Sono passati due anni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. In questo periodo di tempo, secondo l’ultimo aggiornamento della Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina (Hrmmu), sono stati uccisi almeno 10mila civili e quasi 20mila sono rimasti feriti. Dato la durata necessaria per le verifiche, l’Hrmmu precisa tuttavia che il numero delle vittime potrebbe essere «significativamente più alto». La guerra avviata dal presidente russo Vladimir Putin ha costretto inoltre 6 milioni e mezzo di persone a lasciare la propria casa in Ucraina e rifugiarsi in altri Paesi, riporta l’Unhcr, l’agenzia di rifugiati dell’ONU.
Mentre la battaglia continua al fronte con l’esercito ucraino intento a contrastare e respingere i soldati russi, è in atto una guerra parallela che si svolge sui nostri computer e cellulari, con la Russia che usa la disinformazione, la propaganda e le teorie del complotto per giustificare la sua invasione, mettere a tacere l’opposizione interna e seminare discordia tra i suoi avversari, come aveva spiegato lo scorso anno l’Associated Press. A settembre del 2022, EU DisinfoLab, organizzazione no-profit indipendente che analizza la disinformazione in Europa, aveva scoperto una campagna denominata “Doppelganger” attiva in Europa almeno da maggio dello stesso anno e con sede in Russia. Utilizzando molteplici “cloni” di media europei (tra cui Bild, 20minutes, Ansa, The Guardian o RBC Ucraina), venivano diffusi articoli, video e sondaggi falsi per promuovere le narrazione del Cremlino sulla guerra in Ucraina, anche utilizzando profili sui social media per amplificare questi messaggi.
Operazioni simili sono attive tuttora. Solo pochi giorni fa il Washington Post, in base all’analisi di documenti del Cremlino ottenuti da un servizio di intelligence europeo, ha riportato la notizia di una strategia mediatica decisa dall’amministrazione del presidente russo che, producendo migliaia di post sui social media e centinaia di articoli inventati con notizie false, diffusi in Ucraina e in tutta Europa, punta a indebolire la figura politica del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e dividere e destabilizzare la società ucraina. Lo scorso 13 febbraio funzionari del ministero degli Esteri francese hanno denunciato l’intensificazione degli sforzi della Russia per manipolare le informazioni sui social media prendendo di mira gli alleati di Kiev in Occidente. In Germania, lo scorso mese, esperti di informatica forense hanno individuato una vasta campagna di disinformazione filo-russa contro il governo del Paese tramite decine di migliaia di account falsi su X.
Sin dal primo giorno di guerra, questo conflitto è stato tra gli argomenti su cui la disinformazione in Europa si è concentrata maggiormente, come documentato mensilmente dall’Osservatorio europeo sui media digitali (Edmo), hub composto da fact-checker, esperti di media literacy e accademici. Per questo motivo in questi due anni su Facta abbiamo verificato moltissimi contenuti disinformativi al riguardo, imbattendoci in particolar modo in svariate tipologie e forme di informazioni infondate che puntavano a screditare le autorità politiche militari dell’Ucraina e dei suoi alleati davanti all’opinione pubblica.
Recentemente abbiamo tuttavia notato una tipologia di disinformazione filorussa più complessa e articolata rispetto alle “semplici” singole bufale. Negli ultimi mesi sono stati infatti diffusi video sui social media da parte di singoli account di comuni cittadini che svelavano “scoop” su Zelensky e sulla sua famiglia, mixando prove documentali contraffatte e notizie vere. Un meccanismo che faceva apparire questi contenuti come inchieste indipendenti “dal basso” o rivelazioni di presunti whistleblower. Un metodo che ha aiutato a conferire alle storie raccontate una certa genuinità, utile a farle percepire come slegate da interessi di parte che l’opinione pubblica generalmente collega a gruppi politici o ai cosiddetti media mainstream.
