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Chi ha diffuso la disinformazione in Italia nel 2020?

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29 dicembre 2020
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Quello che sta per andare in archivio è un anno particolarmente florido per la disinformazione in Italia, che è riuscita a permeare – e, talvolta, persino a condizionare – un dibattito pubblico inevitabilmente centrato sui temi della pandemia da Covid-19.

Durante i mesi più intensi dell’emergenza sanitaria abbiamo assistito alla creazione e alla diffusione di notizie inventate, rimedi medici privi di fondamento scientifico, improbabili teorie del complotto e presunti documenti ufficiali, che di ufficiale in realtà avevano ben poco. In una parola sola, all’infodemia.

Per questo motivo Facta ha scelto di dare assoluta centralità ai contenuti, concentrandosi sulla verifica dei dati e delle informazioni processate attraverso l’utilizzo di fonti ufficiali o considerate affidabili dalla comunità scientifica. Ma non abbiamo dimenticato che ognuno di quei contenuti nasce e si diffonde all’interno di un contesto specifico e che dietro ogni articolo, video o fotomontaggio creato con l’intento di raccontare una realtà distorta si nasconde una traccia dei suoi creatori.

Abbiamo dunque deciso di tirare le somme, per provare a capire chi ha diffuso la disinformazione nel 2020 e come hanno fatto questi contenuti ad arrivare fino a noi.

Genesi di una bufala

Il primo passo per ricostruire la catena della diffusione di una notizia falsa è esaminare il suo punto di ultimo approdo, ovvero il passaggio che ha permesso a quella notizia di raggiungere un pubblico molto vasto.

Secondo un report pubblicato da NewsGuard, progetto di monitoraggio dei media che si occupa di analizzare le dinamiche della disinformazione a livello internazionale, la maggior parte delle bufale sulla Covid-19 durante la prima ondata ha raggiunto la viralità in Italia grazie ai social media, seppur con modalità differenti.

Su Facebook, come spiega NewsGuard, i principali contenuti disinformativi hanno beneficiato della condivisione di pagine con un vasto bacino d’utenza (complessivamente quasi 5,5 milioni di utenti, con almeno 75 mila follower ciascuna), che attraverso un sapiente gioco di rimandi e citazioni sono state in grado di trasformarsi in veri e propri network con una potenza mediatica (in termini di follower) pari a quella del profilo ufficiale del quotidiano la Repubblica sullo stesso social network.

Si trattava di pagine all’apparenza insospettabili, con nomi molto comuni e non connotati politicamente come Luxury Fashion o Semplicemente Charlie, che attirando un pubblico generalista potevano arrivare a contare fino a 2 milioni di follower. Le pagine Facebook in questione alternavano contenuti più leggeri – come citazioni romantiche, consigli relativi alla moda o ricette culinarie – alla condivisione acritica di link contenenti notizie false o non verificate sulla Covid-19, spesso rilanciando le stesse didascalie a corredo dei post (la parte di testo che spesso accompagna la pubblicazione di link sui social) dalle altre pagine del network. Tutti gli articoli condivisi dalla rete provenivano da due siti web, ViralMagazine e FanMagazine, che si presentano come portali d’informazione generalista e raccoglitori di link virali, ma che si occupano assiduamente di temi cari alla disinformazione. Entrambi i siti sono stati creati prima dell’emergenza sanitaria (rispettivamente nel 2018 e nel 2019) ma non risultano segnalazioni di bufale precedenti alla pandemia.

Le pagine segnalate da NewsGuard oggi non compaiono più su Facebook, ma utilizzando lo strumento di ricerca social CrowdTangle possiamo rintracciarne altre ancora attive, come Piccola Gioia (nata per condividere foto di animali e link della buonanotte), Massimo Decimo Meridio e Nel Cuore delle Donne, che hanno comunque smesso di diffondere disinformazione a maggio 2020.

La dinamica su Twitter appare leggermente differente, perché sul social network dei 280 caratteri ad amplificare la disinformazione ci hanno pensato pochi ma agguerriti influencer. Come spiega NewsGuard in un report riferito alla prima ondata pandemica, i super-diffusori di notizie false sulla Covid-19 in Europa sono stati in tutto 16, di cui ben 5 italiani. Si tratta nella maggior parte dei casi di personalità pubbliche, che diffondono i contenuti utilizzando la loro reale identità e tra questi troviamo l’ex parlamentare di Forza Italia Alessandro Meluzzi, l’ex coordinatrice provinciale della Lega in Sicilia Patrizia Rametta e il senatore del Movimento 5 Stelle Elio Lannutti. Gli altri profili Twitter segnalati da NewsGuard sono due vecchie conoscenze della disinformazione in Italia, ovvero Byoblu – alter-ego virtuale del blogger Claudio Messora, a capo della comunicazione del Movimento 5 Stelle tra il 2013 e il 2014, di cui ci eravamo occupati in un’altra occasione – e il giornalista pubblicista Cesare Sacchetti, di cui avevamo già parlato in qui, qui e qui.

