La disinformazione sul conflitto russo-ucraino continua a circolare su Internet e i social network e, insieme ai colleghi fact-checker di altri Paesi, stiamo raccogliendo i principali casi diffusi in Italia e nel mondo.
Ma, al di là delle notizie false, quali sono le tecniche utilizzate per veicolarle? Come si stanno muovendo le realtà che diffondono disinformazione? Guardiamo da vicino un network di cui abbiamo già scrittoin passato, quello di Mag24: ieri impegnato nella diffusione di notizie false e complotti sulla pandemia di Covid-19, oggi vicino alla propaganda russa e responsabile di veicolare almeno un contenuto di disinformazione sul conflitto in corso.
Com’è la disinformazione russo-ucraina In un nostro recente articolo (e nella prima puntata del nostro podcast) abbiamo passato in rassegna le principali tendenze che, ad oggi, la redazione di Facta ha incontrato nella disinformazione sulla guerra in Ucraina.
Abbiamo parlato di “meta-disinformazione”, una serie di contenutidisinformativi per accusare i media tradizionali di diffondere notizie false (di fare disinformazione, cioè); di confusione tra realtà e finzione e, quindi, in tutti quei casi in cui film o videogame sono staticonsiderati dei contenuti reali. Abbiamo raccontato come i temi diffusi dalla propaganda del Cremlino siano oggi presenti in Italia, dando vita ad una disinformazione ideologicamente orientata e diffusa per fini propagandistici. E, infine, abbiamo spiegato come non manchino le immaginidi repertorio appartenenti ad altri contesti (a volte vecchie di anni!), oggi erroneamente utilizzate per raccontare il conflitto.
Non solo. Grazie alla partnership con l’Università Carlo Bo di Urbino (qui e qui due nostri articoli sul tema, qui lo studio curato dai ricercatori), abbiamo la possibilità di osservare come si sta comportando in queste settimane uno specifico network di disinformazione, già attivo durante la pandemia.
Si tratta della rete Mag24.
Come si presentano i contenuti di Mag24 I contenuti pubblicati sui social network da Mag24 sono facilmente riconoscibili, perché hanno sempre la stessa struttura. Sono immagini accattivanti, spesso costruite come meme dai toni sensazionalistici nello stile “clickbait”, con il link all’articolo riportato nel primo commento. Vediamo un esempio, sia per la pandemia che per la guerra in Ucraina.
La tecnica utilizzata per la pubblicazione dei contenuti è la stessa sia per la pandemia che per l’attuale conflitto e, in entrambi i casi, il link a cui i post rimandano appartengono al sito mag24.es.
I post Facebook sono composti sempre allo stesso modo: c’è un’immagine che attira l’attenzione dell’utente (o per il soggetto mostrato, o per il momento immortalato, o per le sue dimensioni) accompagnata da un testo che, oltre a saltare all’occhio per font e colori utilizzati, ha spesso toni polemici e coinvolgenti.
Segue, nel primo commento, un link che rimanda alla lettura dell’articolo completo. Non è un dettaglio da poco: come spiegato dai ricercatori di Urbino, spesso i post Facebook strutturati come i due che abbiamo visto sono pubblicati su pagine diverse, rimandando però ad uno stesso articolo e riportano quindi lo stesso link. Questo è un indizio dell’esistenza di un network di realtà legate al dominio Mag24 che su Facebook agiscono allo stesso modo. Non solo: pubblicare il link all’interno di un commento è anche una strategia per aggirare la possibile verifica di fact-checker e debunker, dal momento che i link lì posizionati hanno più possibilità di sfuggire al processo di verifica della piattaforma.
Dato che parliamo di disinformazione guardiamo da vicino due casi pubblicati da Mag24 e dalle pagine Facebook associate al dominio, così da avere idea del tipo di notizie veicolate.
Il primo esempio è a tema Covid-19 e riguarda una presunta dichiarazione erroneamente attribuita alla scienziata Ilaria Capua (ne parlavamo qui). A novembre 2021 Mag24 ha sostenuto che Capua, ospite a In Onda (La7), nel parlare della campagna vaccinale avrebbe detto «Fate le cavie e non rompete le palle». In realtà sono parole mai pronunciate da Capua e lontane da quanto espresso pubblicamente dalla scienziata, sia durante la trasmissione che negli altri interventi pubblici precedenti.
Ma le notizie false non finiscono qui. Proprio negli ultimi giorni Mag24 ha dato visibilità ad un caso di disinformazione a tema Ucraina (noi ne abbiamo parlato qui). Si tratta della vicenda che ha riguardato la donna incinta fotografata tra le rovine dell’ospedale pediatrico di Mariupol (Ucraina), bombardato con un attacco aereo russo il 9 marzo 2022.
Stando alla ricostruzione di Mag24, la donna sarebbe «effettivamente incinta, ma non c’era modo di “sdraiarsi” in un ospedale di maternità da tempo occupato dai neonazisti di Azov» e sarebbe «stata truccata e portata sotto le telecamere». In realtà, secondo tutte le ricostruzioni più attendibili le cose non sono andate così: l’idea che la donna fosse lì in quanto attrice è stata propagandata da diverse ambasciate russe, ma è una notizia falsa. Anche in questo caso, la strategia utilizzata su Facebook per la pubblicazione dell’articolo è stata la stessa.