Le notizie false diffuse in questo modo sono circolate in più lingue e divenute virali in più Paesi tramite siti legati alla propaganda russa, riprese e rilanciate dalle stesse autorità russe e da influencer filorussi. In un caso, una di queste storie inventate è arrivata a influenzare anche il dibattito politico negli Stati Uniti sui pacchetti di aiuti all’Ucraina.
“L’inchiesta indipendente” sul presidente ucraino e la villa del gerarca nazista Il 24 dicembre del 2023 un account di YouTube denominato «Sabine Mels» pubblica tre video. L’utente in questione, in base alle informazioni presenti nella piattaforma di condivisioni video, si è iscritto il 6 agosto 2022. Dal giorno della sua iscrizione al 23 dicembre 2023 «Sabine Mels» non pubblica alcun contenuto. La vigilia di Natale l’account, invece, si attiva.
Due dei tre video pubblicati sono normali contenuti che circolano su YouTube, cioè spezzoni di programmi televisivi. In uno viene mostrato un pezzo di una trasmissione andata in onda sul canale televisivo francese Canal+ in cui si discute in studio di interviste a dei militanti francesi antifascisti. L’altro è una clip con un momento di un notiziario su World is One News (Wion), un canale indiano in lingua inglese, dove si dà la notizia che nella Germania dell’Est il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) ha un alto gradimento elettorale, in particolare tra i giovani. Si tratta di due contenuti con poche visualizzazioni (qualche centinaio) utile a suggerire più che altro un interesse di «Sabine Mels» verso una certa area politica. Un indizio confermato dalla foto profilo dell’account: il simbolo del collettivo antifascista internazionale formato da due bandiere, una rossa e una nera, che si sovrappongono in parte.
Il terzo filmato è invece qualcosa di totalmente differente. Già a partire dal titolo, che racconta di una presunta notizia clamorosa perché confermerebbe le accuse del Cremlino che dipingono il governo di Kiev guidato da nazisti o da persone affascinate da questa ideologia. Il video è infatti titolato in inglese: “Zelensky purchased infamous Goebbel’s villa (Bogensee) for 8 million Euro” (in italiano, “Zelenskyj ha acquistato la famigerata villa di Goebbel (Bogensee) per 8 milioni di euro”).
Il filmato si apre con una donna, presumibilmente proprio «Sabine Mels», con una maglietta bianca recante il simbolo del collettivo internazionale antifascista, che afferma in tedesco di aver scoperto l’acquisto da parte di Zelensky della villa appartenuta a Joseph Goebbels, ministro nazista della propaganda, sul lago Bogensee, nello stato federato del Brandeburgo vicino a Berlino.
La scoperta sarebbe stata possibile tramite un contratto di acquisto datato 11 ottobre 2023 ottenuto da una ex collega della donna alla Berliner Immobilienmanagement GmbH (BIM), la società berlinese responsabile di migliaia di immobili di proprietà dello Stato tedesco. Nel filmato viene mostrata anche l’immagine di questo presunto contratto (oscurato in diverse parti).
Nel documento si legge che l’immobile sarebbe stato venduto per 8 milioni di euro alla società «Film Heritage Inc». La donna spiega che, in base a una precedente indagine giornalistica, è stato scoperto che la «Film Heritage Inc» è in realtà una società offshore appartenente proprio al presidente ucraino. Al termine del video, «Sabine Mels» afferma che come militante antifascista ritiene un simile acquisto una «cosa orribile», sottolineando il fatto che Zelensky abbia speso una cifra del genere mentre il suo Paese «è in difficoltà» e riceve aiuti finanziari da svariati Stati.
Il giorno successivo la pubblicazione di questo contenuto su YouTube, il 25 dicembre, la “videoinchiesta” viene rilanciata su X da un altro account che porta sempre il nome di «Sabine Mels». Secondo le info in tedesco presenti nel profilo, l’account è stato aperto a gennaio 2022 e la persona che lo gestisce vivrebbe a Berlino, sarebbe una militante antifascista e, si legge, «avversaria dei neonazisti». La foto profilo, poi, sembra mostrare la stessa donna presente nel video.
