Che cosa c’è da sapere sui nuovi termini della privacy di WhatsApp
Nei primi giorni del 2021 le segnalazioni inviate alla redazione di Facta si sono concentrate soprattutto sui nuovi termini della privacy pubblicati da WhatsApp, ovvero le regole all’interno delle quali la piattaforma di messaggistica istantanea dovrà muoversi d’ora in poi per condividere i dati degli utenti. Questi termini dovranno essere accettati dagli utilizzatori del servizio entro il 15 maggio 2021 (il termine, inizialmente fissato per l’8 febbraio, è stato rinviato nelle ultime ore), pena l’impossibilità di continuare a utilizzare la celebre applicazione.
Sul tema sta circolando della disinformazione, ma anche alcune notizie imprecise, diffuse non necessariamente in malafede. È dunque giunto il momento di provare a fare un po’ di chiarezza, nel tentativo di rispondere a una semplice domanda: che cosa cambierà per gli utenti di WhatsApp a partire dal 15 maggio 2021?
Come cambiano le regole su WhatsApp
Con l’inizio del nuovo anno WhatsApp ha iniziato ad inviare ai suoi utenti un messaggio che recita: «WhatsApp sta aggiornando i propri termini e l’informativa sulla privacy», spiegando che i principali aggiornamenti riguardano «il servizio di WhatsApp e la modalità del trattamento dati» e «come le aziende possono utilizzare i servizi disponibili su Facebook per conservare e gestire le proprie chat WhatsApp». Non tutti gli utenti hanno per il momento ricevuto il messaggio, ma lo riceveranno entro le prossime settimane e non oltre il termine fissato per l’accettazione della policy.
Coloro che hanno già ricevuto la comunicazione, ricorderanno che il termine ultimo per «accettare i nuovi termini per continuare a utilizzare WhatsApp» era l’8 febbraio 2021, ma, come anticipato sopra, le polemiche scatenate dalla decisione della piattaforma hanno fatto slittare il nuovo termine a maggio.
Il messaggio rimanda con un link ai nuovi termini della privacy di WhatsApp, ovvero all’aggiornamento di una precedente versione della policy che risaliva al 19 dicembre 2019. Il nuovo regolamento permetterà alla società di condividere con Facebook (azienda che dal 2014 possiede WhatsApp) alcuni dati dell’utente, anche se, come vedremo più avanti, questa possibilità non si applicherà per gli utenti nel territorio dell’Unione europea.
Tra questi dati ci sono il nome del profilo, l’immagine del profilo, l’indirizzo Ip (ovvero il codice numerico che identifica univocamente un dispositivo connesso a internet), il numero di telefono, la lista dei contatti e la frase che compare tra le informazioni del nostro profilo (il cosiddetto “stato”). Già dal 2016 questi dati erano trasmessi da WhatsApp a Facebook, ma fino a questo momento il singolo utente poteva scegliere di disattivare questa funzione e impedirne la trasmissione.
Come spiegato da WhatsApp, «in qualità di membro del gruppo di aziende di Facebook, WhatsApp riceve informazioni da tale gruppo di aziende e le condivide con esse». WhatsApp può dunque utilizzare le informazioni che riceve dalla aziende di Facebook e viceversa «per gestire, fornire, migliorare, comprendere, personalizzare, supportare e commercializzare i Servizi e quelli delle aziende di Facebook».
Tra le aziende di Facebook che ricevono e riceveranno i dati di WhatsApp ci sono Facebook Payments (il servizio di pagamenti digitali fondato da Mark Zuckerberg), la controversa azienda Onavo, app con cui Facebook registrava le attività sul cellulare degli utenti per scopi di marketing (promettendo invece di «ridurre il traffico di dati in background») e CrowdTangle, servizio di analisi del traffico sui social network.
Come anticipato, questi cambiamenti non avranno alcun effetto sul territorio dell’Unione europea. Lo ha spiegato su Twitter Niamh Sweeney, che si occupa delle policy di WhatsApp, specificando che nei paesi dell’Unione europea non ci saranno cambiamenti nelle pratiche relative alla condivisione dei dati. Questo avviene grazie al Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (il cosiddetto Gdpr) che non consente alle aziende di prendere decisioni sul trattamento dei dati per fini di marketing e profilazione senza che all’utente sia consentito di scegliere se esprimere o meno il consenso a tale trattamento.
