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Perché abbiamo usato i vaccini a mRna contro la Covid-19

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17 dicembre 2020
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La corsa ai vaccini per la Covid-19 è stata, come abbiamo raccontato, molto rapida rispetto ai tempi cui la comunità scientifica era abituata: in meno di un anno siamo passati dal contatto con un patogeno prima sconosciuto a un vaccino approvato in Europa e negli Stati Uniti.

Il vaccino Pfizer-BioNTech, insieme ad altri candidati in dirittura d’arrivo come il vaccino Moderna, non è solo stato sviluppato con una rapidità mai vista. È anche il primo vaccino approvato per l’uso che si basa sulla tecnologia “a Rna messaggero”, o mRna.

Come mai la gara è stata vinta proprio da una tecnologia nuova? Quali sono i vantaggi? Ci sono dei rischi? Ecco che cosa ci dice la scienza.

Che cos’è l’mRna

Per capire che cosa sia un vaccino a mRna bisogna fare un passo indietro e concentrarsi sull’acido ribonucleico o Rna e, in particolare, l’mRna.

Tutti conosciamo il Dna ma il suo fratello Rna, chimicamente molto simile ma meno famoso, è altrettanto importante. Il Dna ha la funzione di conservare l’informazione genetica dell’organismo: possiamo immaginarlo come un grosso manuale che contiene le istruzioni per costruire e far funzionare le nostre cellule e, quindi, il nostro corpo. Del nostro genoma abbiamo però solo due copie per ciascuna cellula, una ereditata dalla madre e una dal padre. Le varie funzioni della cellula non possono quindi riferirsi direttamente alle istruzioni del Dna: è come se migliaia di persone volessero consultare continuamente le uniche due copie di un libro in una biblioteca. L’mRna è la soluzione a questo problema.

Come il Dna, l’Rna codifica le informazioni tramite una sequenza di  “lettere” (unità chimiche dette nucleotidi) disposte una dietro l’altra, come i caratteri alfabetici di una frase.

I singoli geni codificati nel Dna, nel momento in cui servono, vengono ricopiati (in gergo si dice trascritti) da un enzima in molte copie di molecole di Rna dette Rna messaggero o mRna (per distinguerlo da altre molecole di Rna che hanno altri scopi). È come se, a quelle persone nella biblioteca, venissero distribuite migliaia di fotocopie delle istruzioni contenute nel manuale. L’mRna si chiama messaggero appunto perché trasmette il messaggio del Dna al resto della cellula. Queste copie vengono poi interpretate dalla cellula per costruire proteine. Sono infatti poi le proteine le molecole che nel nostro corpo si occupano di gran parte delle funzioni.

L’Rna è leggermente diverso dal Dna: le sue unità fondamentali contengono un atomo di ossigeno e uno di idrogeno in più, e tanto basta per renderlo più fragile (gli appassionati di chimica organica trovano qui una spiegazione). Tende quindi a disgregarsi rapidamente.

Si tratta di una qualità, non di un difetto. Se il Dna è estremamente prezioso, il mRna è invece usa-e-getta: una volta compiuto il suo dovere può venire distrutto da enzimi noti come endonucleasi e i suoi “pezzi” riutilizzati. Se una cellula decide di non aver più bisogno di produrre una certa proteina, basta smettere di copiare il gene in molecole di mRna. La fragilità del Rna permette quindi alle cellule di reagire in modo flessibile e rapido.

Perché usare il mRna per un vaccino?

E veniamo quindi al nostro vaccino. Lo scopo di un vaccino è istruire il sistema immunitario a riconoscere un agente patogeno, come un virus. Per fare questo di norma viene somministrato o il virus intero – inattivato con metodi chimici, o una variante incapace di causare la malattia – o frammenti di esso.

Il vaccino a mRna, invece di introdurre direttamente il virus o i suoi frammenti, immette nel nostro organismo un mRna con le istruzioni per costruire una proteina del virus. Il mRna viene catturato e tradotto in proteine come un qualunque altro mRna. Il vaccino induce quindi il nostro organismo a creare, per un breve periodo di tempo, le proteine del virus, che il nostro sistema immunitario imparerà poi a riconoscere.

Il vaccino a mRna è quindi, innanzitutto, più sicuro. Non contiene infatti il patogeno, ma solo le istruzioni per costruire una parte, di per sé non pericolosa, del patogeno. Come abbiamo già spiegato, l’attenuazione o l’inattivazione dei virus per i vaccini, se eseguita scorrettamente, può portare rischi concreti, anche se molto rari. I virus a mRna non hanno invece questo problema. L’mRna del vaccino inoltre è temporaneo: come gli altri mRna viene infine degradato dalla cellula stessa.

Un altro grosso vantaggio della tecnologia a mRna è che permette di produrre il vaccino in modo rapido ed economico. L’Rna è facile da sintetizzare in poco tempo su larga scala, una caratteristica essenziale qualora si debba contrastare velocemente una pandemia come in questo caso. Inoltre gli impianti che producono il vaccino non devono produrre o manipolare alcun virus, come accade per i vaccini che usano virus inattivo o attenuato, ma solo sintetizzare una sequenza di mRna.