Per ricapitolare: negli ultimi giorni del 2023 una presunta militante antifascista tedesca di Berlino ha pubblicato sui propri canali social, con nome e cognome e foto profilo, un’“inchiesta” realizzata da lei stessa che dimostrerebbe, con tanto di documenti ufficiali alla mano, che Zelensky si sarebbe comprato, con soldi di dubbia provenienza e tramite una società registrata in un paradiso fiscale, una villa appartenuta a un gerarca nazista. A gennaio 2024 l’intera storia diventa virale, diffondendosi con post in spagnolo, inglese, tedesco, spagnolo, olandese, polacco e in italiano. Viene anche condivisa dall’account ufficiale dell’Ambasciata russa in Sudafrica.
Perché la storia della villa acquistata da Zelensky è falsa La presunta notizia dell’acquisto di Zelensky della villa appartenuta a Goebbels attira però l’attenzione anche di diversi giornalisti e fact-checker. Dopo le dovute verifiche, il 31 dicembre 2023 il sito tedesco di notizie t-onlinepubblica un articolo in cui dimostra che la prova a sostegno della veridicità dell’intera storia, cioè il presunto contratto di acquisto, è in realtà un documento contraffatto.
Innanzitutto, nella prima pagina del contratto si legge che la vendita sarebbe stata autentica dall’avvocata e notaia «Dr. Friederike Schulenburg». Si tratta di un’avvocata tedesca realmente esistente. Contattata da t-online la donna, che ha da poco compiuto 80 anni, smentisce di aver mai autentico l’acquisto della villa dell’ex gerarca nazista. Inoltre, sempre Schulenburg spiega che non pratica da più di dieci anni il lavoro di notaia. Come stabilisce infatti il regolamento notarile federale in Germania, il limite di età per svolgere questa professione è di 70 anni. L’ex notaia indica anche al quotidiano tedesco diversi elementi che dimostrano ulteriormente che siamo di fronte a un documento contraffatto.
Ma le informazioni false e infondate che compongono questa storia non finiscono qui. Sentita da diversi siti di fact-checking, la BIM (la società berlinese che avrebbe venduto l’immobile), oltre a confermare che il documento mostrato nel video è un falso – specificando che la villa appartenuta a Goebbels è di proprietà della città di Berlino e non è prevista che venga messa sul mercato – afferma di non aver mai avuto una dipendente di nome «Sabine Mels».
In base a una ricerca in Rete, inoltre, non risulta esistere alcuna attivista antifascista con quel nome. Gli unici rimandi sono gli account su YouTube e su X. Quest’ultimo, tuttavia, ha diversi elementi che ne mettono in dubbio la sua autenticità. Innanzitutto, la foto del profilo su X, se analizzata più nel dettaglio, non corrisponde al volto della donna mostrata nel video su YouTube. Anche perché l’immagine utilizzata da «Sabine Mels» sul social media di Elon Musk è in realtà una foto pubblicata nel 2016 dalla pagina Facebook di una influencer statunitense di fitness.
Analizzando poi il flusso di tweet e di risposte di «Sabine Mels», si nota che in precedenza l’account aveva pubblicato post in lingua araba e usato un’altra foto profilo, come documentato dal giornalista investigativo della BBCBenedict Garman.
Dalla data della sua iscrizione (cioè gennaio 2022) al 23 aprile 2023 non risultano infatti post su Ucraina e antifascismo, mentre l’interazione dell’account è con altri utenti in arabo e in particolare su contenuti che riguardano la squadra di calcio egiziana Al-Ahly. In uno scambio di tweet con un altro utente, sempre dello scorso aprile, l’account in questione aveva indicato che la sua lingua nativa era l’arabo. Dagli ultimi giorni di aprile 2023 l’account in questione smette però di pubblicare, fino a dicembre 2023 in cui si nota un cambiamento radicale nei contenuti, a partire dalla lingua: dall’arabo si passa al tedesco. Inoltre, i post pubblicati si concentrano sulla sua appartenenza al collettivo internazionale antifascista e sulla guerra in Ucraina, con messaggi di propaganda antiucraina e con alcune notizie false contro il presidente Zelensky. Dopo il 25 dicembre, giorno in cui è stata condivisa la falsa notizia dell’acquisto della villa del gerarca nazista, l’account smette di pubblicare contenuti.
