No, il bollettino dell’Iss e nuovi studi scientifici non «smontano le balle sui vaccini» - Facta
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No, il bollettino dell’Iss e nuovi studi scientifici non «smontano le balle sui vaccini»

Il 7 novembre la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione che chiedeva di verificare il contenuto di un articolo pubblicato il 31 ottobre dal quotidiano La Verità, scritto da Maurizio Belpietro, direttore della testata, e intitolato “Nuovi studi e il bollettino Iss smontano le balle sui vaccini”.

Secondo quanto riportato da Belpietro, i dati pubblicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) dimostrerebbero che «chi si è sottoposto alle tre iniezioni si infetta più facilmente di chi non le ha fatte». Insieme al testo  è stato pubblicato un grafico elaborato secondo i dati dell’Iss e che, stando al direttore, renderebbe chiaro che «coloro che non hanno offerto il braccio alla patria hanno un tasso di incidenza – ossia di contagio – ogni 100.000 abitanti inferiore rispetto a chi ha portato a compimento il ciclo vaccinale per la fascia che va dai 12 ai 60 anni. Solo per gli ultraottantenni la curva torna a favore di chi si è vaccinato». Questo smonterebbe «le tesi propagandate per mesi» secondo cui i vaccini proteggerebbero dalla Covid-19.

Grafico inserito nell’articolo pubblicato su La Verità e oggetto della nostra analisi

A sostegno di questa tesi, nell’articolo oggetto della nostra analisi viene citato un presunto studio pubblicato dal Journal of Clinical Medicine in cui, secondo Belpietro, verrebbe riportato che «l’immunità naturale, cioè quella conseguita da chi si è ammalato di Covid ed è guarito, dura più a lungo di quella indotta dai vaccini» e quindi, sempre secondo il direttore de La Verità, chi si è ammalato di Covid ridurrebbe «le probabilità di contrarre forme gravi della malattia rispetto a chi si è vaccinato».

Si tratta di una serie di affermazioni fuorvianti, che veicolano notizie prive di fondamento scientifico. Andiamo con ordine.

Prima di tutto è importante precisare che i dati inclusi nel grafico incluso nell’articolo de La Verità sono reali e corrispondono a quanto riportato dall’Iss nel report pubblicato il 28 ottobre 2022. Ciò che, però, risulta essere fuorviante è l’interpretazione dei dati inclusi nel grafico contenuta nell’articolo.

Patrizio Pezzotti, direttore del reparto di epidemiologia, biostatistica e modelli matematici dell’Iss, il 4 novembre 2022 ha risposto all’articolo de La Verità e ha dichiarato all’Huffpost che «non è corretto dire che la possibilità di contagio è più alta fra i vaccinati che fra i non vaccinati semplicemente guardando le grafiche e non tenendo conto di alcuni limiti delle analisi, che però vengono riportati sia sotto le tabelle che nella nota metodologica del bollettino». Pezzotti ha infatti spiegato che nei grafici viene fatto un semplice rapporto fra numero di casi di popolazione stimata a rischio, «assumendo che i non vaccinati e i vaccinati nei vari gruppi siano omogenei», anche se nella realtà non è così. Infatti, è molto probabile che una quota di persone, in particolare fra i non vaccinati, si sia infettata ma non sia mai arrivata a diagnosi presso le strutture preposte e perciò non può essere conteggiata, facendo così diminuire l’incidenza che nella realtà sarà più elevata per quel gruppo.

Chiariamo che nell’articolo pubblicato dall’Huffpost è presente un aggiornamento del 6 novembre 2022 che riporta una replica di Belpietro, pubblicata su La Verità, alla smentita fornita da Pezzotti. Il direttore del quotidiano chiedeva perché quelli che non arrivano alla diagnosi dovrebbero essere necessariamente fra i non vaccinati e non anche fra i vaccinati. 

Nell’articolo aggiornato dell’Huffpost Patrizio Pezzotti ha risposto a questa domanda affermando che «quando è arrivata la vaccinazione, questa proteggeva dal rischio di infezione, soprattutto nel 2021, di circa il 70-80%, prima che arrivasse Omicron. In quella fase molte persone non vaccinate, si sono infettate perché avevano un più alto rischio» e di queste ne sono state segnalate solo una porzione perché riportavano una sintomatologia lieve o perché, per motivi diversi, non hanno comunicato la positività agli enti preposti. Questa quota di persone, ha continuato Pezzotti, si ripercuote sul fatto che «i suscettibili alla malattia che noi mettiamo a denominatore per fare quei tassi di incidenza sono probabilmente sbilanciati» e non esistono numeri per calcolare questa quota di persone non vaccinate che non ha fatto la diagnosi, ma si è infettata e quindi è a più basso rischio.

Anche Andrea Casadio, ex ricercatore di neuroscienze alla Columbia University di New York e giornalista, il 2 novembre 2022 in risposta all’articolo di Belpietro oggetto della nostra verifica aveva precisato sul quotidiano Domani che il documento dell’Iss dimostra che chi è vaccinato si infetta meno di chi non è vaccinato in tutte le fasce di età e non solo tra gli ultraottantenni, e soprattutto è protetto dalla malattia grave e dalla morte.

Come si può verificare nel grafico dell’Istituto, infatti, nella maggior parte dei periodi riportati e per le classi d’età considerate, il tasso di incidenza di infezione da Sars-CoV-2 ogni 100 mila abitanti tra i non vaccinati è superiore a quello dei vaccinati. L’unica eccezione è per i dati che si riferiscono al periodo tra il 20 settembre 2022 e il 18 ottobre 2022, poiché, come viene chiarito dall’Iss in una nota sotto il grafico, il tasso di incidenza di questo periodo potrebbe essere sottostimato «a causa dell’elevato numero di nuove infezioni, spesso non diagnosticate o autodiagnosticate e quindi non riportate alla sorveglianza». Questo significa che, poiché la notifica della presenza di un’infezione da Covid-19 avviene su base volontaria, è probabile che ci sia un imprecisato numero di persone che non ha comunicato alle autorità sanitarie la propria positività.

Grafico prodotto dall’Istituto Superiore di Sanità e pubblicato nel report del 28 ottobre 2022

In secondo luogo, è importante precisare che il presunto studio pubblicato sul Journal of Clinical Medicine e citato nell’articolo de La Verità non ha valore scientifico. L’articolo è intitolato “SARS-CoV-2- the role of natural immunity: a narrative review” (in italiano: “SARS-CoV-2- il ruolo dell’immunità naturale: una revisione narrativa”) e sostiene che l’immunità naturale ottenuta dopo la Covid-19 sarebbe «paragonabile o superiore a quella indotta dalla vaccinazione anti-Sars-CoV-2» e che quindi la vaccinazione per queste persone non sarebbe indicata, anche se sono necessarie ulteriori ricerche. Come indicato nel titolo, però, non si tratta, quindi, di uno studio vero e proprio ma di una revisione narrativa, cioè di una rielaborazione della letteratura scientifica che non si basa su analisi statistiche e di conseguenza non produce risultati utili per formulare delle previsioni scientifiche, al contrario delle revisioni sistematiche basate su una metodologia standardizzata.Su Facta c’eravamo occupati di altri casi di disinformazione relativi all’immunità data dai vaccini anti-Covid (qui, qui, qui e qui).

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