Il regolamento sulla privacy di WhatsApp vigente per l’Unione europea sarà dunque questo – molto simile a quello in vigore tuttora, che consente la condivisione di alcune informazioni solo in via facoltativa – mentre questo è quello valido per il resto del mondo.
Almeno per il momento, dunque, i nuovi termini della privacy di WhatsApp non comporteranno un maggior quantitativo di informazioni a disposizione dell’azienda di Mark Zuckerberg, che potrà continuare a condividere i dati con Facebook solo per scopi tecnici e di sicurezza: ogni scambio tra WhatsApp e Facebook per motivi commerciali dovrà avvenire con il pieno consenso dell’utente, come accade dal 2016, quando una precedente versione della stessa policy permetteva al singolo utilizzatore di evitare la condivisione di informazioni per scopi commerciali (in quel caso bastava togliere la spunta ad una casella posta alla fine del contratto di utilizzo).
Come anticipato prima, parte della comunicazione WhatsApp ricevuta dagli utenti era rivolta alle aziende. La nota applicazione di messaggistica ha infatti anche apportato alcune modifiche al suo regolamento per il servizio business, ovvero quelle funzionalità studiate per connettere maggiormente i piccoli imprenditori ai propri clienti. In questo caso i cambiamenti erano noti da mesi e prevedono che i possessori di un account business possano archiviare le conversazioni avute con i clienti (se questi, dando il proprio consenso, hanno accettato la privacy policy) e riutilizzarle a scopi commerciali, come ad esempio creare inserzioni su Facebook utilizzando le informazioni dei propri clienti.
La disinformazione italiana sulle nuove regole di WhatsApp
Il cambio (reale o presunto) dei termini di WhatsApp ha preoccupato gli utenti e anche alimentato la nascita di contenuti di disinformazione sul tema.
Uno di quelli più circolati in Italia è questo video di circa 7 minuti, più volte segnalato alla redazione di Facta, in cui un uomo con la maglietta verde spiega che «dall’8 di febbraio se non abbandonerete WhatsApp cederete tutte le vostre informazioni personali a Facebook, e Facebook le potrà trasferire a qualsiasi entità pubblica, privata, governi, agenzie delle entrate».
L’uomo ritratto nel video è Roberto Mazzoni, che sul suo sito personale si descrive come «giornalista professionista specializzato in tecnologia informatica che ha fondato le principali riviste d’informatica italiane lavorando per grandi editori come Arnoldo Mondadori Editore e Il Sole 24 Ore» che ora vive negli Stati Uniti, dov’è arrivato «con un permesso speciale riservato alle celebrità e agli individui con abilità straordinarie che hanno raggiunto i vertici nel proprio campo».
Mazzoni è realmente iscritto all’albo dei giornalisti del Lazio e ha in effetti molta esperienza nell’editoria informatica italiana. Ad esempio è stato direttore di PcWeek Italia, settimanale edito dall’azienda milanese. Nei 7 minuti di video, Mazzoni mette in guardia dalla pervasività dei nuovi termini della privacy di WhatsApp, che potrebbe avere «informazioni che neanche voi conoscete» e consiglia di passare a Signal, applicazione di messaggistica considerata più sicura sotto questo punto di vista.
Il video – visti i contenuti e i toni usati – appare nettamente schierato contro i nuovi termini della privacy di WhatsApp, ma attenzione: quello pubblicato da numerose pagine Facebook e canali YouTube altro non è che l’estratto di un video più ampio, della durata complessiva di 29 minuti e che è disponibile sulla piattaforma di video-streaming Rumble (il 15 gennaio è stato pubblicato anche su YouTube).
Il video completo, sempre con Mazzoni che parla, contiene un passaggio decisivo per formare una propria opinione sul tema, che troviamo al minuto 26:57. «Per correttezza devo citare una precisazione che Facebook ha fatto per l’Europa» spiega Mazzoni, «non ci sono modifiche alle modalità di condivisione dei dati di WhatsApp nella regione europea, incluso il Regno Unito, derivanti dall’aggiornamento dei Termini di servizio e dall’Informativa sulla privacy». Tutto quanto sostenuto nel video, insomma, non si applica sul suolo Ue né su quello italiano e a chiarirlo è lo stesso Mazzoni.