I tasselli della strategia disinformativa Sulla falsa riga del caso appena analizzato, a Facta ci siamo occupati di altre notizie false contro l’Ucraina con al centro documentispacciati per autentici. In questo caso, tuttavia, il contenuto nel suo complesso è più articolato da analizzare e smascherare. Il contratto d’acquisto contraffatto è stato inserito all’interno di una trama narrativa che punta a rendere l’intera storia virale e credibile.
Ossia quella di una donna tedesca e membro di un gruppo internazionale antifascista che, grazie a un documento riservato passatole da una sua amica, riesce a scovare una notizia clamorosa sul presidente ucraino, diffondedola sui propri canali social. In apparenza, quindi, si tratterebbe di una vera e propria inchiesta dal basso non legata a nessun gruppo di potere. In più, nel caso in cui una persona avesse voluto capire meglio da chi proveniva questa storia, scorrendo i profili di «Sabine Mels» si sarebbe trovato un pregresso di contenuti recenti e post utili a indicare una precedente esistenza online coerente con la notizia pubblicata su Zelensky e l’ex villa di Goebbels.
Per rendere il racconto ancora più verosimile, nell’inchiesta sono state inserite inoltre anche notizie reali ma presentate in maniera fuorviante. Ad esempio, il fatto che Zelensky fosse legato a società offshore è una notizia vera pubblicata nel 2021 da diverse inchiestegiornalistiche che si basavano sui Panama Papers, un grande archivio di milioni di documenti riservati su svariate società finanziarie addette al trasferimento dei patrimoni dei loro clienti verso i paradisi fiscali svelato dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij).
In base a quanto era emerso, Zelensky possedeva insieme ad amici e partner commerciali una vasta rete di società offshore prima della vittoria alle elezioni presidenziali nel 2019. Tra queste compariva anche «Film Heritage Inc» citata nel video di «Sabine Mels». Zelensky, da candidato alle elezioni presidenziali, aveva pubblicamente dichiarato di possedere questa società prima di diventare presidente. Nel 2019 la proprietà «Film Heritage Inc» era poi passata a sua moglie Olena Zelenska. All’epoca queste inchieste giornalistiche sottolinearono la contraddizione di Zelensky, che aveva portato avanti la sua campagna elettorale promettendo di ripulire il sistema del governo ucraino dalla corruzione, anche contestando l’utilizzo di società offshore da parte dei suoi avversari. L’informazione vecchia di anni che Zelensky avesse posseduto la società offshore «Film Heritage Inc» è stata quindi riutilizzata al di fuori del suo contesto originario.
Proprio la corruzione in Ucraina è l’altro elemento vero utilizzato per cercare di conferire attendibilità alla storia dell’acquisto della villa del gerarca nazista da parte di Zelensky. La donna nel video, infatti, sembra insinuare, in maniera infondata, che il presidente ucraino abbia utilizzato in qualche modo parte degli aiuti finanziari destinati al suo Paese per scopi personali. Accusare il presidente ucraino, la sua famiglia e i ministri del suo governo di essersi arricchiti con i soldi del sostegno finanziario arrivati da svariati Paesi è infatti un tema moltoricorrentenella disinformazionefilorussa. Queste accuse sfruttano per l’appunto il fatto che la corruzione in più settori in Ucraina sia un problema reale e sistemico, considerato uno dei principali ostacoli nel tentativo del Paese di aderire all’Unione europea.
Yacht e gioielli: gli altri casi Questo stesso articolato schema disinformativo è stato utilizzato più volte nell’ultimo anno per diffondere bufale contro il presidente ucraino e i suoi familiari.
