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No, i tamponi non introducono nel nostro corpo una sostanza cancerogena

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26 marzo 2021
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Il 26 marzo 2021 la redazione di Facta ha ricevuto la notizia di verificare un video inviatoci via WhatsApp. Non siamo stati in grado di identificare l’autore e la fonte originale. La versione più lontana nel tempo che siamo riusciti a identificare è stata pubblicata dal canale FreeSpeechWarrior sulla piattaforma video BitChute alle 02:12 del mattino (ora italiana) del 25 marzo 2021. Il video mostra un uomo di mezza età con occhiali scuri che parla in lingua inglese all’interno della propria automobile e mostra una scatola di un «Covid-19 Self-Test Kit» distribuito dal National Health Service, il servizio sanitario inglese. Sulla scatola l’uomo indica il simbolo «Sterile Eo» che appare poi sovraimpresso in evidenza nel video. La persona nel video deduce, da una ricerca su Google che mostra sul proprio smartphone, che i tamponi conterrebbero ossido di etilene, una sostanza altamente tossica e cancerogena che verrebbe somministrata all’organismo, provocando tumori e malattie in chi si sottopone al tampone nasofaringeo per diagnosticare l’infezione da nuovo coronavirus.

Si tratta di una notizia falsa. I tamponi sono sterilizzati con ossido di etilene, ma la sostanza non è presente nei tamponi finiti.

Innanzitutto è vero che «Sterile Eo» è il simbolo Iso per indicare che un dispositivo medico è stato sterilizzato usando ossido di etilene. L’ossido di etilene è una sostanza chimica che viene usata regolarmente per la sterilizzazione di dispositivi medici, spesso come unico mezzo di sterilizzazione efficace che non danneggia i materiali del dispositivo. Tra questi dispositivi ci sono anche i tamponi nasofaringei per la diagnosi di infezione da Sars-CoV-2, come è apertamente documentato dai produttori: lo si vede nel video, ma anche, ad esempio, qui e qui.

È poi vero che l’ossido di etilene di per sé è una sostanza estremamente tossica. Le procedure di sterilizzazione però tengono ampiamente conto di questo potenziale problema e l’ossido di etilene viene quindi rimosso, normalmente tramite aerazione per 8-12 ore a 50-60 °C.  Sui prodotti in commercio vi sono numerosi controlli da parte delle agenzie per sincerarsi che non rimangano residui di ossido di etilene sul dispositivo. In particolare l’Agenzia europea per i farmaci (Ema) ha stabilito delle linee guida stringenti sui livelli residui di ossido di etilene. Nello specifico, i tamponi per le analisi del Dna tramite Pcr (assimilabili quindi ai tamponi molecolari per Sars-CoV-2) non contengono tracce rilevabili di ossido di etilene, secondo uno studio del 2017.

In conclusione, nei tamponi finiti non rimane nessuna traccia significativa di ossido di etilene. È una procedura di sterilizzazione molto comune per i dispositivi medici, che ne garantisce la sicurezza. Proprio per la potenziale pericolosità della sostanza, l’ossido di etilene viene accuratamente rimosso dai dispositivi e il livello residuo è sottoposto a rigorosa regolamentazione.

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