Fin dalle prime ore, l’invasione russa dell’Ucraina ha generato una quantità impressionante di teorie del complotto. Alcune puntano a negare completamente l’esistenza stessa del conflitto, sostenendo che i morti e i feriti siano in realtà degli “attori”; altre cercano di sollevare dubbi su eventi specifici, come il bombardamento dell’ospedale di Mariupol o il massacro di Bucha; e altre ancora svolgono una funzione propagandistica, su tutte quella dei fantomatici “biolaboratori” ucraini, una delle più note e diffuse.
Secondo questa teoria, in Ucraina esisterebbe una rete di laboratori segreti (tra cui uno nei sotterranei dell’acciaieria Azovstal di Mariupol) finanziati dagli Stati Uniti. In questi luoghi si starebbero progettando armi chimiche e batteriologiche da usare contro la Russia, o addirittura si starebbe architettando una nuova pandemia globale. Il governo russo, pertanto, sarebbe stato costretto a invadere l’Ucraina per difendersi da questa minaccia esistenziale.
Ma com’è nata questa teoria? E perché ha fatto così tanta presa a livello globale? Scopriamolo insieme.
L’origine statunitense della teoria “biolaboratori ucraini”
Contrariamente a quanto si può pensare a prima vista, il luogo di origine della teoria non è in Russia ma negli Stati Uniti, e più precisamente su Gab – un social network fondato nel 2016, modellato su Twitter e noto anche per essere frequentato da estremisti di destra, complottisti e attivisti ultracattolici.
Come ha ricostruito un articolo di NBC News, il 14 febbraio del 2022 (dieci giorni prima dell’invasione russa) un utente ha pubblicato su Gab una mappa che mostrava la presunta ubicazione dei «biolaboratori» in Ucraina «finanziati dal Dipartimento della difesa [statunitense]». Il post però non prende quota e rimane sostanzialmente ignorato.
Tutto cambia il 24 febbraio, il giorno dell’invasione. L’utente di Twitter @WarClandestine (poi sospeso dalla piattaforma) ripubblica la mappa e sostiene che l’aviazione russa sta prendendo di mira proprio i biolaboratori. L’account aggiunge che «la Cina e Russia hanno correttamente incolpato gli Stati Uniti per l’epidemia di Covid-19, e ora temono che gli USA e i loro alleati abbiano altri virus (cioè armi batteriologiche) da rilasciare».
Secondo un’inchiesta della Anti-Defamation League (Adl), organizzazione non governativa di origini ebraiche con sede negli Stati Uniti, dietro @WarClandestine c’è Jacob Creech, un veterano della Guardia Nazionale che vive in Virginia e ha avuto esperienze lavorative nel settore della ristorazione. Oltre a Twitter, l’uomo è attivo anche su Telegram dove ha un canale (“BioClandestine”) seguito da oltre 60mila persone, in cui rilancia notizie false e teorie del complotto legate al movimento complottista di QAnon.
In un post risalente a qualche mese fa, e riportato da VICE News, Creech dice di aver lasciato il suo lavoro in un’enoteca nei sobborghi di Washington D. C. perché non riusciva più a sopportare «le mascherine» e «i liberali a cui hanno fatto il lavaggio del cervello per odiare le persone come me».
A differenza della prima apparizione su Gab, questa volta la mappa e il thread di Creech ricevono molta attenzione. Nel giro di qualche ora la storia viene infatti ripresa dal sito InfoWars di Alex Jones (il più celebre complottista americano), nonché dai canali Telegram degli influencer di QAnon. Su Twitter l’hashtag #USBiolabs entra nei Trending Topic, mentre su TikTok genera decine di migliaia di like e interazioni.
Creech rivendica esplicitamente la paternità della teoria il 26 febbraio nel podcast RedPill78, gestito dal seguace di QAnon Zak Paine. «Sono quello che ha scritto il thread [su Twitter] che è stato ripreso ovunque» si vanta l’uomo «se avete sentito qualcosa sui biolaboratori, è merito mio».
Come già rilevato da Facta, la teoria è in realtà priva di ogni fondamento. Non è mai stata presentata alcuna prova convincente – ad esempio testimonianze affidabili di chi ci ha lavorato o li ha sviluppati, oppure prove video o fotografiche – che nei laboratori ucraini vengano sviluppate armi biologiche. La mappa indica laboratori biologici posseduti e finanziati dal governo ucraino, che fanno parte di un trattato firmato nel 2005 tra Stati Uniti e Ucraina per «ridurre al minimo le potenziali minacce biologiche». Il governo americano ha dichiarato che queste strutture servono per l’appunto a «ridurre la proliferazione di minacce biologiche [e] il rischio di una pandemia» nel quadro del Cooperative Threat Reduction Program, e non per crearle.
Oltre che dagli interessati, anche le Nazioni Unite hanno smentito l’esistenza di programmi di ricerca in Ucraina volti a costruire armi biologiche. Un gruppo di dieci biologici russi (residenti sia fuori che dentro il Paese) ha pubblicamente dichiarato che non esistono progetti di quel tipo in Ucraina, e che i documenti che dovrebbero dimostrarne l’esistenza non dimostrano nulla.