I siti web di disinformazione

Un aspetto che accomuna i super-diffusori di Facebook a quelli di Twitter è che in entrambi i casi questi si limitano ad amplificare l’audience di contenuti già in circolazione, senza crearne di nuovi. Non siamo insomma di fronte a una fonte primaria di disinformazione, ma a pagine o account che sfruttano il proprio seguito per ampliare la platea dei potenziali fruitori di notizie false. Ma allora da dove arriva davvero la disinformazione che circola sui social network?

Per rispondere a questa domanda dovremo ancora una volta affidarci a NewsGuard, che in un altro report ha sintetizzato i risultati di un monitoraggio sui «siti inaffidabili che hanno pubblicato affermazioni false sul coronavirus». Secondo il report, alla data del 14 dicembre 2020 sono in tutto 37 i siti che in Italia hanno pubblicato disinformazione sulla Covid-19, che diventano 371 se decidiamo di allargare lo sguardo anche a Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti. Sono questi i veri “contenitori” della disinformazione online, un piccolo esercito virtuale composto da siti web dedicati alla cosiddetta controinformazione, blog più o meno amatoriali e vere e proprie testate giornalistiche.

Nell’elenco fornito da NewsGuard troviamo infatti piccole realtà come DataBase Italia, portale online che durante l’emergenza sanitaria si è distinto per una martellante campagna di bufale anti-scientifiche e pro-QAnon, network consolidati come Oltre.tv e Leggilo (appartenenti rispettivamente alla rete di disinformazione di Arcanet Web, nota per il sito complottista di estrema destra InformarexResistere, e a quella di Planet Share), ma anche vere e proprie testate giornalistiche regolarmente registrate, come La Verità, Il Primato Nazionale e Il Populista (questi ultimi due fondati rispettivamente da esponenti di CasaPound e Lega). Non mancano poi i blog creati dagli influencer del complottismo e in questa categoria troviamo ancora una volta Byoblu, Cesare Sacchetti con il suo La Cruna dell’Ago e il sito personale di Maurizio Blondet, anche lui giornalista.

I siti web dedicati alla disinformazione sono stati una delle costanti nel 2020 di Facta. Verificando le segnalazioni inviate dai lettori ci siamo addentrati in un fitto sottobosco fatto di siti specializzati nella disinformazione, ciascuno dei quali agiva seguendo una precisa agenda e occupandosi di uno specifico settore.

Abbiamo constatato, ad esempio, che VoxNews predilige il tema dell’immigrazione, Blondet e Friends quello dell’anti-vaccinismo, mentre DataBase Italia è specializzata nelle bufale sul 5G. Un attivismo pericoloso, che nella maggior parte dei casi ha effetti diretti nella vita quotidiana dei cittadini, come evidenziano i sondaggi sulla disponibilità a ricevere il vaccino contro la Covid-19 o i racconti degli assalti incendiari ad antenne e centraline 5G nel Regno Unito.

Questi spazi virtuali ospitano buona parte della disinformazione che ogni giorno incontriamo sulle piattaforme e proliferano grazie alle condivisioni social stimolate dalla vasta rete di pagine Facebook e account Twitter di cui abbiamo già parlato. Ma anche in questo caso ci troviamo per lo più di fronte a un lavoro di selezione, raccolta e diffusione dei contenuti: la genesi di una bufala non avviene su questi lidi.

Le fonti primarie della disinformazione

Arriviamo dunque al cuore della macchina disinformativa che ha inquinato il dibattito pubblico durante l’emergenza sanitaria globale, i produttori primi di bufale che nel 2020 abbiamo incontrato su Facta.

Se buona parte della disinformazione online sfugge a ogni tentativo di risalire univocamente a un autore (è il caso dei falsi documenti ufficiali circolati in questi mesi e dei quali è impossibile tracciare con esattezza la genesi), le teorie anti-scientifiche sulla Covid-19 sono invece spesso associabili a un nome e un cognome ben precisi. Questo accade perché anche i produttori di bufale sfruttano il principio di autorità, quel meccanismo che dona maggiore credibilità a una tesi, se questa è avanzata da una personalità a cui vengono riconosciuti autorevolezza e prestigio.