La produzione industriale del vaccino quindi è più semplice e sicura, evitando rischi di contaminazione o incidenti con rilascio di patogeni pericolosi. Uno stesso impianto biochimico può produrre facilmente, se necessario, molti vaccini diversi o generare immediatamente varianti dello stesso vaccino, in quanto la tecnologia è identica: cambia solo la sequenza del mRna da produrre, non diversamente da come una stamperia può stampare libri con qualsiasi contenuto. Lasciando che siano le cellule del nostro organismo a produrre temporaneamente le proteine che ci interessano, è possibile anche creare vaccini altrimenti difficili da produrre in laboratorio o su scala industriale.

Un difetto logistico dei vaccini a mRna è la loro scarsa stabilità: l’Rna, come abbiamo visto, è una molecola fragile. Per questo molti vaccini a mRna devono essere conservati a bassissima temperatura, come il vaccino Pfizer-BioNTech che richiede di essere tenuto  a 70 gradi sotto zero, anche se sono in sviluppo alcune tecnologie che permettono di mitigare questo requisito. Il vaccino Moderna, per esempio, può conservarsi a 20 gradi sotto zero e il tedesco CureVac dovrebbe essere stabile per ben tre mesi a 5 gradi, la temperatura di un normale frigorifero.

Rischi reali e teorie del complotto

I vaccini a mRna sono una tecnologia relativamente nuova. Il vaccino Pfizer-BioNTech è in assoluto il primo vaccino a mRna della storia, per qualunque patologia, che ha superato tutti gli studi clinici ed è arrivato al pubblico.

Affrontando la Covid-19, i vaccini a Rna sono potuti partire in anticipo rispetto a quelli basati su altre tecniche perché per produrre l’mRna è sufficiente avere la sequenza genetica del virus, che è stata pubblicata già il 10 gennaio 2020: un vantaggio di mesi su strategie più tradizionali, se non di anni.

Anche se innovativa, non sono una tecnologia sconosciuta: il principio alla base del loro funzionamento risale al 1989 e il primo studio su animali di vaccini a mRna è del 2012. Nel 2017 erano già in corso quattro studi clinici di fase I e II su vaccini a mRna contro malattie virali. L’enorme quantità di risorse scientifiche ed economiche messe in gioco contro la pandemia sono state la spinta finale per la maturazione di questa tecnica che non era garantito funzionasse, ma così è successo.

Tra i potenziali svantaggi dei vaccini a mRna c’erano possibili effetti tossici nonché reazioni infiammatorie. Alla prova degli studi clinici però i vaccini a mRna si sono rivelati sicuri. Gli effetti collaterali tendono a essere miti, come per gli altri vaccini: febbre, mal di testa e brividi, anche se alcuni studi clinici avevano suggerito un possibile rischio di malattie autoimmuni. In uno studio clinico del 2017 su un vaccino antirabbico a mRna c’è stato un caso di paralisi di Bell.

Di quest’ultima, una condizione non grave che di solito si risolve da sola, ci sono stati quattro casi anche durante i test clinici del vaccino Pfizer, ma per ora non ci sono prove che sia un effetto dovuto al vaccino. In generale, i test clinici sui vaccini a mRna contro la Covid-19 hanno finora mostrato che sono molto sicuri, nonostante i tempi più rapidi di sviluppo e approvazione.

I vaccini a mRna sono invece bersaglio di una teoria pseudoscientifica tutta per loro, secondo cui sarebbero una forma di «terapia genica» capaci di modificare geneticamente le persone, come hanno dichiarato tra gli altri la deputata Sara Cunial e la direttrice del laboratorio di Microbiologia Clinica dell’Ospedale Sacco di Milano, Maria Rita Gismondo. Altri esempi circolati in Italia che ci sono stati segnalati sono qui e qui; si tratta di una notizia del tutto falsa.

Come hanno spiegato, per esempio, gli esperti consultati dai nostri colleghi di Reuters e Associated Press, il mRna non è capace di per sé di modificare il genoma. L’informazione genetica del mRna infatti viene usata per codificare le proteine virali che ci immunizzano, ma non va mai a toccare il Dna: lo scopo naturale del mRna è proprio quello di portare informazione genetica pronta per l’uso senza dover “scomodare” il Dna. Il mRna viene poi, come abbiamo visto, degradato rapidamente e la cellula dimentica, quindi, le istruzioni ricevute.

Benché esista la possibilità teorica che il mRna possa essere accidentalmente copiato in una molecola di Dna e integrato nella cellula, si tratta di un’eventualità descritta dagli scienziati come «estremamente improbabile». Il fatto che il mRna non possa praticamente mai integrarsi nel genoma, né tantomeno modificarlo, è considerato anzi uno dei vantaggi di sicurezza di questa tecnologia.

In conclusione

I vaccini a mRna sono una tecnologia innovativa ma già in sviluppo da tempo e su cui erano già stati fatti numerosi esperimenti e studi clinici. I motivi che negli anni hanno incentivato lo sviluppo di questa tecnologia sono la maggiore sicurezza, la flessibilità e la facilità di produzione su larga scala di vaccini rispetto a tecnologie più tradizionali. Si tratta quindi di una soluzione adatta alla risposta rapida, massiccia e flessibile, necessaria contro una crisi come l’attuale pandemia da Covid-19.

Nessun intervento biomedico, come sappiamo, è completamente privo di rischi, ma i vaccini a mRna non sembrano più rischiosi di altri. Le teorie – di cui ultimamente si è sentito spesso parlare – secondo cui i vaccini a mRna ci trasformerebbero in Ogm non hanno alcun fondamento scientifico.

Credits immagine di copertina: stefanoboeriarchitetti.net

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