Nonostante ciò, annota l’articolo sul sito della Anti-Defamation League, «la teoria sui biolaboratori si è velocemente imposta tra i seguaci di QAnon come la spiegazione principale dell’aggressione russa. Non solo ‘giustifica’ l’invasione ai loro occhi, ma conferma l’ipotesi che il Covid-19 sia un’arma biologica creata dagli Stati Uniti».
Da @WarClandestine al Cremlino
Mentre la prima fase dell’offensiva russa entra nel vivo, la teoria compie un ulteriore salto di qualità e rimbalza in almeno tre continenti.
Il 27 febbraio l’ambasciata russa in Bosnia ed Erzegovina pubblica su Facebook un comunicato in cui si accusano gli Stati Uniti di «riempiere l’Ucraina con biolaboratori militari» dove «si studiano metodi per distruggere il popolo russo a livello genetico». Qualche giorno dopo Sputnik News, una testata finanziata dal Cremlino, diffonde su Telegram un presunto “documento segreto” che confermerebbe l’esistenza di questi laboratori; in realtà, puntualizza un articolo di Business Insider, si tratta di un generico documento di un laboratorio veterinario nella regione di Lugansk.
Il 3 marzo il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov afferma che gli Stati Uniti «hanno costruito due laboratori biomilitari a Kyiv e Odessa, dove si creano agenti patogeni». L’8 dello stesso mese la portavoce del ministero degli esteri russo Maria Zakharova rivela che il «regime di Kyiv» ha nascosto «armi biologiche» americane.
Il 10 marzo è il turno di Igor Konashenkov, portavoce del Ministero della Difesa russo: in una conferenza stampa il militare dice che l’Ucraina, spalleggiata dagli Stati Uniti, avrebbe intenzione di usare pipistrelli, insetti e uccelli migratori per «spargere agenti patogeni in Russia».
Lo stesso giorno Igor Kirillov – comandante delle forze di protezione nucleare, biologica e chimica dell’esercito – parla dell’esistenza di un fantomatico «Progetto UP-4», ossia una «rete segreta di biolaboratori sparsi tra Kyiv, Odessa e Kharkiv» in cui si sperimentano armi chimiche e biologiche in grado di «colpire selettivamente» i russi.
L’11 marzo, invece, la teoria sui “biolaboratori” diventa la giustificazione ufficiale della Russia di fronte al mondo intero. Durante una sessione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, il rappresentante russo Vasily Nebenzya ripete le falsità sui «laboratori segreti», avvertendo tutti i Paesi europei del «pericolo biologico» che potrebbe arrivare dall’Ucraina, soprattutto da parte dei «gruppi nazionalisti radicali» in combutta con il ministero della difesa statunitense.
Il 24 marzo la teoria si arricchisce di altri elementi. In una conferenza stampa Igor Kirillov sostiene che i «biolaboratori ucraini» sono stati finanziati anche da George Soros e da Hunter Biden, il figlio del presidente americano Joe Biden da tempo al centro di svariate notizie false e teorie cospirative. Inoltre, aggiunge il militare, gli Stati Uniti avrebbero testato farmaci sperimentali sui soldati ucraini, uccidendone venti e ferendone duecento.
La teoria va in Cina e ritorna negli Stati Uniti
Nello stesso periodo, evidenzia un’analisi della Cnn, la propaganda della Russia è acriticamente ripresa da vari media statali in Cina. La televisione pubblica CCTV, ad esempio, rilancia le dichiarazioni di Konashenkov; lo stesso fanno il quotidiano Global Times e altre testate. Anche sul social network Weibo la teoria dei “biolaboratori ucraini” circola parecchio.
In una conferenza stampa tenutasi l’8 marzo del 2022, il portavoce del ministero degli esteri Zhao Lijian spiega che l’esercito russo «ha scoperto i segreti dei laboratori americani in Ucraina», e che questa «rivelazione» non può essere bollata come una semplice operazione di disinformazione. Lijian è lo stesso funzionario che nel 2021 ha accusato gli Stati Uniti di aver creato la Covid-19 all’Istituto di ricerca medica sulle malattie infettive dell’esercito Usa di Fort Detrick.
Ma non è finita qui: dopo essere stata riciclata in Russia e Cina, la storia dei “biolaboratori ucraini” torna in pompa magna negli Stati Uniti. Oltre agli ambienti qanonisti e di estrema destra, ne parlano candidati al Congresso come Ron Watkins – il gestore della imageboard 8chan, sospettato di aver materialmente scritto i post dell’utente anonimo Q da cui è nato il movimento di QAnon – e soprattutto il conduttore di Fox News Tucker Carlson.
Quest’ultimo, ampiamente noto per diffondere disinformazione e teorie del complotto, dà ampio spazio ai “biolaboratori” nel suo programma Tucker Carlson Tonight, e afferma che ciò che dicono Russia e Cina «è totalmente e completamente vero» poiché l’amministrazione Biden «finanzia la creazione di patogeni letali». Gli spezzoni sono a loro volta rilanciati con grande enfasi dai media russi, che li presentano come ulteriore prova dell’esistenza dei “biolaboratori”.