Poco più di un mese prima della pubblicazione del video di «Sabine Mels », il 23 novembre 2023 su YouTube era stato pubblicato un video intitolato “Ukrainian President Zelensky uses proxies to hide ownership of two yachts worth $75.000.000” (in italiano, “Il presidente ucraino Zelensky usa dei prestanome per nascondere la proprietà di due yacht del valore di 75.000.000 di dollari”).
A parlare questa volta è un uomo che si presenta con il nome di «Shahzad Nasir» e racconta che due «cittadini ucraini», «amici intimi» e «prestanome» di Zelensky, Serhiy Shefir e suo fratello Boris, avrebbero comprato il 18 ottobre 2023 e il 25 ottobre 2023 due yacht (con i nomi «Lucky Me» e «My Legacy») per un valore complessivo di 75 milioni di dollari. «Shahzad Nasir» mostra anche le immagini dei presunti contratti che dimostrerebbero questo acquisto, sostenendo che i due fratelli avrebbero agito per conto del presidente ucraino usando parte degli aiuti finanziari statunitensi arrivati all’Ucraina.
Come per «Sabine Mels», anche «Shahzad Nasir» risulta avere un profilo su X in cui, oltre ad aver rilanciato il video in questione, pubblica contenuti che abbracciano la causa palestinese nell’attuale conflitto in Medio Oriente e che accusano di corresponsabilità i Paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, per le morti nella striscia di Gaza. Nella bio del profilo – che non pubblica più nulla da metà gennaio 2024 – si legge che l’uomo è un giornalista esperto di Medio Oriente che lavora per Emirates24/7, sito di notizie con sede a Dubai.
I due cittadini ucraini citati nel video sono persone realmente esistenti. Serhiy Shefir è infatti un produttore televisivo, consigliere politico e amico di lunga data di Zelensky, scampato nel 2021 a un attentato in Ucraina. Anche suo fratello Boris Shefir è un produttore televisivo legato da tempo al presidente ucraino. Qui però finiscono gli elementi reali della notizia e iniziano quelli inventati. Come verificato da diversi siti di fact-checking, infatti, i presunti contratti mostrati nel filmato presentano vari elementi che dimostrano il loro essere contraffatti. Burgess e BehneMar, le società proprietarie dei due yacht «Lucky Me» e «My Legacy», hanno smentito che le due imbarcazioni di lusso siano state vendute. Cercando inoltre sul sito di Emirates24/7, non risulta esistere un giornalista con il nome di «Shahzad Nasir».
A ottobre 2023 questo tipo di disinformazione ha colpito anche Olena Zelenska, scrittrice e moglie del presidente ucraino. In una storia su Instagram diffusa dall’account «gorgeous.bb.jeanette», una donna che afferma di essere una dipendente di Cartier in una gioielleria a New York rivelava che Olena Zelenska avrebbe acquistato merce nel negozio della nota azienda francese di gioielli per un valore di oltre 1 milione di dollari. La prova, in questo caso, è una fattura datata 22 settembre 2023. La donna del video spiegava anche di aver voluto raccontare questa vicenda perché proprio in seguito a un diverbio su un gioiello con Olena Zelenska sarebbe stata licenziata.
In effetti Zelenska in quel periodo era negli Stati Uniti insieme a suo marito, impegnato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite svoltasi dal 18 al 22 settembre 2023. Come ricostruito tuttavia da diverseanalisi giornalistiche, il 21 settembre 2023 il presidente ucraino e sua moglie, arrivati negli Stati Uniti il 18 settembre per l’impegno diplomatico, hanno preso un aereo per Ottawa, in Canada, per incontrare il primo ministro canadese Justin Trudeau. Inoltre il 22 settembre 2023 Zelenska ha incontrato la governatrice generale del Canada, Mary Simon, come testimoniato dalle foto dell’evento. Risulta quindi impossibile che Zelenska lo stesso giorno possa aver acquistato di persona dei gioielli in un negozio di Cartier a New York.
