Una delle credenze più diffuse sulle vacanze di Natale è che in questo periodo aumenti il numero di suicidi. La logica che sta dietro a questo presunto trend è che le feste, per le persone più fragili, sole o con alcune patologie come la depressione, aumentino la sensazione di solitudine e i festeggiamenti aggiungano una pressione troppo pesante da sopportare e gestire. C’è solo un problema con queste storie: nei dati reali sui suicidi non esiste una tendenza stagionale di questo tipo.
L’Annenberg Public Policy Center, un centro studi dell’Università della Pennsylvania, ha monitorato per oltre due decenni il modo in cui le organizzazioni giornalistiche collegano erroneamente le festività di fine anno con i suicidi, perpetuando questo falso mito. Ma come dimostrano i dati raccolti negli Stati Uniti, i mesi delle vacanze di Natale hanno di solito tassi medi di suicidio giornalieri bassi, e dicembre tocca la quota più bassa di tutti. Sempre lo stesso centro di studi ha evidenziato che la credenza dell’aumento dei suicidi nel periodo natalizio è così diffusa che il 40 per cento delle storie pubblicate dai media sul suicidio durante la stagione delle vacanze 2022-2023 riportava questa affermazione.
Anche secondo quanto riportato dai Centres for Disease Control and Prevention (CDC) si tratta di una leggenda senza alcun fondamento in quanto, contrariamente alla credenza popolare, il numero di suicidi non aumenta durante le festività natalizie e nemmeno durante i mesi invernali. Infatti, dopo aver raccolto ed esaminato i numeri dei suicidi mese per mese durante gli anni dal 1999 al 2010, dicembre si è classificato come l’ultimo o il penultimo mese per numero di suicidi in tutti i 12 anni. I suicidi erano, invece, più numerosi durante la tarda primavera e i mesi estivi di maggio, giugno, luglio e agosto. Questo è vero principalmente per il nostro emisfero, ma anche in quello australe i suicidi tendono a essere più frequenti in primavera.
Come hanno spiegato gli psichiatri Gene Beresin e Steven Schlozman, infatti, l’inverno favorisce in molti casi quella che chiamano “ibernazione emotiva”, in cui le persone si chiudono in casa, guardano la televisione e dormono di più, interagendo meno con gli altri quando le giornate sono fredde e cupe. La pressione dell’interazione sociale, invece, aumenta drasticamente con la stagione primaverile, in cui il clima si scalda e si esce di più di casa e tutto questo costringe a un livello di impegno sociale che per molti può essere fonte di notevole stress.
Dan Romer, direttore della ricerca presso l’Anneberg Public Policy Center, ha evidenziato come alcuni elementi culturali possano aver contribuito a creare queste false convinzioni. Il primo è sicuramente la presenza costante di questa notizia sui media, ma anche la popolarità dei film natalizi che spingono gli spettatori a immaginare come sarebbe il mondo se non fossero mai esistiti – come “La vita è meravigliosa” e le mille versioni in chiave pop de “Il canto di Natale” di Charles Dickens – che possono indurre le persone a credere che si tratti di un esercizio di riflessione necessario durante questo periodo dell’anno. In realtà, le festività natalizie non hanno alcun legame con l’aumento dei tassi di suicidio e potrebbero addirittura svolgere un ruolo protettivo.
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