Nella puntata del 28 febbraio 2023 della trasmissione di Rete4 Fuori dal Coro, condotta dal giornalista Mario Giordano, è andato in onda un servizio intitolato “I laboratori del mistero: i virus più pericolosi anche in Italia” (disponibile a partire dal minuto 01:08:15).
In questo servizio la giornalista Raffaella Regoli afferma di essere riuscita a entrare all’interno dell’Area Science park di Trieste, in cui sono presenti diverse infrastrutture di ricerca e laboratori. Il centro di ricerca sarebbe simile «al laboratorio di Wuhan».
All’interno dell’area ci sarebbe un «laboratorio ad alto rischio dove si manipolano virus potenzialmente mortali». In particolare Regoli fa riferimento all’International centre for genetic engineering and biotechnology (Icgeb), uno dei laboratori che si trovano, appunto, all’interno dell’Area science park.
Secondo quanto riportato dalla giornalista, Icgeb starebbe costruendo, con finanziamenti governativi italiani, un «laboratorio P4» simile a quello di Wuhan, in Cina, da cui secondo alcune narrazioni sarebbe fuoriuscito il coronavirus.
Ad oggi non ci sono prove certe sull’origine del virus Sars-CoV-2, ma la maggior parte degli scienziati sospetta che si sia trattato di un salto di specie (o “spillover zootecnico”) in cui il virus si è trasferito dai pipistrelli agli esseri umani, direttamente o attraverso un animale intermedio. Non è stato, però, ancora identificato un animale ospite specifico. Specialmente nelle ultime settimane ha acquistato un poco di credito l’ipotesi che si sia trattato di una fuga accidentale dal laboratorio. Una prova conclusiva sull’origine del nuovo coronavirus Sars-CoV-2, ad ogni modo, non è stata ancora prodotta.
Nel febbraio 2023 il direttore del Federal Bureau of Investigation (Fbi) Christopher Wray ha dichiarato che secondo l’agenzia il coronavirus ha avuto probabilmente origine in un laboratorio controllato dal governo cinese, ma questa ipotesi è stata respinta dal governo cinese e la Casa Bianca ha affermato che non si tratta di un’ipotesi definitiva. Restano, quindi, ancora dubbi rispetto all’origine della pandemia, e non si può ancora affermare con certezza che il virus Sars-CoV-2 sia fuoriuscito da un laboratorio cinese.
Ma cosa sappiamo sulle informazioni riportate dal servizio andato in onda su Rete4? Il 3 marzo 2023 l’Icgeb ha pubblicato un comunicato stampa che aiuta a fare luce su come stiano le cose, anche se rimane necessaria una verifica indipendente.
Che cos’è l’Icgeb
Prima di tutto è importante precisare qual è la natura dell’Icgeb, il laboratorio preso di mira nel servizio mandato in onda su Rete4.
Come spiegato dallo stesso ente, l’Icgeb è nato nel 1983 come progetto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (Unido) e nel 1994 è diventato un’organizzazione internazionale autonoma. La sede italiana si trova dal 1987 nel parco scientifico e tecnologico di Area Science Park a Trieste. L’Icgeb ha altre due sedi, una a Nuova Delhi, in India e un’altra a Città del Capo, in Sudafrica, e quaranta laboratori affiliati nel mondo.
Si tratta di un’organizzazione internazionale intergovernativa finanziata dai governi di 66 Paesi tra cui l’Italia, che contribuisce all’organizzazione con un finanziamento annuale a carico del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Lo scopo dell’organizzazione è lo studio delle biotecnologie, nonché la promozione dello sviluppo internazionale e della diplomazia scientifica. L’Italia ha sottoscritto tale mandato con la legge numero 103 del 15 marzo 1986.
Oltre al supporto fornito dai Paesi membri, che rappresenta il 65 per cento del suo bilancio, l’Icgeb ottiene anche finanziamenti per progetti specifici da enti privati.
L’Icgeb non è un luogo chiuso e inaccessibile
Secondo quanto descritto da Raffaella Regoli nel servizio per Fuori dal Coro, l’Icgeb sarebbe un luogo inaccessibile, in cui «nessun funzionario può entrare senza chiedere il permesso» (qui al minuto 01:09:10).
