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Sì, in Cina hanno iniziato ad usare tamponi anali per il Sars-CoV-2

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29 gennaio 2021
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Il 28 gennaio 2021 la redazione di Facta ha ricevuto via social network diverse segnalazioni della notizia (pubblicata per esempio qui e qui) secondo cui la Cina avrebbe iniziato a praticare tamponi anali su persone considerate «ad alto rischio di contrarre la Covid-19».

Si tratta di una notizia vera.

L’uso di questi tamponi è stato annunciato il 20 gennaio 2021 in una conferenza stampa dell’amministrazione di Pechino. Secondo la conferenza stampa – che Facta ha verificato con l’aiuto di madrelingua cinesi– tutti gli studenti e il personale di una scuola di Pechino in cui, il 18 gennaio 2021, è stato identificato un caso di Covid-19, sono stati messi in quarantena e testati con tampone nasofaringeo, orofaringeo e anale.

In un altro video originariamente trasmesso il 23 gennaio 2021 dall’emittente di stato cinese (e che abbiamo verificato, anche in questo caso, con l’aiuto di madrelingua), il vicedirettore dell’unità di malattie infettive dell’ospedale You’An di Pechino, Li Tongzeng, ha spiegato che, secondo alcuni studi i tamponi nasali e orali potrebbero risultare dei falsi negativi in persone asintomatiche o con sintomi leggeri. I tamponi anali sarebbero più precisi perché il virus permane nel sistema digerente più a lungo.

Li Tongzeng ha aggiunto inoltre che non si tratta di un metodo applicato su «vasta scala» (come invece scrive in Italia Leggo riportando la notizia in un articolo del 27 gennaio 2021). Sono tamponi fatti su pazienti specifici a rischio o già positivi, non per attività di screening di massa, ma per motivi pratici. Secondo Li Tongzeng sarebbe importante evitare, in questi casi, il rischio di falsi negativi anche a causa delle varianti più infettive del virus come la B.1.1.7 scoperta nel Regno Unito (di cui avevamo parlato qui).

Esistono effettivamente alcuni rapporti sull’uso dei tamponi anali nella diagnosi di infezione da Sars-CoV-2 che concordano con quanto affermato alla televisione di stato cinese. Secondo una rassegna della letteratura medica pubblicata dalla Scuola di Medicina dell’Università di Nairobi il 13 maggio 2020, in diversi casi i pazienti Covid-19 che non risultavano più positivi al tampone nasofaringeo erano però positivi ai tamponi anali. In un caso, descritto dai medici del Drum Tower Hospital di Nanchino (Cina) in una comunicazione scientifica pubblicata il 16 maggio 2020, un paziente asintomatico è risultato ripetutamente negativo ai tamponi nasofaringei, ma positivo a quelli anali.

Secondo un’altra rassegna delle conoscenze scientifiche sulla persistenza del virus Sars-CoV-2 in pazienti convalescenti da Covid-19, pubblicata nell’agosto 2020 da ricercatori dell’Università del Jilin (Cina), non è però chiaro se un tampone anale positivo significhi automaticamente che nel tratto gastrointestinale rimanga una quantità di virus tale da contagiare. La carica virale in questi campioni infatti risulta bassa e non è stato finora possibile isolare, da questi, virus infettivo. Lo stesso articolo accademico avverte che al momento non è neanche sicuro che questi pazienti non siano contagiosi, e che quindi bisogna porre attenzione e «prendere le opportune misure di prevenzione».

Inoltre, anche se è vero che i tamponi anali sono capaci a volte di identificare il virus Sars-CoV-2 in pazienti negativi ai tamponi nasofaringei, non sono in media più sensibili di questi ultimi: uno studio pubblicato il 7 gennaio 2021 da medici e ricercatori di vari ospedali cinesi, e che ha confrontato l’accuratezza dei campioni presi da varie parti o fluidi corporei, mostra che in generale il classico tampone nasofaringeo è capace di reperire il virus molto più spesso del tampone anale o di altri tipi di campioni.

In conclusione, è vero che la Cina ha introdotto l’uso dei tamponi anali per assicurarsi di identificare il virus anche in soggetti asintomatici o scarsamente sintomatici nei quali, come sembra suggerito dalla letteratura medico-scientifica, a volte il tampone nasofaringeo non identifica con sicurezza la presenza di Sars-CoV-2. Non è però un metodo utilizzato per lo screening di massa.

Ringraziamo la dottoressa Ruiyao ‘Marika’ Cai (Università di Stanford) per l’assistenza con i video in lingua cinese.

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