In un successivo video, pubblicato il 12 gennaio, Mazzoni torna sull’argomento e sull’utilizzo di un estratto incompleto del suo video (dal minuto 02:13), chiarendo che «in realtà le informazioni sono complete, verso la parte finale del video chiarisco che secondo l’azienda questa modifica nella privacy non si applica all’Europa. Lo dico chiaramente».
Il caso del video di Mazzoni non è però l’unico in cui siamo imbattuti. Un altro contenuto di disinformazione a tema “privacy di WhatsApp” è quello pubblicato su Facebook il 9 gennaio 2021, che definiva i nuovi termini della privacy «un ricatto» che permetterebbe alla piattaforma di messaggistica istantanea di condividere «automaticamente sui social» le informazioni dell’utente. Come avevamo chiarito in questo articolo e abbiamo spiegato sopra, in nessun caso i dati degli utenti saranno condivisi pubblicamente «sui social». Si tratta di una notizia falsa.
Ma la disinformazione sul tema ha avuto ampia diffusione in tutto il mondo, non solo in Italia. Ecco che cosa è successo all’estero.
Le notizie false diffuse all’estero
All’estero, la maggior parte delle notizie false sul tema hanno a che fare con il tipo di informazioni che a partire da maggio WhatsApp potrà condividere con Facebook: negli Stati Uniti, come riportato da Snopes, sono circolati diversi contenuti che mettevano in guardia dalla possibilità che WhatsApp potesse avere accesso alle «conversazioni private» e censurarle. Si tratta di una notizia falsa, dal momento che la crittografia end-to-end utilizzata dall’app di messaggistica (ovvero il sistema di comunicazione cifrata nel quale solo le persone che stanno comunicando possono leggere i messaggi) non subirà alcuna modifica.
Le altre paure degli utenti hanno riguardato la possibilità che WhatsApp potesse condividere con i suoi partner commerciali la posizione, le immagini e i video degli utilizzatori (contenuti sull’argomento sono circolati in India e sono stati verificati dai colleghi di India Express). Anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad una notizia che al momento appare priva di fondamento.
Sempre in India, è diventata virale sui social network una catena che annuncia il ritorno a pagamento di WhatsApp. Questo tipo di disinformazione sfrutta la confusione generata dai nuovi termini della privacy e chiede di inviare il messaggio ad «almeno 12 persone» per poter continuare a utilizzare il servizio gratuitamente. Come citato anche da la Repubblica, un messaggio simile è tornato a circolare anche in Italia. La redazione di Facta se n’era occupata in questo articolo.
In conclusione
A partire da gennaio 2021, WhatsApp ha iniziato a inviare un messaggio ai suoi circa 2 miliardi e mezzo di utenti contenente i nuovi termini per la privacy. Questo avviso (ancora non recapitato a tutti, ma succederà) ha generato casi di disinformazione ma, soprattutto, tanta confusione.
Il nuovo regolamento obbligherà gli utenti WhatsApp a condividere alcuni propri dati con Facebook per scopi commerciali, cosa che oggi era facoltativa. Questa parte del regolamento non varrà tuttavia sul territorio dell’Unione europea, protetto dal regolamento Gdpr sulla privacy che lascerà invariata la situazione del data-sharing.
Il tema ha stimolato numerosi contenuti di disinformazione, che sfruttano la confusione generata dall’annuncio per far circolare informazioni false. A tal proposito, vale la pena precisare che WhatsApp non potrà condividere con i suoi partner commerciali la posizione, le immagini della galleria e i video degli utenti. Inoltre, ricordiamo che non è vero che WhatsApp tornerà ad essere a pagamento.
Silvia
Molto chiaro, grazie. Anche la Svizzera ha una normativa sulla protezione dei dato che si allinea a quella Europea. Questa precisazione può essere utile a qualche lettore in territorio elvetico come me! https://www.cdt.ch/tempo-libero/fuga-da-whatsapp-per-non-condividere-i-dati-ma-sono-timori-infondati-CE3677325?_sid=MfcDbPQk