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L’ascesa del diplomatico “lupo-guerriero”: come la Cina racconta, e si racconta, l’epidemia

[…]

6 aprile 2020
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«Non abbiamo né l’interesse né il tempo per
lanciare qualche spregevole “campagna di disinformazione”»; nel pomeriggio del
31 marzo, lo sguardo fisso verso i giornalisti presenti nell’asettica sala
conferenze del Ministero degli Esteri di Pechino, la portavoce Hua Chunying
respinge le accuse al mittente. Da alcuni giorni numerosi media stranieri
stanno pubblicando articoli e inchieste su una strategia globale della propaganda
cinese, articolata attraverso social media, account più o meno istituzionali e
testate vicine al Partito, che punterebbe da un lato ad
accreditare la Cina come potenza benefica
, capace di inviare aiuti medici
in giro per il mondo durante la crisi, e dall’altro a seminare dubbi sulle
origini della pandemia.

Adesso il Partito comunista cinese –
attraverso la versione di Hua – ha deciso di passare al contrattacco: «Dopo la
diffusione del contagio la Cina ha ingaggiato una corsa contro il tempo per
combattere contro il virus e contenerlo», incalza la portavoce. «Proprio mentre
parliamo, ci sono aziende cinesi che stanno lavorando notte e giorno per
produrre forniture mediche e rafforzare le difese di altre nazioni. Vedete,
l’epidemia è una specie di specchio magico che mostra la moralità e il
carattere di una persona o di una nazione in tutti i suoi aspetti, e adesso,
dopo così tante settimane, in molti negli Stati Uniti sostengono che la Cina
dovrebbe essere ritenuta responsabile del Covid-19: non provano vergogna?
Stanno cercando di infliggere la peggiore colpa del secolo alla Cina,
rendendola il loro capro espiatorio. Ma non funzionerà».

L’ortodossia più pura di Pechino è quella
espressa in
un lungo editoriale
intitolato «Prove e avversità non fermeranno il nostro
progresso», pubblicato a firma Ren Zhong Ping il 25 marzo sul Quotidiano del
Popolo
, il giornale ufficiale del Partito: «Veniamo dalle avversità, ci
siamo fatti strada attraverso il vento e il gelo, conosciamo bene le difficoltà
e le sfide, ma conosciamo bene anche il successo e la vittoria, e possediamo
tutta la fiducia e le abilità necessarie a vincere la battaglia finale della
prevenzione e del controllo dell’epidemia. Possediamo la fiducia e le abilità
necessarie per vincere la battaglia contro la povertà e raggiungere l’obiettivo
di una società fiorente, come abbiamo programmato. Non importa quali venti e
quali piogge incontreremo, non potranno fermare il progresso del popolo cinese
e della nazione cinese. Wuhan vincerà! Lo Hubei vincerà! La Cina vincerà!».

Chi è Ren Zhong Ping e perché la sua voce è
così importante per decifrare cosa succede nella macchina della propaganda di
Pechino? Ren Zhong Ping non esiste. Il nome dell’editorialista, in realtà,
nasconde una squadra di almeno dieci persone che comprende giornalisti,
capiredattori e funzionari di Partito di vari dipartimenti, di solito guidati
dallo stesso direttore del Quotidiano del Popolo, i cui interventi
vengono calibrati al millimetro e passano attraverso numerose revisioni prima
della pubblicazione.

La versione fissata in via ufficiale,
quindi, è quella di una Cina che supera un’altra durissima prova grazie alla
guida del Partito; tuttavia,  accanto a
questa retorica trionfante – ma non particolarmente aggressiva – emerge sempre
di più una narrazione semi-ufficiale, composta di allusioni, sospetti e accuse
alle potenze straniere, il cui alfiere è un altro portavoce del Ministero degli
Esteri cinese: Zhao Lijian, 47 anni, un personaggio che – sull’onda di un film
d’azione ultranazionalista di qualche anno fa – il web cinese ha soprannominato
“il diplomatico lupo-guerriero”.

Zhao, che ha lavorato all’Ambasciata cinese
di Washington e in Pakistan, si è costruito il personaggio del falco che
difende l’onore cinese in giro per il mondo su Twitter – un social network che
in Cina è bandito – incrociando le lame con l’ex security advisor di
Barack Obama Susan Rice. La polemica ingaggiata dai due sulla situazione dei
campi di detenzione degli uighuri – la minoranza turcofona e islamica
dell’ovest della Cina – ha proiettato Zhao Lijian ai vertici della notorietà,
tanto che al suo rientro a Pechino il diplomatico è stato accolto da un folto
gruppo di funzionari del Ministero degli Esteri in festa, che hanno brindato
con lui nel suo ufficio al ministero.

Forte di questa reputazione, nelle scorse
settimane Zhao Lijian ha costruito una versione alternativa sulle origini del
Covid-19: in un
celeberrimo – e famigerato – tweet del 12 marzo
, il portavoce ha rilanciato un video di Robert
Redfield, direttore dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc)
statunitensi e, senza contestualizzare a quando risalivano le dichiarazioni di
Redfield, ha ipotizzato che i primi pazienti affetti da Coronavirus fossero dei
soldati americani in visita a Wuhan per i Giochi Militari dell’ottobre scorso:
«Il CDC è stato colto sul fatto! Quand’è che il Paziente Zero è apparso per la
prima volta negli Stati Uniti? Quante persone ha infettato? Quali sono i nomi
degli ospedali coinvolti? Potrebbe essere stato l’esercito americano a portare
il virus a Wuhan. Siate trasparenti! Rendete pubbliche le vostre statistiche!
Gli Stati Uniti ci devono una spiegazione!».

Molti dei funzionari più anziani sono
infastiditi dall’atteggiamento di Zhao, ma il «diplomatico lupo-guerriero» gode
evidentemente del sostegno dei vertici del Partito, dato che i suoi interventi
incendiari non vengono censurati; la “versione di Zhao”, infatti, prima di
ottenere i retweet di almeno otto rappresentanze diplomatiche cinesi all’estero
e di innumerevoli account che diversi studi stanno riconducenco alla galassia
dei bot della propaganda cinese, ha iniziato prima di tutto a consolidarsi in
patria: in una puntata del 18 marzo di uno dei talk show più seguiti della tv
di Stato cinese, ad esempio, la scienziata Chen Xuyan ha commentato le parole
del diplomatico sostenendo
esplicitamente
che gli Stati Uniti sarebbero in possesso di un vaccino per
il Coronavirus, e che quindi l’ipotesi di un “paziente zero” americano potrebbe
essere fondata.

Così, mentre la “versione di Zhao” ha ormai
fatto breccia sull’opinione pubblica cinese, Zhao Lijian sta ormai conducendo
una campagna internazionale: secondo i dati elaborati
dall’Alliance for Securing Democracy, nei giorni tra il 27 marzo e il 2 aprile
il “diplomatico lupo-guerriero” guida la classifica degli account twitter
istituzionali cinesi più diffusi, con
oltre 130mila retweet in tutto il mondo. Media ufficiali come l’agenzia
di stampa di Stato Xinhua o il quotidiano ufficiale China Daily, che
diffondono messaggi molto più concilianti, si piazzano solo al terzo e al
quinto posto.

Antonio
Talia

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