contenuti hanno infatti ripreso i post in inglese di altri utenti/attivisti politici, con centinaia di migliaia di follower e milioni di visualizzazioni.  

Ad esempio, Jordan Parlour – l’uomo condannato a 20 mesi di carcere per aver istigato sui social media le persone ad attaccare un hotel che ospitava più di 200 migranti – è stato presentato da RadioGenoa a metà agosto come la vittima di un sistema giudiziario che ha represso la sua libertà di parola. Si tratta di un account di estrema destra, con quasi 1 milione di follower che, come abbiamo ricostruito in diverse analisi, condivide contenuti che rappresentano persone nere, migranti, musulmani o persone della comunità LGBTQ+ come un pericolo per la società. I video diffusi, che molte volte mostrano scene di violenza, vengono pubblicati senza un contesto preciso e dettagliato, spesso con informazioni fuorvianti o false.

La falsa storia del ragazzo condannato a più di due anni di carcere per aver sventolato la bandiera del Regno Unito durante una protesta contro l’immigrazione è stata diffusa su X il 23 agosto da Carl Benjamin, commentatore politico britannico di destra ed ex membro del partito euroscettico UK Independence Party (UKIP), con un canale YouTube con quasi 900mila iscritti e un account su X con più di 433mila follower. Il tweet di Benjamin ha raggiunto ad oggi 2 milioni di visualizzazioni.

La notizia di Deana Evans, la donna condannata, secondo questa retorica ingannevole, solo per aver intonato cori anti-immigrati è stata postata a fine agosto da Peter Sweden, commentatore politico svedese con un account da 755mila follower, che uno studio dell’Università di Oslo sull’uso propagandistico di X descrive come appartenente all’estrema destra svedese..

Il tweet ha avuto una grandissima visibilità anche grazie alla condivisione di Elon Musk, proprietario di X e divenuto, negli ultimi mesi, megafono dell’estrema destra globale, arrivando ad oggi a oltre 40 milioni di visualizzazioni. 

Il quadro che si presenta è quello di una grande ramificazione internazionale di estrema destra, che agisce sui social media e che si autoalimenta. A comporla sono attivisti digitali che traducono nelle rispettive lingue contenuti di altri “grandi” influencer della stessa area politica e rilanciano nei propri Paesi notizie fuorvianti e ingannevoli utili, penetrando viralmente nel dibattito pubblico in più parti del mondo. 

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