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Cos’è la teoria della “grande sostituzione” e com’è arrivata nel dibattito politico italiano

La lunga e sanguinosa storia della fantasia paranoide che immagina un complotto per sterminare la “razza bianca”

20 aprile 2023
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Il 18 aprile 2023 il dibattito pubblico italiano è tornato a concentrarsi su una teoria del complotto priva di fondamento, conosciuta come “grande sostituzione” ma meglio nota in Italia con la formula “teoria della sostituzione etnica”. A scatenare la rinnovata attenzione verso questa teoria è stata una dichiarazione del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, che intervenendo al congresso del sindacato Cisal il 18 aprile ha dichiarato, a proposito della crisi demografica italiana: «Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada».

Come hanno evidenziato i colleghi di Pagella Politica, già in passato alcuni esponenti di spicco dell’attuale esecutivo avevano tirato in ballo la formula della “sostituzione etnica” per argomentare la propria contrarietà alle politiche migratorie dei precedenti governi.

La storia di questa teoria arriva in realtà da molto lontano, e più precisamente dagli ambienti dell’estrema destra suprematista che nel tempo ha trasformato questo mito antisemita nel manifesto della sua strategia, incluse le sue espressioni più violente. La “grande sostituzione” o “teoria della sostituzione” è registrata sul sito del governo italiano tra i “pregiudizi antisemiti”.

Non è chiaro quanto il ministro Lollobrigida conosca la genesi di questa teoria, né quanto sia consapevole dei suoi risvolti razzisti o antisemiti. Certo l’utilizzo di quell’espressione richiama una storia a tratti pericolosa e violenta.

Di che cosa stiamo parlando
Nei suoi presupposti teorici, il mito della “grande sostituzione” somiglia a molte altre teorie del complotto che abbiamo affrontato in passato su Facta.news. Proprio come QAnon e il Grande Reset, infatti, i teorici della sostituzione etnica immaginano l’esistenza di un piano ordito da quella che viene presentata come una “élite globalista”, formula che nell’immaginario neonazista indica uno stereotipo che non di rado coinvolge gli ebrei ai vertici di istituzioni, media e alta finanza.

Secondo questa particolare fantasia, una ristretta cerchia di ebrei avrebbe deciso di sostituire le popolazioni autoctone dei Paesi occidentali – descritte come bianche e cristiane – con migranti di diverse etnie e religioni. Le motivazioni dietro questo piano sono spesso generiche e confuse, ma nelle incarnazioni più estreme di questo pensiero l’obiettivo finale sarebbe quello del “genocidio della razza bianca”.

L’estinzione della popolazione “bianca” sarebbe inoltre perseguita anche attraverso un piano parallelo, che mirerebbe a rendere auspicabile la pratica dell’aborto e i matrimoni egualitari. In questo senso, la teoria della sostituzione etnica considera l’esistenza stessa del femminismo e della comunità Lgbt+ come il tassello di una precisa agenda politica.

Alle origini della cospirazione
Come spesso accade in questi casi, le origini della teoria sono piuttosto incerte e si intrecciano per certi versi con i famigerati Protocolli dei Savi di Sion, un falso documento del 1903 creato dalla polizia segreta zarista con l’intento di diffondere odio verso gli ebrei nell’Impero russo. Nonostante sia oggi stato riconosciuto come un opuscolo propagandistico, il documento è stato per lungo tempo utilizzato come prova dell’esistenza di una élite sionista in grado di controllare il mondo.

I primi tentativi di teorizzare un piano di sostituzione etnica risalgono invece all’anno 1900, quando lo scrittore e politico nazionalista francese Maurice Barrès parlò di una nuova popolazione che avrebbe preso il sopravvento e «rovinato la nostra patria». Un articolo pubblicato nello stesso anno da Barrès per Le Journal faceva inoltre riferimento al tema della sostituzione etnica nel seguente passaggio: «Il nome della Francia potrebbe benissimo sopravvivere; il carattere speciale del nostro paese verrebbe, però, distrutto, e le persone insediate nel nostro nome e sul nostro territorio andrebbero incontro a destini contraddittori rispetto ai destini e ai bisogni della nostra terra e dei nostri defunti».