Lo stesso ufficio stampa di Cartier ha smentito ufficialmente questa notizia, precisando che nella data riportata nella falsa fattura Olena Zelenska non ha effettuato alcun acquisto in un loro negozio a New York. Shayan Sardarizadeh, giornalista investigativo della BBC specializzato nel contrasto della disinformazione online, è riuscito a verificare che la donna che parla nel video diffuso su Instagram non vive negli Stati Uniti, non ha mai lavorato per Cartier e risiede in Russia. Attualmente l’account da cui è partito tutto risulta privato e come foto profilo ha un’immagine di Vladimir Putin.
Come per la villa di Goebbels, queste due storie inventate sono diventate virali e sono state tradotte in varie lingue. Entrambe inoltre sono state pubblicate in inglese da DC Weekly, un sito che ha alimentato più volte false notizie virali contro Zelensky e che è gestito da un ex marine e poliziotto statunitense di nome John Mark Dougan che dal 2016 vive in Russia. Quella sui due yacht milionari, in particolare, è stata rilanciata da due senatori repubblicani: la deputata trumpiana Marjorie Taylor Greene – che in passato ha aderito a svariate teorie del complotto – e J. D. Vance. Quest’ultimo, parlando l’11 dicembre del 2023 nel podcast “War Room” di Steve Bannon (l’ex consulente strategico di Donald Trump), ha detto – riferendosi ai democratici – che «questa gente» vuole «tagliare la previdenza sociale e far precipitare nella povertà i nostri nonni» in modo che «i ministri di Zelensky possano comprarsi uno yacht più grande». Vance ha fatto parte di quei parlamentari repubblicani che il 6 dicembre del 2023 hanno votato contro l’ultimo pacchetto di aiuti all’Ucraina deciso dall’amministrazione Biden.
L’ultimo bersaglio: la famiglia Navalny Proprio in questi giorni, la stessa metodologia disinformativa è stata usata per colpire il più noto oppositore politico di Putin, Alexey Navalny, e sua moglie Yulia Navalnaya.
Il fondatore di FBK, organizzazione anti-corruzione, è deceduto il 16 febbraio 2024 mentre si trovava in una colonia penale siberiana IK-3 di massima sicurezza. Navalny era in carcere dal 2021, anno in cui era ritornato in Russia dopo essere stato curato e salvato in Germania da un avvelenamento verificatosi l’anno prima in Siberia e causato, secondo analisi indipendenti svolte da laboratori francesi e svedesi, dal novichok, un agente nervino sviluppato in Unione sovietica tra il 1980 e il 1990, utilizzato in passato contro russi considerati traditori dal Cremlino. La morte di Navalny, secondo le autorità russe, sarebbe stata causata dalla “sindrome della morte improvvisa”, un termine vago per indicare diverse sindromi che portano all’arresto cardiaco e alla morte. Yulia Navalnaya ha dichiarato che il marito è stato avvelenato, chiamando in causa Putin. Ad oggi non esistono conferme da fonti indipendenti sulla causa del decesso di Navalny.
Nel corso della sua attività politica in Russia, Navalny è stato fermato innumerevoli volte dalle autorità russe e incriminato e condannato per vari reati tra cui corruzione, appropriazione indebita, frode ed estremismo. Accuse e condanne che lo stesso Navalny aveva sempre definito politicamente motivate. Nel 2018 la Russia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) per aver operato negli anni precedenti ripetuti arresti per fini politici nei confronti dell’oppositore russo.
Mentre Navalny era ancora in vita in prigione in Siberia, i primi giorni di febbraio siti russi, post su VK (il più grande social network in Russia) e il canale Telegram del propagandista del Cremlino Ruslan Ostashko (con oltre 380mila iscritti) hanno iniziato a diffondere la notizia che Yulia Navalnaya avrebbe avuto relazioni con uomini potenti e giornalisti investigativi mentre il marito era detenuto. Lo stesso Navalny, secondo quanto riportato, ne sarebbe stato a conoscenza. Questi rapporti extraconiugali sarebbero serviti alla donna a ottenere potere e informazioni utili all’attività di FBK.
