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No, Covid-19 non significa «Certificato di Identificazione della Vaccinazione» e non c’entra l’intelligenza artificiale

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25 maggio 2020
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Il 25 maggio la redazione di Facta ha ricevuto via WhatsApp diverse richieste di verifica di un messaggio in cui si sostiene che il termine Covid-19 sia una sigla che avrebbe a che fare con un piano per la riduzione della popolazione globale con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.

In particolare, la prima parte del termine (e, quindi, Covid) indicherebbe un presunto «Certificato di Identificazione della Vaccinazione», mentre la cifra 19 starebbe a indicare (in base alla rispettiva posizione nell’alfabeto) le lettere «a» ed «i», acronimo di «Intelligenza artificiale». Si tratterebbe, leggiamo nel testo, del «Piano internazionale per il controllo e la riduzione delle popolazioni, che si è sviluppato nel corso di decenni ed è stato lanciato a gennaio durante il DAVOS 2020, il forum economico mondiale dell’elitè». Stando al testo del messaggio, il virus si inattiverebbe dopo 70 giorni ma ciò che lo riattiva è «il terreno immunitario indebolito dalla vaccinazione» assieme, leggiamo, al 5G, «che installano in ogni città del mondo per indebolire le nostre difese immunitarie».

Si tratta di una serie di notizie false, frutto di fantasia. Andiamo con ordine.

Iniziamo col precisare che nessuna ricerca in rete ha permesso di risalire alla fonte dell’informazione in merito all’esistenza di un presunto «Certificato di Identificazione della Vaccinazione con Intelligenza Artificiale»: questa espressione in rete non esiste, né vi è traccia di questo ipotetico documento in alcun organo di stampa nazionale o internazionale.

Al contrario, sappiamo che il termine Covid-19 è stato annunciato dall’Organizzazione mondiale della sanità l’11 febbraio 2020, a definire la malattia da nuovo coronavirus: le lettere «Co» indicano il termine corona, «vi» sta per virus, «d» è l’iniziale di disease (che in lingua inglese significa malattia), mentre il numero «19» è l’indicazione temporale dell’identificazione dell’epidemia, che risale al 31 dicembre del 2019, con il focolaio di Wuhan (Cina).

Nell’elaborare questo nome, l’Oms ha seguito le best practices, cioè le buone pratiche (riportate qui per trasparenza) elaborate dalla Food and Agriculture Organization (Fao) e alla World Organization for Animal Health (Oie), che hanno l’obiettivo di «ridurre al minimo l’impatto negativo non necessario dei nomi delle malattie sul commercio, i viaggi, il turismo o il benessere degli animali ed evitare di offendere qualsiasi gruppo culturale, sociale, nazionale, regionale, professionale o etnico».

È corretto sostenere, come fatto nel messaggio in esame, che la parola Covid-19 non sia «il nome del virus». Il virus in questione è indicato con la sigla SARS-CoV-2, contrazione di Severe Acute Respiratory Syndrome CoronaVirus 2: in questo caso, l’organo deputato alla nomenclatura è l’International Committee on Taxonomy of Viruses. Il termine Covid-19 esprime nello specifico la malattia, cioè l’insieme degli effetti sull’organismo, del nuovo coronavirus.

L’affermazione per cui ci sarebbe di mezzo un piano di identificazione per la riduzione della popolazione non trova però alcun riscontro oggettivo. Non esiste alcuna prova, inoltre, che nel corso dell’ultimo World Economic Forum, avvenuto a Davos (Svizzera) dal 21 al 24 gennaio 2020, sia avvenuto alcun dibattito in merito al “lancio” di un piano condiviso per la riduzione della popolazione. Questo, visibile a tutti, il programma degli incontri.

Il messaggio è molto probabilmente una traduzione, con qualche modifica, di alcuni post (qui e qui alcuni esempi) che nelle ultime settimane sono circolati molto all’estero su Facebook in lingua inglese e già passati sotto la lente di colleghi fact-checker stranieri come Reuters (lo scorso 24 aprile) e Associated Press (il 2o maggio 2020). Nel post si fa riferimento, appunto, a un presunto «Certificate of Vaccination IDentification» e, in alcuni casi, a un piano (già smentito) gestito da Bill Gates (che come abbiamo trattato in più occasioni anche noi di Facta, è oggetto di molte bufale a tema Covid, legate ai vaccini o a un presunto piano per il controllo della popolazione).

Sull’ipotesi che il virus possa inattivarsi da solo nell’arco di alcuni giorni («dopo 70», si legge nel messaggio in esame») non esiste alcun riscontro scientifico e lo stesso vale sul presunto legame tra la rete per le telecomunicazioni 5G e la diffusione del virus: l’Organizzazione mondiale della sanità ha inserito questa teoria tra i casi di disinformazione più diffusi sulla pandemia, come abbiamo avuto modo di verificare più volte (per esempio qui, qui, qui e qui). Infine, anche la generica presunta tossicità del 5G risulta a oggi infondata (fonte: Oms).

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