Una fetta non trascurabile della disinformazione nel 2020 è stata dunque messa in circolo da personalità che orbitano attorno al mondo scientifico, portatori di posizioni minoritarie e ampiamente screditate dalla loro comunità di riferimento. È il caso di Stefano Montanari, laureato in Farmacia e divulgatore vicino a posizioni antivacciniste, che insieme alla moglie Antonietta Gatti ha diffuso teorie create per ridimensionare la gravità della Covid-19, come quella priva di fondamento che riconduce i decessi per coronavirus alla tromboembolia polmonare (avevamo verificato quest’affermazione qui).

Ma in questi mesi abbiamo imparato a conoscere anche il dottor Stefano Scoglio, presunto «candidato al Nobel» secondo cui i tamponi molecolari gonfierebbero il numero di positivi, il dottor Pasquale Bacco, che in un evento organizzato alla Camera dei Deputati ha diffuso informazioni false sulla Covid- 19, minimizzando la pericolosità della malattia, e il dottor Roberto Petrella, secondo cui il Sars-Cov-2 sarebbe stato creato in laboratorio. Abbiamo fatto ordine nella confusione generata da Silvana De Mari (medico e scrittrice fantasy, opinionista del quotidiano La Verità) e precisato alcune delle informazioni scorrette rilasciate alla stampa da Giorgio Palù, ex direttore del Dipartimento di medicina molecolare presso l’Università di Padova.

Buona parte della disinformazione sulla Covid-19 è insomma stata direttamente generata da persone con qualche titolo per essere incluse nel mondo scientifico, che con le loro affermazioni, interviste e post sui social network hanno contribuito al diffondersi dell’infodemia. Parliamo, vale la pena specificarlo ancora, di posizioni nettamente minoritarie tra gli scienziati, ma funzionali alla narrazione di pagine e siti web dedicati alla disinformazione e al complottismo. Possiamo così trovare le opinioni di Montanari sulla presunta pericolosità del vaccino anti-Covid rilanciate da Oltre.tv, il debole e screditato studio di Pasquale Bacco descritto nel dettaglio su La Cruna dell’Ago e un’intervista di ByoBlu in cui Stefano Scoglio denuncia la «dittatura sanitaria».

Questa ondata di nuove bufale si affianca ai filoni storici della disinformazione, con cui conviviamo da almeno vent’anni, finendo in molti casi per diventare un tutt’uno. È quello che è accaduto a Bill Gates, già nel mirino della disinformazione antivaccinista per i numerosi finanziamenti concessi a campagne di vaccinazione e diventato nel 2020 uno dei bersagli preferiti dal complottismo mondiale. A causa di una donazione da 5,5 miliardi di dollari elargita all’Organizzazione mondiale della sanità – che lo rende la seconda fonte di finanziamento dell’autorità sanitaria e che gli ha attirato non poche critiche anche dalla stampa mainstream, secondo cui avrebbe un’eccessiva capacità di influenzare alcune decisioni dell’Oms – il fondatore di Microsoft durante l’ultimo anno è stato accusato di qualunque tipo di macchinazione, da quella che lo vorrebbe intento a programmare un piano per ridurre la popolazione mondiale e al tentativo di speculare sugli eventuali vaccini contro la Covid-19.

In conclusione

Nel 2020 la disinformazione si è diffusa soprattutto sui social network, alimentata da network di pagine Facebook e da influencer complottisti su Twitter. Questa vasta rete social è descritta in diversi report pubblicati da NewsGuard e sfrutta il lavoro di selezione e raccolta effettuato dai siti web che nel 2020 hanno diffuso bufale (NewsGuard ne elenca in tutto 37 in Italia).

La fonte primaria di disinformazione nel 2020 si è però rivelata una schiera di personalità che orbitano attorno al mondo scientifico, portatori di posizioni minoritarie e generatori di teorie prive di fondamento ampiamente screditate in ambito accademico. Questa dinamica è tutto fuorché innocua, dal momento che nella maggior parte dei casi ha effetti diretti nella vita quotidiana delle persone, come evidenziano i sondaggi sulla disponibilità a ricevere il vaccino contro la Covid-19 o i racconti degli assalti incendiari ad antenne e centraline 5G nel Regno Unito

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