La fonte di questa presunta informazione, si legge sempre in questi contenuti, è il profilo Instagram di una donna di nome «Anna Gonchar». che in una serie di storie Instagram si era presentata come ex dipendente di FBK e assistente della moglie dell’oppositore russo. In particolare, «Anna Gonchar» parla del presunto legame sentimentale tra Yulia Navalnaya e il giornalista investigativo bulgaro Christo Grozev mostrando come prova di questo rapporto foto dei due insieme e due prenotazioni per una stanza d’hotel in Francia a luglio e a dicembre dello scorso anno. Grozev si occupa da tempo di disinformazione, propaganda filorussa e trame di potere del Cremlino e ha lavorato a un’inchiesta giornalistica del sito investigativo Bellingcat che ha scoperto il possibile coinvolgimento del Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa (FSB, la principale agenzia dell’intelligence russa) nell’avvelenamento del 2020 di Navalny. A fine 2022 il giornalista è stato inserito dal ministero degli Interni russo nella lista dei ricercati.
Come ricostruito tuttavia da Eliot Higgins, fondatore del sito investigativo Bellingcat, non c’è alcuna prova che una donna di nome «Anna Gonchar» abbia mai lavorato per l’organizzazione fondata da Navalny. Inoltre, tutte le accuse rivolte nelle storie su Instagram sono prive di riscontri. Le prenotazioni nei due alberghi francesi sono risultate essere contraffatte. Higgins, dopo essere risalito ai codici delle prenotazione, ha scoperto infatti che in realtà erano state fatte per due date nella primavera e nell’inverno del 2024 e successivamente modificate per far apparire che i due viaggi fossero stati già effettuati. L’account Instagram di «Anna Gonchar», da cui è partito tutto, è stato successivamente cancellato.
Lo stesso Christo Grozev, che come abbiamo visto ha indagato sull’avvelenamento di Navalny e che conosce Yulia Navalnaya, ha smentito di aver avuto una relazione con lei, specificando inoltre che in questo caso neanche la donna mostrata nel video è reale, in quanto il filmato è in realtà un deepfake realizzato rubando in Rete il volto di una ragazza maltese.
Con la morte di Navalny e l’annuncio di Yulia Navalnaya di voler continuare in prima persona la lotta politica di suo marito contro Vladimir Putin, questa storia è tornata però a circolare ed è uscita dai canali in lingua russa, diffondendosi sui social media in più parti del mondo, compresa l’Italia. Ad esempio, tra il 17 e il 20 febbraio 2024 pravda-en.com, pravda-fr.com e pravda-de.com hanno pubblicato articoli in lingua inglese, francese e tedesco, in cui è stata riportata la storia su Yulia Navalnay e i suoi presunti amanti svelata dalla sua ex assistente «Anna Gonchar». Secondo un’analisi di Viginum – organizzazione francese che lotta contro le interferenze digitali straniere – questi siti appartengono a una rete «strutturata e coordinata» di 193 siti che diffondono la propaganda russa in Europa e negli Stati Uniti, riportano i fact-checker dell’agenzia di stampa francese Agence France-Presse (AFP).
In conclusione, quindi, questa strategia disinformativa mescola elementi reali con dettagli totalmente falsi, il tutto presentato da video che hanno l’aspetto di inchieste indipendenti dal basso realizzate da presunte testimoni con una conoscenza diretta dei fatti e quindi ritenuti, a un occhio meno attento, affidabili. Queste storie inventate diventano poi virali in più parti del mondo, anche grazie all’apparato propagandistico russo e filorusso presente online e sui social media. Un metodo difficilmente smascherabile e utilizzato per screditare gli oppositori di Putin agli occhi dell’opinione pubblica occidentale.