Perché non c’è nulla di nuovo Come anticipavamo, Mag24 è al centro di un network di disinformazione già conosciuto. Riassumiamo quanto sappiamo e la sua storia.
Mag24 è registrato con un dominio spagnolo (mag24.es) e all’interno del sito vengono pubblicate soprattutto notizie politicamente orientate, come emerge anche dagli esempi che abbiamo visto. SecondoNewsGuard il sito è stato tra i disinformatori più influenti del 2021.
Il dominio, come hanno ricostruito i ricercatori di Urbino e i colleghi di Open, è stato registrato da Francesco (noto anche come Chicco) Soro. Soro ha partecipato nel 2009 alle elezioni comunali di Novi Ligure (Piemonte), candidato come consigliere comunale per “Leghisti di Novi” a sostegno di Gigi Moncalvo (che perderà le elezioni ma diventerà direttore de La Padania, quotidiano della Lega). Il passato di Soro non è solo politico: stando a questiarticoli, nel 2013 è anche stato arrestato per spaccio di marijuana.
Clicca qui per leggere lo studio completo dei ricercatori di Urbino
Fatta chiarezza sul volto dietro il Mag24, passiamo ai contenuti. La homepage del sito riporta notizie di vario tipo (politica, esteri, gossip, consigli su benessere, viaggi, sport) e la pagina Facebook collegata al sito risulta non essere più disponibile. Come però dimostrano gli screenshot riportati sopra, Mag24 riesce ad essere comunque presente con i suoi link su Facebook. Come fa?
Ciò accade perché ci sono diverse pagine dal nome insospettabile (ad esempio “Grande Cocomero Classic” o “Italia Sovrana e Fuori dall’Europa” o “Sergio Mattarella non è il mio presidente”) che sono in realtà direttamente collegate al sito di Mag24, come emerge leggendo all’interno della sezione “Informazioni” delle diverse pagine Facebook (vedi immagini sotto). Questo particolare fa sospettare la gestione delle pagine da parte delle stesse persone e in questo modo il sito ha la possibilità di raggiungere gli utenti Facebook da più pagine diverse, gestite tra loro come un unico network.
Il pubblico raggiunto dal network di Mag24 è molto ampio. Come calcolato dai ricercatori di Urbino, tra il gennaio 2020 e il novembre 2021 le diverse pagine appartenenti al network hanno pubblicato in media 5.447 post al mese, di cui il 95 per cento immagini e meno del 3 per cento link. Nello stesso periodo di tempo, i post di Facebook condivisi da questa rete hanno prodotto oltre 6.863.000 interazioni.
Oggi gli stessi utenti rischiano di essere vittime della disinformazione sulla guerra in Ucraina. Ma come fare per difendersi? Ecco alcuni consigli.
Prima di condividere, rifletti e domandati come mai un dato contenuto è arrivato a te, quali informazioni contiene, quale ideologia supporta o che prodotto vuole vendere.
Controlla la fonte e cerca la stessa notizia confermata da almeno altre due fonti nazionali o internazionali di cui ti fidi.
Fai attenzione ai contenuti reali utilizzati per diffondere disinformazione, i cosiddetti contenuti fuori contesto. Qui trovi molti esempi che possono aiutarti a stare in guardia.
Anche la satira può essere uno strumento per fare disinformazione e ciò accade quando i malintenzionati la utilizzano per far cadere in errore gli utenti e aggirare i fact-checker.
Se è troppo bello o troppo brutto per essere vero, probabilmente non lo è.
Utilizza Google Fact-Check Explorer, è un sistema di ricerca molto semplice che permette di scoprire tutti gli articoli di fact-checking pubblicati su un dato tema. Provalo cliccando qui.
Allenati utilizzando i sistemi di ricerca inversa per immagini, ti permettono di verificare se su Internet una data immagine o video è già stato pubblicato così da scoprirne data e contesto originale.
Attenzione alla “sindrome dell’apprendimento facile”: sfatare un’informazione non è così semplice come sembra.
Se hai un dubbio, contatta l’organizzazione di fact-checking che lavora nel tuo Paese. Molto probabilmente sapranno come aiutarti!
Sfrutta la tua mente e il tuo senso critico, ti costringeranno a riflettere e a porti le domande più adatte quando si tratta di distinguere cosa è vero da cosa è falso.
In conclusione La disinformazione sul conflitto tra Russia e Ucraina continua a popolare i social network e in breve tempo le realtà che fino a qualche settimana fa diffondevano notizie false sulla pandemia hanno adattato la propria linea editoriale, cominciando a parlare della guerra.
È il caso del network Mag24, già conosciuto per i contenuti di disinformazione a tema Covid-19 pubblicati durante gli ultimi due anni e che oggi sfrutta diverse pagine Facebook per la diffusione di articoli che richiamano la propaganda russa. La strategia utilizzata è la stessa del passato: viene pubblicata un’immagine che per foto o testo richiama l’attenzione dell’utente e il rimando all’articolo è lasciato nel primo commento sotto la foto, così da sfuggire alla verifica dei social network. Il network Mag 24 in passato ha pubblicato quasi 5.500 post Facebook al mese e superato le 6.863.00 interazioni, numeri molto alti e in grado di raggiungere milioni di utenti.
Come fare per difendersi? Conoscere come funzionano i network che fanno disinformazione è tra le armi di difesa più valide che abbiamo per non cadere in errore, insieme ad alcune strategie e strumenti che stimolano il senso critico.