Come precisato dallo stesso Icgeb, invece, l’organizzazione si trova all’interno del parco scientifico di Area Science Park il cui sito è accessibile a chiunque e ospita periodicamente giornate di apertura dei laboratori al pubblico, così come visite istituzionali.
Lo stesso Icgeb accoglie regolarmente visite di ospiti scientifici e istituzionali, di scolaresche e della stampa. Una comunicazione diffusa a gennaio 2023 da un istituto di istruzione secondaria superiore di Gorizia conferma, ad esempio, che le visite organizzate all’Icgeb sono aperte al pubblico.
Laboratori di biosicurezza: che cosa succede a Trieste
Più volte nel servizio di Regoli si sentono nominare i cosiddetti «biolaboratori» Bsl3 e Bsl4 come se fossero dei luoghi molto pericolosi in cui si progettano armi batteriologiche. Ma di cosa si tratta?
Con le sigle Bsl si indica il livello di biosicurezza di un laboratorio, cioè l’insieme di strutture e sistemi di gestione che si adottano per contenere in un ambiente chiuso agenti biologici pericolosi, come ad esempio virus e batteri patogeni, in modo da evitare che possano fuoriuscire e contagiare persone o animali. Attualmente si considerano quattro diversi livelli di biosicurezza, indicati con le sigle Bsl o Pcl seguite da un numero. Più è alto il numero, più stringenti sono le misure di contenimento adottate, e quindi maggiore è la pericolosità degli agenti biologici che possono essere lavorati.
Anche in questo caso l’Icgeb ha fatto chiarezza rispetto a quanto riportato nel servizio di Fuori dal Coro. Secondo quanto riportato sul sito ufficiale dell’organizzazione infatti, da oltre vent’anni l’Icgeb «gestisce un laboratorio di Biosicurezza di Livello 3 (Bsl3), progettato in conformità alle linee guida del Ministero della Salute italiano, che è stato in prima linea negli studi su Sars-CoV-2 in contrasto alla pandemia da Covid 19».
Inoltre, Icgeb ha aggiunto che, contrariamente a quanto affermato dalla giornalista di Rete4, non è previsto alcuno sviluppo di un laboratorio Bsl4 né all’interno dell’Area Science Park né dell’Icgeb.
I biolaboratori in Ucraina
Nel servizio televisivo, in più occasioni la giornalista Regoli rimanda al fatto che attraverso la costruzione di «biolaboratori» si sta facendo dell’Italia «un’altra Ucraina», riferendosi alla teoria infondata secondo cui in Ucraina esisterebbe una rete di laboratori segreti finanziati dagli Stati Uniti. In questi luoghi si starebbero progettando armi chimiche e batteriologiche da usare contro la Russia, o addirittura si starebbe architettando una nuova pandemia globale.
In realtà, come avevamo già spiegato su Facta.news, si tratta di una teoria priva di fondamento. Infatti l’esistenza di «laboratori biomilitari» nel Paese e gestiti dagli Stati Uniti è stata ufficialmente smentita più volte dalle Nazioni Unite.
In Ucraina esistono invece strutture di ricerca possedute e finanziate dal governo che dal 2005 sono parte di un trattato firmato tra Stati Uniti e il governo di Kiev per «ridurre al minimo le potenziali minacce biologiche». Il trattato è inserito in uno sforzo più ampio finalizzato a ridurre la minaccia delle armi di distruzione di massa esistenti e permette ai laboratori ucraini di ricevere supporto dagli Stati Uniti. Al loro interno vengono condotte ricerche su agenti patogeni con l’obiettivo dichiarato di «ridurre la proliferazione di minacce biologiche e aiutare a ridurre il rischio di pandemie frutto di malattie impattanti come la Covid-19».
In conclusione
Non è stato possibile verificare in maniera indipendente quanto dichiarato dall’Icgeb nel comunicato stampa con cui ha chiarito alcuni dei punti toccati nel servizio mandato in onda su Rete4 dalla trasmissione Fuori dal Coro. Nonostante questo, però, è stato possibile fare chiarezza su quale sia la natura ufficiale di questo laboratorio e su alcuni particolari riportati dall’autrice del servizio che appaiono scorretti, come la chiusura al pubblico della struttura.