Per il giornalista della Cnn Donie O’Sullivan ci troviamo dunque di fronte ad una «macchina disinformativa» che funziona in questo modo: il governo russo rilascia dichiarazioni suggestive, disseminando “indizi” che poi vengono ripresi dai media (controllati dal Cremlino) e da decine di siti non ufficiali. La storia è ulteriormente amplificata dai social media, che ci ricamano sopra e la rendono ancora più incredibile e assurda. E quelle stesse assurdità finiscono di nuovo sui media russi, facendo ripartire il ciclo.
La lunga storia della disinformazione sulle “armi biologiche”
Non è la prima volta che il Cremlino accusa gli Stati Uniti di finanziare o gestire pericolosi laboratori in Ucraina o in altri Paesi confinanti con la Russia.
Nel maggio del 2020, ad esempio, il quotidiano russo Izvestia aveva parlato di una rete di laboratori segreti in Ucraina finanziati dagli Stati Uniti, una fantasia poi rilanciata su vari canali Telegram e da Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza della Russia.
Nel 2018 era invece circolata la voce che nel Lugar Center for Publich Health Research di Tsiblisi, in Georgia, si stessero producendo armi chimiche. La storia, promossa anche dalla tv di stato russa Rossiya 24, era falsa ed è stata smentita – tra gli altri – da un gruppo di ricercatori che aveva visitato il laboratorio non trovandoci nulla di strano.
Se si torna ancora più indietro nel tempo, ossia all’epoca sovietica, gli esempi in tal senso si sprecano. Come sottolineato in un’intervista a NBC News Thomas Rid, professore alla Johns Hopkins University e autore del saggio Misure attive, «il Cremlino ha alle spalle una lunga storia di disinformazione e di accuse agli Stati Uniti sul tema».
Per Rid, questo tipo di notizie false serve soprattutto a distogliere l’attenzione dall’uso reale di armi chimiche da parte della Russia. All’inizio degli anni Ottanta l’esercito russo aveva impiegato armi chimiche in Afghanistan e nel Laos, e proprio in quel periodo erano apparse bizzarre teorie su zanzare geneticamente modificate dalla CIA per diffondere l’encefalite.
Più in generale, scrive il ricercatore Milton Leitenberg in un dettagliato paper pubblicato nel 2021 sulla The Nonproliferation Review, dal 1949 al 1988 l’Unione Sovietica ha condotto più di dieci grosse campagne di disinformazione sulle armi chimiche e biologiche, tra cui quella di una «bomba etnica» prodotta da Stati Uniti e Sudafrica in grado di uccidere solo le persone nere.
La più famigerata è la cosiddetta “Operazione Denver”: questa campagna del Kgb sosteneva che il virus dell’HIV fosse stato sintetizzato a Fort Detrick, per essere poi rilasciato in Africa e negli stessi Stati Uniti contro la popolazione afroamericana. Leitenberg la descrive come l’«operazione di propaganda più riuscita nell’ambito dell’intera Guerra Fredda».
Per quanto nella teoria dei “biolaboratori ucraini” rimangano delle tracce di queste vecchie campagne (come l’utilizzo di animali come vettori di virus o le armi “etniche”), la più grande differenza sta nella modalità con cui viene diffusa. Rispetto al periodo sovietico, infatti, non c’è più bisogno di disseminare false informazioni su oscure riviste, oppure di mascherare la fonte primaria: ora, infatti, è tutto completamente alla luce del sole. E sono proprio le autorità russe a promuovere le teorie, facendo anche ricorso allo stile dei complottisti statunitensi, come dimostra una mappa diffusa l’11 maggio del 2022 dal ministero della difesa russo, che ricorda le mappe concettuali realizzate da seguaci di QAnon.
In questo senso, l’intera vicenda dei “biolaboratori ucraini” dimostra come ormai ci sia una totale convergenza tra la propaganda russa e il complottismo occidentale.
In conclusione
La teoria del complotto sui laboratori segreti in Ucraina in cui si progettano armi biologiche ha iniziato a circolare fin dalle prime ore del conflitto. È nata all’interno del social network di estrema destra Gab, per poi diffondersi su Twitter e altre piattaforme.
Da lì in poi è arrivata in Russia, dov’è stata rilanciata dalla propaganda ufficiale per giustificare l’invasione dell’Ucraina, e anche sui media di stato cinesi. A quel punto è ritornata negli Stati Uniti, dove il conduttore di Fox News Tucker Carlson gli ha dato ulteriore popolarità.
Sebbene la Russia abbia alle spalle una lunga storia di disinformazione sulle “armi biologiche” statunitensi, la teoria dei “biolaboratori” è diversa da quelle del passato: a promuoverla non sono i servizi segreti, ma direttamente i vertici del governo e delle forze armate.
Leonardo Bianchi è news editor di VICE Italia. Ha pubblicato La Gente. Viaggio nell’Italia del risentimento (2017) e Complotti! Da QAnon alla pandemia, cronache dal mondo capovolto (2021), entrambi con minimum fax. Cura una newsletter sulle teorie del complotto chiamata COMPLOTTI!.