Gli scritti di Barrès si inseriscono in un contesto socio-culturale permeato dall’antisemitismo: la Francia di inizio Novecento era infatti stata investita dal caso Dreyfus, l’errore giudiziario che portò all’arresto dell’ufficiale di artiglieria di origini ebraiche Alfred Dreyfus, incastrato con prove contraffatte per aver passato informazioni riservate alla Germania. Nel maggio del 1900 (e dunque pochi mesi prima dell’articolo di Barrès) il parlamento francese aveva votato a stragrande maggioranza contro qualsiasi ulteriore revisione del caso, che si sarebbe risolto solo nel 1906 con l’assoluzione del militare. Tra gli antidreyfusardi più convinti c’era al tempo proprio Barrès, autore di un gran numero di articoli antisemiti sul tema, tra cui uno in cui affermava: «Che Dreyfus abbia tradito non lo deduco dai fatti, ma dalla sua razza».

La teoria tornò particolarmente in voga negli anni Venti del Novecento, grazie a un libro dell’eugenetista americano Madison Grant intitolato The Passing of the Great Race (“La caduta della grande razza”) che sosteneva la tesi di una «razza bianca» a rischio estinzione nel caso il governo degli Stati Uniti non avesse posto un freno all’immigrazione. La teoria e il libro furono successivamente elogiati da Adolf Hitler, che definì gli scritti di Grant «la mia Bibbia».

Significativamente, anche la formula “Grande sostituzione” – ancora oggi molto in voga negli ambienti dell’estrema destra – deve le sue origini alla Francia. A coniare il termine è stato lo scrittore Renaud Camus, che nel 2011 ha dato alle stampe il volume Le Grand Remplacement (“La Grande Sostituzione”, appunto), nel quale sosteneva che l’immigrazione africana in Europa – e in particolare quella islamica – fosse favorita dalla «grande finanza mondialista», capeggiata da George Soros. Nel 2014 Camus è stato condannato per incitamento all’odio razziale, in seguito a un discorso particolarmente violento dedicato alla “sostituzione etnica”.

Una fantasia sanguinaria
Per molto tempo il mito della “grande sostituzione” ha proliferato negli ambienti di estrema destra come espediente retorico per avversare le politiche di gestione dell’immigrazione giudicate troppo accomodanti, ma nell’ultimo decennio qualcosa è cambiato. La teoria è infatti stata accolta entusiasticamente dall’alt-right americana, la cosiddetta destra alternativa fondata da Richard Spencer, che tra le altre cose ha dichiarato di combattere per la costruzione di uno Stato etnico riservato alla «razza bianca» da modellare sull’esempio dell’Impero romano (che peraltro era tutto meno che etnicamente omogeneo).

Dopo decenni passati nell’orbita delle formazioni neonaziste, la nuova destra statunitense si è avvicinata a Donald Trump, che in seguito all’elezione del 2016 alla presidenza degli Stati Uniti ne ha favorito una progressiva istituzionalizzazione. La teoria della sostituzione etnica è così entrata nel mainstream e le sue parole chiave hanno iniziato a diffondersi in modo incontrollato. Secondo un articolo pubblicato nel 2022 dal New York Times, il conduttore di Fox News Tucker Carlson ha menzionato la teoria della grande sostituzione per ben quattrocento volte nel corso degli ultimi anni.

Negli ultimi anni, però, la fantasia della sostituzione non è rimasta un semplice espediente retorico per esprimere concetti razzisti. Tra il 2018 e il 2022, sono state ben quattro le stragi avvenute nel mondo e apertamente giustificate con la paura della sostituzione etnica, che hanno prodotto in totale 95 vittime. La più grave tra queste è quella avvenuta nel 2019 a Christchurch, in Nuova Zelanda, dove un uomo ha colpito a morte 51 persone pochi minuti dopo aver pubblicato sul web un manifesto di 240 pagine intitolato The Great Replacement, che conteneva invettive contro il calo dei tassi di natalità in Occidente, il «genocidio dei bianchi» e le politiche migratorie considerate dannose per le persone di origine europea.

In seguito agli attentati, la teoria del complotto antisemita è diventata oggetto di maggiori critiche e di conseguenza è stata del tutto abbandonata dagli esponenti conservatori più moderati. Quella che era nata come una fantasia neonazista ha insomma completato il suo ciclo all’interno del discorso pubblico e, dopo il boom dell’era trumpiana, è tornata ad essere considerata come una prerogativa delle frange più estreme della destra internazionale.

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